“Oje vita, oje vita mia, oje core ‘e chistu core, si’ stata ‘o primmo ammore, e ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me”. Allo stadio Madrigal di Vila Real mancano cinque minuti al termine della partita tra i padroni di casa e il Napoli di Walter Mazzarri, ma i cinquemila tifosi azzurri assiepati sugli spalti già fanno festa. Cantano “O’ surdato ‘nnammurato” perché la loro squadra ha realizzato l’impresa. Ha vinto (anche) in Spagna e si è qualificata agli ottavi di finale di Champions League. Contro tutti i pronostici, perché quello dei partenopei era senza dubbio il raggruppamento eliminatorio più difficile. Il capolavoro di Paolo Cannavaro e soci, però, non è l’unica sorpresa di una fase a girone che ha detto tante cose, alcune difficilmente prevedibili a settembre.

TRE SU TRE

Con Napoli, Milan e Inter agli ottavi, la spedizione italiana in Champions è la più nutrita tra quelle espresse dalla nobiltà calcistica continentale: Germania, Spagna, Inghilterra (oltra a Francia e Russia) hanno ‘solo’ due club tra i 16 che si giocheranno la vittoria finale. Dopo le recenti delusioni, una bella soddisfazione per un movimento alle prese con mille problemi (stadi vecchi e vuoti, investimenti in calo, top player che preferiscono Spagna e Inghilterra, pochi campioni prodotti dai vivai, ecc). Che rimangono, per carità: in tal senso, le tre qualificazioni sono un’iniezione di aria fresca per un pallone sgonfio e incartapecorito. Detto degli azzurri di Mazzarri, il passaggio del turno di Milan e Inter era certamente più alla portata, specie per il valore non trascendentale degli avversari (Barcellona escluso) e anche se la prima giornata (nessuna vittoria su tre gare) aveva fatto temere il peggio. Il difficile, neanche a dirlo, deve ancora arrivare: l’Inter, in virtù del primo posto nel girone, potrebbe godere di un sorteggio favorevole (si terrà il 16 dicembre), il Napoli (stadio San Paolo decisivo) e il Milan rischiano di affrontare fior di corazzate, ma anche l’Apoel di Nicosia. In tal caso…

SPAGNOLE, TEDESCHE E INGLESI

La vera sorpresa, tuttavia, non è il risultato raggiunto dalle italiane, bensì quello mancato dalle squadre di Spagna e Inghilterra, nazioni che esprimono – insieme alla Germania – il calcio più cool del momento. Se i tedeschi hanno perso malamente per strada i campioni della Bundesliga (il Borussia Dortmund  che primeggia in campionato è tra le maggiori delusioni del torneo) e gli spagnoli hanno dovuto rinunciare al Valencia e al Villareal (rischio calcolato), gli inglesi sono sotto choc. Difficile, del resto, digerire l’uscita di scena di Manchester City e Manchester United, rispettivamente prima e seconda della Premier League. Non solo. Quella di Roberto Mancini è la squadra più costosa del mondo, con un monte ingaggi da far impallidire e con margini di crescita ancora da definire. L’era dello sceicco Mansour è iniziata da poco, la prematura eliminazione fa male, ma non è un dramma, specie se il City riuscisse a vincere il campionato. Diverso il discorso nell’altra metà di Manchester. L’uscita di scena dello United (finalista l’anno scorso e sempre qualificato dal 2005) è il sintomo della fine di un ciclo, quello trentennale di sir Alex Ferguson. Il girone era facile, ma i Red Devils hanno arrancato, rimediando una figuraccia. A Ferguson non importa: lui, malgrado i settant’anni sul groppone, ha detto che vuole continuare ancora per due/tre anni, ma se non dovesse vincere nulla il ritiro potrebbe essere anticipato. Insomma, il nuovo che avanza e la tradizione del calcio inglese sono fuori dai giochi, per lo sconforto di una città che soffre ancor più alla luce delle qualificazioni degli odiati club londinesi: Arsenal e Chelsea, infatti, vanno avanti. Con loro le speranze del movimento più ricco e incensato del pianeta.

