Il settore edilizio piange e continuerà a farlo visti i tempi di magra. Allora ci s’arrangia come si può, in barba a tutti i proclami sulla lotta all’evasione fiscale e al “sommerso” nel mondo del lavoro. La Guardia di finanza di Modena, per esempio, ha scoperto in questi giorni che un’impresa edile impiegava 180 lavoratori in maniera irregolare. Come? Per non pagare le imposte sugli stipendi dati ai dipendenti, l’impresa pagava loro delle indennità di trasferta e dei rimborsi-spese per trasferte mai fatte e spese mai sostenute. Così la ditta ha potuto evitare di pagare una gran parte delle tasse dovute al fisco e una parte dei contributi dovuti al lavoratore per la sua pensione.

Il meccanismo, hanno spiegato le fiamme gialle modenesi, è noto da tempo: di fatto il datore di lavoro paga al dipendente, in termini quantitativi, tutta la paga dovuta. Allo stesso tempo però, versandoglieli sotto la forma di rimborsi, dunque esentasse, l’impresa riduce le somme da pagare all’erario e all’Inps

“Mi è capitato spesso personalmente di trovarmi di fronte ad aziende che chiedevano di utilizzare il massimo consentito di rimborso per coprire lo stipendio dovuto”, spiega Valentino Minarelli, segretario della Fillea-Cgil Emilia Romagna. “I lavoratori dovrebbero rifiutare sempre questa proposta. Certo, nell’immediato l’operaio può avere l’impressione di essere favorito, perché riceve la sua paga per intero e senza dover versare imposte o contributi – ammette il sindacalista – Però con questa pratica illecita, in realtà, il dipendente sarà fortemente penalizzato se si ammala, se ha degli infortuni. Nel lungo periodo inoltre il dipendente sarà svantaggiato perché non gli vengono versati una parte dei suoi contributi previdenziali”.

I contratti collettivi del settore edilizio prevedono che le indennità di trasferta non superino il 10 % della paga totale. “Molte ditte del settore, però, magari anche quella scovata a Modena, applicano dei contratti diversi, come quelli dei metalmeccanici, che lasciano più margine ai rimborsi-spese”, spiega il sindacalista Cgil.

Quella dei rimborsi non è l’unica pratica utilizzata tra le imprese di costruzione per aggirare fisco e previdenza. Del resto l’evasione fiscale nell’edilizia dell’Emilia Romagna arriva almeno alla soglia del 30 %. Un tipico esempio di evasione e aggiramento del fisco è quello dei falsi artigiani. “Se andate in qualunque Camera di Commercio troverete un aumento del loro numero. Strano in un momento di crisi”, ragiona il segretario regionale della Fillea-Cgil. “Infatti molti di questi artigiani sono finti: vengono licenziati dalle imprese edili e poi tornano a lavorare con quelle stesse, ma dopo essersi aperti una partita IVA. Spesso poi questi finti artigiani – conclude Minarelli – vengono pagati dalle imprese in natura, cioè con un appartamento invenduto”.

La pratica dei “falsi artigiani” è molto diffusa anche tra gli stranieri, che nel settore rappresentano il 40 % dei dipendenti (circa 20 mila addetti in regione vengono dall’estero). La legge Bossi-Fini sull’immigrazione, prevede infatti il rilascio del permesso di soggiorno all’apertura della partita IVA. “Chi arriva la apre, perché si acquisiscono gli stessi diritti di soggiorno che ha uno straniero che viene assunto, poi in gran parte questi finti imprenditori vanno a lavorare in nero”.

A proposito di nero e sommerso, le parole di un sindacato, in un periodo di crisi come questo, fanno fatica a essere accolte dai lavoratori. Il settore edilizio, come nel resto d’Italia, in Emilia Romagna ha subito un tracollo epocale. Dagli 80 mila operai addetti del 2008 si è passati agli attuali 55 mila, 25 mila posti di lavoro in meno pari al 30 % di crollo. E le prospettive sono tutt’altro che rosee.

Ormai il mercato immobiliare, cioè la costruzione e la vendita di nuovi appartamenti, non “tira” più. Secondo la Cgil una via d’uscita dal tunnel c’è: le aziende dovrebbero specializzarsi nella riqualificazione energetica. “Ci sono 900 mila appartamenti in regione, costruiti negli ultimi 50 anni, che hanno un alto consumo energetico e potrebbero essere restaurate. Tuttavia, per fare questo, le aziende devono tornare a essere imprese di costruzione e non agenzie immobiliari”.

L’altra questione è quella riguardante le opere pubbliche. “È la finanza di progetto, dove i privati rischiano i loro soldi, il futuro, visto che il pubblico soldi non ne ha più”.

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