Diritti

Il questore, lo striscione e la coerenza

E’ di un giorno la notizia che il Questore di Roma Francesco Tagliente ha imposto il foglio di via obbligatorio con divieto di ritorno nel Comune di Roma per due anni a Salvatore Barbera, Responsabile della Campagna Clima ed Energia di Greenpeace, che ha organizzato una protesta srotolando davanti Montecitorio uno striscione con una foto di Genova colpita dall’alluvione del mese scorso e chiedendo al nuovo esecutivo di cambiare la politica climatica del Paese. Via da Roma per due anni, quindi. Una punizione che nemmeno il più accanito ultras plurifermato è solito avere.

E a proposito di ultras e del Questore Tagliente, era la finale di Coppa Italia, fine maggio di quest’anno a Roma, giocavano Inter e Palermo, le squadre di due delle città italiane con più infiltrazioni mafiose. Avevamo saputo che uno dei procuratori antimafia di Palermo sarebbe stato presente allo stadio Olimpico, così come il Presidente del Senato Renato Schifani, noto per le sue passate frequentazioni con gentaglia legata più o meno direttamente alla mafia. Come Movimento delle Agende Rosse decidemmo di comprare (a nostre spese ovviamente) due biglietti per la partita per portare un messaggio di sostegno a quei magistrati coraggiosi e di posizione ferma contro chiunque provasse a tagliare loro le gambe, fisicamente o figurativamente che fosse. Portammo con noi due striscioni, uno con su scritto Trattativa Stato-Mafia, fuori la verità, l’altro Stragi ’92-’93: giù le mani da chi indaga.

Il primo lo lasciammo in bella vista, il secondo invece lo nascondemmo arrotolandolo intorno al busto di Angelo, perché come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. E infatti il primo striscione, che avevo in mano io, fu sequestrato. Un agente mi fermò, lesse lo striscione, chiamò tramite radio il suo superiore, che chiamò il suo superiore e così via di grado in grado (ad un certo punto dalla radio chiesero anche che mestiere facesse Salvatore Borsellino…) fino ad arrivare al Questore in persona, che impose al suo sottoposto (persona che ancora ricordo con un sorriso per la sua gentilezza) di portarmi nel distaccamento della Questura di Roma sotto lo stadio per identificarmi. Non sapevo che per identificare una persona servisse essere in un posto preciso, oltre che mostrare il proprio documento. Quindi andammo nella sede preposta e lì avvenne l’incontro con il dottor Tagliente. Che nemmeno mi guardò e fece: “ah, è lei, eh….”, parlando al collega.

Io: “Buonasera, mi dica, qual’è il problema? Ci siamo informati e ci hanno detto che sarebbe stato autorizzato qualsiasi striscione tranne quelli a sfondo politico o con insulti”.
“Ah, e questo non le sembra politico?”
“Vede simboli partitici? Da quando in qua l’antimafia è politica?”
“Signorina, non faccia la furba… mi dia i documenti”. E dopo averli letti: “Ah è di Roma… e che le interessa Inter-Palermo? E fa la fisioterapista… e perché si occupa di queste cose?”
“Perché mi interessano. Collaboro con Salvatore Borsellino… sa, il fratello del giudice Paolo… abbiamo fondato un’associazione antimafia.”
E lui: “Questa è una manifestazione sportiva. E si parla solo di calcio. E ora vada, va… lo striscione rimane qui.”

Certo non lo si può tacciare di incoerenza, perché la decisione di espellere da una città una persona che lotta per un mondo migliore sul piano ecologico è in perfetta linea con il suo precedente comportamento tenuto con noi. Eppure le forze dell’ordine seguono lo stesso codice penale che dice che se qualcuno commette un reato per salvare un bene supremo come la vita, il fatto non costituisce reato…