Caro Presidente Monti,
Il mondo, più ancora dell’Italia, aspetta con ansia di conoscere le decisioni che prenderà venerdì il Consiglio europeo. Le vostre decisioni determineranno il destino economico di 60 milioni di italiani e degli altri abitanti del pianeta.
Lei ha appena presentato al Parlamento una pesante manovra di bilancio. Il paese discute con passione il tema dell’equità. Molti provvedimenti testimoniano lo sforzo compiuto dal governo su questo terreno. Ma alcune carenze suscitano forte perplessità: la timidezza nei confronti dell’evasione fiscale, dei costi della politica, degli sprechi, dei capitali “scudati”; la patrimoniale- spezzatino; l’Irpef ferma sui redditi alti; la de-indicizzazione delle pensioni medio basse.
L’opinione pubblica sta valutando con meno attenzione l’impatto recessivo della manovra. Che rischia di trascinare il paese in un “vortice greco” di depressione, disoccupazione, debiti. Non era necessario puntare al pareggio di bilancio nel 2013. I mercati finanziari volevano solo una correzione strutturale del bilancio, per essere certi che nel lungo termine i debiti scenderanno e lo Stato sarà in grado di onorarli. Se poi si fossero colpiti solo i ricchi, i redditi medi, i trasferimenti alle imprese, si sarebbero sottratti soldi che in questa fase vengono “messi da parte”, alimentando solo in piccola parte il circuito economico: vendite, fatturati. Colpire i consumi e quelle famiglie che (avendo poco) spendono tutto, è stata una scelta non lungimirante.
Eppure, noi abbiamo avvertito di non sovrastimare i margini di manovra del governo: il Parlamento è in mano al Pdl – che ha frenato sull’Irpef, sulla lotta all’evasione, sulle frequenze Tv – e alla casta, che di fronte a un provvedimento incisivo contro i privilegi della politica farebbe cadere il governo (su un’altra questione a caso) nel giro di due settimane. E abbiamo invitato i lettori arrabbiati ad accettare una manovra imperfetta in virtù dei suoi possibili benefici. L’Italia paga ormai 98 miliardi l’anno agli spread. Questa tassa occulta, immane valanga, sta per riversarsi sulle nostre vite. La Sua missione ora è abbattere gli spread e salvare lo Stato.
Qualcuno si era illuso (o aveva finto di credere) che gli spread sarebbero rientrati grazie alla manovra. Merkel: “L’Italia ha in mano le sorti dell’Euro”. Un punto di vista interessato. Così si è a lungo rinviata la presa d’atto sul ripetuto fallimento delle politiche dell’Europa, la disfunzionalità delle sue istituzioni, la fallacia della sua visione liberista e non interventista. Ora abbiamo fatto chiarezza: gli spread sono arretrati un po’, ma poi si sono fermati. Aspettano di sapere cosa farà l’Europa. Lunedì sarà un giorno violento sui mercati: tutto salirà, o tutto crollerà. Nel secondo caso, meglio non trascinare le cose: dichiari default e l’uscita dall’Euro senza perdere tempo, prima che l’Italia venga dissanguata dagli spread.
Il G20 di Cannes e i leader mondiali chiedono all’Europa tre cose: reflazione (monetaria e fiscale) della domanda, aumento dei salari nei paesi in surplus, banca centrale in prima linea contro l’instabilità finanziaria. Mario Draghi ha promesso una svolta della Bce dopo la manovra dell’Italia, in presenza di un “fiscal compact” europeo. Signor Presidente, il mondo è con Lei! Sarebbe strano che proprio l’Italia non avanzasse per prima le richieste che possono salvarla. Eppure a metà novembre, dopo gli incontri con Merkel e Sarkozy, sulla stampa sono filtrate strane voci: Lei si sarebbe detto contrario a un ruolo più incisivo della Bce, invocando gli Eurobond. L’andamento recente dei titoli tedeschi dovrebbe aver chiarito che gli Eurobond non bastano. Si vuole salvare l’Europa reale, o una serie di regole e principi che fanno a pugni con la realtà? Lei deve decidere: perché occorrerà battersi, fino forse a minacciare l’uscita dall’Euro.
L’eventuale disaccordo fra europei sulle nuove regole fiscali non deve diventare motivo di fallimento del summit: l’Italia può sottomettersi unilateralmente a regole più rigide (purché anticicliche). Poi la Bce ha due strade. (1) Garantire i titoli (a breve-medio) che l’Italia emetterà fra il giugno 2012 e il 2014: dovrebbe azzerare immediatamente gli spread delle nuove emissioni, senza necessità di ulteriori interventi. (2) Aumentare in modo massiccio gli acquisti di titoli, spingendo gli spread giù fino a 300 bp: non abbastanza da tirarci fuori dai guai, ma abbastanza da evitare un crollo immediato. In questa seconda ipotesi si torturerebbe a lungo l’Italia con una tassa ingiusta, per salvare il fallimentare principio liberista della “disciplina del mercato” e una malintesa indipendenza della Bce. Questa seconda ipotesi è il pericolo da scongiurare.
Gli italiani vogliono sapere quali posizioni Lei porterà in Europa e quali leve intende utilizzare. Possono capire il riserbo che circonda la fase precedente i negoziati, nel timore di pregiudicarli. Ma al ritorno Lei dovrà presentarsi al paese con un pieno successo (gli spread sotto i 180 bp), oppure con una relazione chiara su cosa ha impedito una soluzione che era a portata di mano.