LA CURIOSITA’: I RECORD DEL GIRONE D

Tra le curiosità, da sottolineare gli alti e bassi del girone D, che ha espresso la squadra migliore e quella peggiore della prima fase del torneo. Tra le trentadue partecipanti, il team più scarso è stato senza ombra di smentita la Dinamo Zagabria: con sei sconfitte in sei partite, tre gol fatti e 22 subiti (-19 la differenza reti), i croati hanno stabilito un record per nulla invidiabile. Altro lato della stessa medaglia è il Real Madrid. Sei partite, sei vittorie, secondo miglior attacco (19 gol, uno in meno dell’odiato Barcellona) e difesa meno perforata (solo due gol subiti, per una differenza reti di +17), i blancos di Josè Mourinho si candidano a favorita principe per il successo finale. Lo dicono i numeri, che nel calcio sono fatti per essere smentiti. La dimostrazione arriva da Cipro…

MIRACOLO  A NICOSIA

Puntavi un euro, ne vincevi cento: per i bookmakers, la qualificazione dell’Apoel Nicosia era praticamente impossibile. Difficile dire il contrario: contro i campioni portoghesi del Porto, lo Zenit di Spalletti e lo Shakhtar Donetsk di Lucescu, i ciprioti erano l’anello debole di un girone in cui dovevano essere in gioco solo i primi tre posti. E’ successo l’esatto contrario. L’Apoel non solo si è qualificato, ma addirittura è arrivato davanti a tutti. Ingredienti del miracolo? Organizzazione tattica, stadio caldissimo e tanto, tanto entusiasmo. Nella storia della Champions League (e della Coppa dei Campioni) mai una squadra cipriota era arrivata così in alto. Ora agli ottavi tutti vogliono andare a Nicosia: ma siamo sicuri che giocare con l’Apoel sia una passeggiata?

CIOCCOLATO SVIZZERO

Mezzo miracolo anche quello del Basilea, capace di eliminare il Manchester United al termine di una gara al cardiopalmo. Gli svizzeri agli ottavi, tuttavia, non sono una novità assoluta, visto che hanno raggiunto lo stesso risultato anche nella stagione 2002/2003. Il girone in cui erano inseriti, inoltre, non li tagliava fuori in partenza: dietro ai Red Devils, dovevano giocarsi la qualificazione con il Benfica e i rumeni dell’Otetul Galati. Come dire: un’impresa difficile, ma non impossibile. E’ stata raggiunta con grande applicazione ed equilibrio tattico: in una parola, con la costanza, quella che è mancata al Manchester United.

BISCOTTO FRANCO-CROATO?

Nei risultati dell’ultima giornata della fase eliminatoria spicca la vittoria esterna del Lione a Zagabria contro la Dinamo (già eliminata). I francesi si sono imposti per 7 a 1, una goleada che ha fatto storcere il naso a molti. Il motivo? Matematico, seppur in senso lato. Per passare il turno, infatti, l’Olympique doveva vincere in Croazia e sperare in una sconfitta interna dell’Ajax contro il Real Madrid (già agli ottavi). Non solo. A parità di punti, si sarebbero qualificati comunque gli olandesi, forti di una differenza reti a prova di bomba (+3 contro il -4 dei francesi). Sul campo, però, è successo l’imponderabile. Il Real non ha fatto sconti e ha vinto facile (0-3 in Olanda), la Dinamo Zagabria ha giocato in versione ‘porte aperte alla Renault’. Primo tempo chiuso sull’1 a 1, e ripresa con il Lione a segno per ben 6 volte nell’arco di mezz’ora. Se si pensa che nelle precedenti cinque partite i francesi avevano realizzato la miseria di due sole reti (e che per passare dovevano vincere con cinque gol di scarto), beh, il sospetto è più che lecito. La stampa spagnola è stata la prima a gettare ombre sulla regolarità del match giocato al Maksimir Stadium pubblicando la foto di Vida, difensore della Dinamo, che dopo il quinto gol dei francesi strizza l’occhio a Gomis, attaccante del Lione, accompagnando il suo gesto con un pollice alzato prima di consegnare il pallone all’avversario per la ripresa del gioco. Il quotidiano spagnolo As ha parlato di “strana goleada” sottolineando poi che il Lione ha segnato tre gol nei primi sette minuti della ripresa, due addirittura in 10 secondi. L’Authority francese dei giochi on line (Arjel) ha reso noto che sulla partita di Zagabria sono in corso “verifiche” il cui risultato dovrebbe essere reso noto già nella giornata di oggi. La pesante sconfitta, tra l’altro, è costata il posto al tecnico della Dinamo, Kruno Jurcic

Due giorni fa, Roberto Mancini, nel commentare le illazioni di Aurelio De Laurentiis – il quale temeva che i petrodollari del patron del City potessero ‘stimolare’ il Villareal – aveva sentenziato: “Per fortuna lo sceicco Mansour non è italiano”, facendo intendere che il retropensiero su risultati quantomeno sorprendenti (per non dire pilotati) fosse un vizio tutto nostro. Per carità, la goleada in salsa croata del Lione sarà certamente un caso, ma non ditelo a quelli di Amsterdam: per loro il bonbon francese è ancor più indigesto del biscotto italico…

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