Italia messa in mora per l'etichetta “cioccolato puro” considerata da Bruxelles come pubblicità ingannevole. Una settimana fa il Tribunale federale tedesco aveva obbligato la Ferrero a cambiare le informazioni sulle confezioni di Nutella. Coldiretti e consumatori parlano di “attacco al Made in Italy”
La storia risale al 25 novembre 2010, quando la Corte di giustizia Ue ha sentenziato l’illegalità di Roma proprio per l’etichetta del cioccolato. Da allora, i produttori avrebbero dovuto indicare in etichetta ogni percentuale di grassi, compreso il burro di cacao. La normativa italiana, a dire il vero, ha cercato di metterci una pezza lo scorso marzo, dando alle aziende nostrane 24 mesi per adeguarsi alle nuove regole. Ma il problema sono proprio i tempi. Bruxelles non sembra disposta a sopportare i ritardi cumulativi dell’apparato legislativo nostrano e della messa in pratica da parte delle aziende. Ecco allora che il 6 dicembre è partita per la Capitale la lettera di messa in mora. Il prossimo passaggio sarà un secondo ricorso alla Corte di giustizia, poi scatteranno le sanzioni pecuniarie.
In Italia le associazioni di categoria stanno già gridando allo scandalo. Sotto attacco, secondo loro, l’intero settore alimentare italiano. Secondo la Coldiretti, “il fatto che l’Unione Europea ostacoli il cioccolato puro di cacao dopo aver aperto al formaggio senza latte e al vino senza uva è l’evidente dimostrazione di un comportamento contraddittorio che spesso mette in difficoltà i prodotti del Made in Italy”. Ma è davvero così? A ben guardare, la sentenza della Corte va proprio nella direzione opposta, dal momento che, chiedendo l’obbligatorietà dell’indicazione in etichetta dei grassi aggiuntivi, viene proprio tutelata l’originalità del “cioccolato puro” al 100 per cento.
Ma torniamo indietro di un paio di settimane. Il 21 novembre il Tribunale federale di Francoforte, in Germania, ha intimato alla Ferrero di cambiare l’etichetta della Nutella se non vuole incorrere in una multa di 250mila euro per ogni vasetto “ingannevole” messo in vendita. Perché ingannevole? Secondo il Tribunale, l’etichetta della crema inganna i consumatori poiché indica i valori di vitamine e minerali calcolandoli su 100 grammi di prodotto, mentre i grassi e carboidrati sono calcolati su 15 grammi. Una mossa, secondo i giudici, voluta per mettere in secondo piano l’apporto nocivo dei grassi stessi. Ferrero ha risposto che l’etichetta attuale è chiara e rispetta la legge, ma l’azienda ha deciso volontariamente di cambiarla.
A difendere il Made in Italy in quest’occasione ci ha pensato addirittura un’associazione dei consumatori. “È assurdo mettere in discussione le rinomate qualità della Nutella, acquistata con la consapevolezza che non si tratta di un prodotto dietetico – ha dichiarato Carlo Pileri, presidente dell’Adoc – Non vorremmo che a monte ci sia la volontà di attuare una politica che penalizzi i prodotti italiani che hanno un grande successo in Germania”. Insomma, anche in questo caso ci troveremmo di fronte a un attacco ai prodotti italiani motivato da ragioni commerciali.
Ma è possibile che a Francoforte come a Lussemburgo tutto dipenda dagli interessi commerciali di altri paesi concorrenti? Certo non è un’ipotesi impossibile, dal momento che l’alimentare italiano in Europa vende molto e imprese come la Ferrero fanno invidia. Ciononostante, carte alla mano, le critiche che vengono sollevate nei tribunali internazionali non fanno una piega: ci sono delle regole (come l’indicazione sul cioccolato puro) e queste vanno applicate. Il 12 dicembre entrerà in vigore il nuovo Regolamento europeo sui prodotti alimentari, che mette nero su bianco nuove norme su punti delicati come i valori nutrizionali degli alimenti, il Paese d’origine o il luogo di provenienza per certe carni. Speriamo di non trovarci di fronte ad altre cattive sorprese.