Un incontro fra marinai giocolieri della parola, quello svoltosi nell’Aula Magna di Santa Lucia tra Vinicio Capossela, a Bologna per il suo tour teatrale “Marinai, profeti e balene”, Alessandro Bergonzoni e il professor Franco Farinelli, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna. A dettare la rotta del dialogo a tre, la geografia. Geografia che si fa filosofia e delinea una mappa della contemporaneità e del suo navigarla. Sulla scia della metafora e attraverso la rottura delle definizioni, quello che emerge dagli scambi di riflessioni e battute, è una società che ha bisogno di “ri-conoscersi”, di non aver paura della paura ma anzi, di utilizzare l’immaginazione come mezzo per ridipingere nuove mappe e un nuovo orientamento. “Prima della filosofia c’era la geografia, che è il sapere più antico che esiste. Abbiamo urgentemente bisogno di nuovi modelli per continuare a tentare d’addomesticare il mondo”, spiega il geografo Farinelli.
Ad aprire l’incontro in una chiesa sconsacrata ricolma di studenti, il magnifico rettore Ivano Dionigi, che elogia con un gioco di parole Urge, lo spettacolo con cui l’attore-autore è in tournée proprio in questi giorni: “è un piccolo miracolo che urge andare a vedere”. Anche la “curiositas” del musicista “da trasmettere a tutti”, viene sottolineata da Dionigi, “anche se – ammette scherzando – capisco poco la musica di Vinicio Capossela”.
Nel segno dell’umorismo si apre e prosegue il dialogo, come d’altra parte ci si può aspettare unendo l’ironico linguista bolognese Bergonzoni e il musicista di origini irpine creatore del Paradiso dei calzini. Rompono le definizioni, sviscerano i concetti, e giocano con l’intelligenza, sempre guidati dal professore della Sorbona (che non manca di bacchettarli sulla semantica di alcune espressioni, generando il divertimento di Bergonzoni e lo schernirsi del cantautore “devo stare attento a quello che dico, qui”), per parlare della società senza mai nominarla. “Oggi siamo costretti ad ammettere che l’intera modernità è finita, nonché l’immane riduzione del mondo a una mappa”. Una definizione automatica e limitante, spiega il professore, riduttiva: “Si pensi alle ferrovie: una riduzione del mondo al tempo di percorrenza. Bisogna tornare alle origini. Riscrivere il mondo (geo-grafia, ndr) nel tentativo di continuare a comprenderlo ”. Per riappropriarsi del tempo dello spazio.
Il capitano Vinicio, giacchetta di velluto blu e il caratteristico cappellino da marinaio che non lo abbandona mai, è timido e quasi incastonato nella sedia esordisce con una voce che sarà pacata per tutto l’incontro: “E’ un grande privilegio essere qui. Lo sapevo che a furia di marinare la scuola, in qualche mare sarei finito”. Il protagonista della sua musica è lo spazio: “metto molti luoghi nella mia musica, più che le persone”. Perché è proprio la geo-grafia a descrivere l’uomo: “Nel mare per esempio, ho trovato uno banco di prova con qualcosa di molto più grande di te. In cui non è certa nemmeno la presenza del Creatore”. Il suo spettacolo, partito la sera stessa dal Teatro Comunale di Bologna, si avvolge e svolge sul filo del fato, sul destino, e narra proprio del mare come mitologia e scenario del “folle volo” umano verso “virtute e conoscenza”. Cita Dante, e il celebre canto XXVI: l’Ulisse intrepido che navigando verso le colonne d’Ercole ha ispirato il suo lavoro. L’orientamento lo fa perdere definitivamente un sornione ed elegante Bergonzoni – chioma argentata e stivali incrociati davanti alle gambe ben stese, che non si fermano un attimo durante l’incontro “non ho mai capito per quale motivo c’è questa cosa degli antipodi. Cosa c’è fra un antipodo e l’altro? E se a un antipodo togli l’altro, coda resta? C’è questo peccato di distanza che commettiamo tutti i giorni. A nuove geografie siamo arrivati per paura, non per ingegno. Amiamo recuperare perché abbiamo il terrore di non saper dove andare. E invece bisogna salire sulla paura, navigarla e lasciarci portare”. “Ma certo – aggiunge, riferendosi alla crisi attuale – come fai oggi a dirgli che vivere faticosamente è la parte migliore”.
