I Lettiani a Fassina: non si può manifestare contro la manovra. e l'alleanza con De Pietro è quasi un ricordo. Vendola: "Nessuno tranne gli elettori ha diritto di stracciare quella foto"
Questo è solo l’ultimo episodio di un escalation di tensioni. Aveva iniziato l’altroieri sera Di Pietro annunciando voto contrario alla manovra e parlando di “inciuci” in Parlamento. Ripreso da Bersani, in diretta tv con la Berlinguer al Tg3 e visibilmente teso: “Se fa così andrà da solo”. L’alleanza con Idv e Sel (“la foto di Vasto”) vacilla. Anzi, forse già non esiste più. D’altra parte Bersani le accuse di inciucio proprio non le manda giù e rispetto a questo sembra pronto a lasciar andare i dipietristi per la loro strada. ”Basta giocare” è la parola d’ordine, e il Pd – in evidente difficoltà con i suoi elettori (che in questi giorni hanno invaso siti, blog e pagine Facebook di insulti e delusione) – sente che il leader Idv lucra sulle sue difficoltà. “Noi siamo responsabili, Di Pietro non si prende le sue responsabilità”, dice ancora lo stesso Fassina. Che si trova nella scomoda posizione di difendere una manovra che ha criticato e un governo sul quale ha espresso tutta la sua perplessità. “Non è il governo del Pd. È il governo anche del Pdl”. Sì, ma l’impressione è che sia un po’ troppo del Pdl. “Noi stiamo facendo di tutto per migliorare questa manovra”.
Bersani – infatti – sta facendo un’opera di mediazione in prima persona. Ieri ha parlato con Giarda, con Alfano, con Casini. E in mattinata ha riunito il gruppo del Pd chiedendo ancora una volta “responsabilità” sulla manovra. Richiesta sostanzialmente accolta da tutti, anche se da posizioni opposte: a molti l’impostazione di Monti va sostanzialmente bene, altri la mandano giù a fatica e insistono per modificarla il più possibile. Tra loro, Cesare Damiano (un altro che non ha escluso la partecipazione allo sciopero di lunedì). Espressione delle posizioni più radical nel partito ha portato avanti una vera e propria trattativa in Commissione Lavoro a Montecitorio. Tanto da giungere a un accordo condiviso con il Pdl, dopo una vera e propria trattativa (nel merito: oltre alla indicizzazione per le pensioni tre volte superiori alla minima, alla gradualità dello scalone, il superamento della penalizzazione dei lavoratori che vanno in pensione avendo meno di 62 anni di età). “È un compromesso”, ammette. Come afferma chiaramente: “Certo, l’alleanza di Vasto è condizionata da quel che è successo in questi mesi”. Se lui lo dice a malincuore, Francesco Boccia (non a caso lettiano) ha tutto un altro tono: “La foto di Vasto? Quell’alleanza non è mai esistita”. Il terzo protagonista di quella foto, Nichi Vendola (che ieri ha presentato una contromanovra, incentrata su una patrimoniale straordinaria con un gettito di addirittura 200 miliardi e il rifiuto dell’idea di fare cassa sulle pensioni) ha ammonito: “Nessuno, tranne gli elettori ha diritto a stracciare la foto di Vasto”. E poi ci ha tenuto a esprimere “rispetto” pur nel dissenso a Monti e lo stesso “rispetto” alla posizione assunta dai Democratici. Ieri nella sede di Sel si respirava un’aria di ri-partenza, quasi euforica. E Vendola ha scelto un profilo basso, una strategia opposta a quella di Di Pietro. Forse ha intercettato la volontà dell’elettorato di dialogare con Monti, seppur per criticarlo. O forse aspetta che qualcuno tra i Democratici non ne possa più dei “bocconi amari” e scelga Sel.
dal Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2011