La squadra è la traccia da seguire per capire come lo stato ha fatto scacco matto e braccato Michele Zagaria. “ Tutti seguivano il boss, ognuno ha dato il suo contributo, ma alla fine la Polizia di stato, usando notizie acquisite anche da altre forze dell’ordine, ha raggiunto l’obiettivo” hanno spiegato i magistrati. Ma, oltre i riconoscimenti al lavoro di finanza e carabinieri, c’è da capire come sia stato possibile questo risultato e con quali uomini. Uno dei problemi riscontrati durante le indagini era la fuga di notizie, si arrivava sul covo sempre troppo tardi quando la preda era scappata, miracolosamente volatizzata. “La capacità di selezionare – racconta un magistrato della Dda – un gruppo di lavoro altamente professionale come quello impiegato in questa operazione consente di raggiungere meglio il risultato. L’arresto di Zagaria si è realizzato soprattutto per il personale impiegato”. Ieri Casapesenna si presentava come un fortino circondato, con una doppia cinturazione a protezione e due uscite. “Abbiamo dato vita a due gate per monitorare chi entrava e chi usciva”. Ma dei 400 uomini impiegati solo in pochi, tra i poliziotti, conoscevano la missione della giornata. Un gruppo scelto di meno di 30 agenti che da due anni seguono la pista della primula rossa dei Casalesi.
“La vera forza della polizia – ricorda un investigatore – è aver neutralizzato la rete di informatori a disposizione di Zagaria, quelli che lo hanno sempre avvertito un minuto prima del nostro arrivo”. La caccia grossa inizia con Vittorio Pisani a capo della mobile di Napoli (oggi sotto inchiesta per favoreggiamento alla camorra), un funzionario che viene spostato allo Sco di Roma, difeso e protetto nonostante le indagini a suo carico, per continuare ad inseguire Capastorta. Il gruppo di lavoro è rimasto lo stesso con una divisione precisa. Da una parte gli agenti della mobile di Napoli, oggi guidata da Andrea Curtale, 15 in tutto che seguivano le orme del latitante; dall’altra, gli agenti della mobile di Caserta, coordinati dal vice questore Angelo Morabito in 5 più 2 della mobile di Casal di Principe con il capo in testa Alessandro Tocco. Un gruppo scelto, coeso e riservato che veniva seguito dallo Sco dove i fedelissimi ritrovavano Vittorio Pisani che non ha mai smesso di coordinare il lavoro di segugio alla ricerca di Zagaria. Lo conferma lo stesso direttore dello Sco, il servizio centrale di protezione Gilberto Caldarozzi: “Pisani ha avuto un ruolo, ha iniziato questa attività quando era alla mobile concludendola come funzionario dello Sco”. Era lui a seguire la pista dell’informatore che già un anno fa aveva portato al negozio di un insospettabile, ma senza raggiungere un risultato. La pista era giusta visto che Capastorta si rifugiava in una casa e la famiglia che lo copriva era la stessa. In meno di 30, poliziotti con esperienza alle spalle, ma anche più giovani che per due anni hanno portato avanti indagini tecniche, sopralluoghi, pedinamenti continuando la caccia grossa e mantenendo il massimo riserbo fino al momento della cattura. Un gruppo di lavoro dedicato per evitare nuovi colpi a vuoto. “ Seguivamo i movimenti, avevamo la certezza che fosse lì, ma questa volta non potevamo fallire”. Alla fine Capastorta si è arreso, gli informatori, questa volta, lo hanno tradito.