La ricetta di Capossela è l’immaginazione, che “non è un rifugio, perché non ha un tetto, ma una risorsa perché completa – “col-mare” per Bergonzoni – quell’altra parte di mondo che dobbiamo chiudere gli occhi per vedere”. Dipingersi una mappa fantasiosa che aiuti a orientarsi, per poi ritrovarsi: “bisogna inventare luoghi come il cane quando nasconde l’osso: depositi emozioni in un luogo nascosto, formando così una geografia personale di luoghi, che poi ti fanno ri-scoprire”. “Quand’ero piccolo – suscitando l’allusiva ironia del compagno di battute – invece di avere il poster di Jim Morrison, sopra la testa avevo la cartina dell’Australia dove sapevo che non sarei mai andato: come avere un’irradiazione dell’immaginazione su carta e tracciare una rotta – perché – l’elaborazione continua dello spazio, deve avvenire dentro di sé”. Anche Bergonzoni esorta all’azione: “la protezione civile è l’unica cosa che vediamo, oppure il cittadino può osare e cambiare la sua mappa mentale? Alla geografia e alla filosofia, aggiungerei dunque l’antropofagia: mangiare la distanza di uomo dall’altro”.
Il poeta bolognese non mancherà di provocare Capossela, attraverso continui elogi: “ti siamo grati per non raccontarci com’eri da giovane e cosa hai provato”, riferendosi a una musica leggera che “vorremmo non dover ascoltare. Ma la tua umiltà ci rompe, perché dobbiamo fare da soli”. Un gioco fra due bambini che si stuzzicano, quello fra i due personalità fuoriuscite dal teatro. E sollecitato, Vinicio riflette: “siamo piccoli, fragili, soli rispetto a cose enormi. E percepire questa finitezza è importante perché ci accomuna. L’inconoscibile, è questo che fa sentire molto piccoli. È velenoso tutto ciò che ci gonfia. Ma è enorme il cielo di notte o noi che lo guardiamo?”.
Quando da fuori, dalle decine di ragazzi rimasti accalcati davanti al portone per tutto la durata dell’incontro, arriva un coro che reclama l’accesso alla navata, un guizzo negli occhi di entrambi si accende, confermando quella giocosità irrefrenabile, forse unica cosa che li accomuna assieme alla curiosità e la capacità di travalicare confini e definizioni: “Vedi? Rompono gli spazi”.
Alla fine dell’incontro, come una nave assaltata da giovani richiedenti autografi, Vinicio si rifugia da flash e interviste, ma non manca di chiedere ai ragazzi se abbiano avuto stimoli. Bergonzoni, invece, si sofferma a fare una riflessione sulla situazione politica attuale: “le distanze che dobbiamo tenere sono dall’ignoranza, che è biadesiva, attacca da tutte le parti. Per l’indecenza e la mancanza di grandezza non c’è più spazio”. Riferendosi alla finanza che si allarga: “restringe l’intelligenza. Ci siamo accorti dell’etica da quando ci hanno tolto dei risparmi. Non è più possibile subordinare all’economia solo la paura e l’urgenza. Dobbiamo cominciare a cambiare dentro. Agiamo per paura, non perché abbiamo capito”. In ultimo, ai politici “quello che è quasi sconvolgente è il cambiamento acustico trai nuovi e i vecchi. Questo non per dire che la morigeratezza di un Monti o il pianto di una Fornero sono simbolo di profondità e gli altri di imbecillità, però si, è così”.