A decidere della sopravvivenza di un nuovo ristorante possono bastare pochi mesi: non è un caso che in città sia scoppiata la moda delle prenotazioni on-line e dei buoni sconto acquistati su internet. Siti come Groupon, Kgbdeals, Lookingo, ma soprattutto il famosissimo La Fourchette, sono ormai diffusissimi e arrivano a offrire riduzioni fino al 50%. Se da un lato questi siti possono essere l’unica soluzione per farsi conoscere, dall’altro l’investimento nella pubblicità on-line rischia di essere effimero. Superato l’effetto novità, infatti, il ristorante deve comunque vedersela con la concorrenza.
Ecco perché moltissimi gestori preferiscono fare alla vecchia maniera. Piccoli, piccolissimi, anzi minuscoli, i ristoranti più tipici di Parigi sanno resistere al richiamo del web e vanno avanti con i propri aficionados. In una città dove la forma è tutto, e dove essere branché o à la mode è un imperativo categorico, il micro-restò, con i suoi pochi coperti, è sinonimo di esclusività. A confermare questa impressione è Marika, proprietaria di un piccolo ristorante italiano, L’Osteria dell’Anima. Da quando, nel 2004, lei e il suo compagno hanno aperto l’attività, sono riusciti a conquistarsi una propria clientela parigina anche grazie ai pochi caratteristici metri quadrati di cucina italiana tradizionale. Se a questo si aggiunge un’atmosfera intima ed esclusiva il successo è garantito. Per trovare un posto bisogna prenotare: i 27 coperti si esauriscono rapidamente.
Zoubir non è il proprietario de La Bodega, ma è come se lo fosse. Il locale dove lavora è minuscolo. «Quanti clienti ci stanno qui dentro? Da un minimo di nove a un massimo di quindici, se li conosco!». Nemmeno lui si affida troppo a internet; preferisce il passaparola dei fedelissimi. Qui, nonostante il ristorante sia così piccolo, non si accettano prenotazioni: «Non abbiamo bisogno di farci pubblicità – mi dice Zoubir – Non è un problema riempire la sala. Conosci un locale più piccolo di questo?».
Le Refuge des Fondus, invece, è uno degli storici ristoranti di Montmartre. Dal 1966 ad oggi, la taverna non ha mai avuto problemi di clientela. Anche perché non è certo difficile riempire i due tavolacci che costeggiano le mura del “rifugio”. Alla suggestiva atmosfera retrò si unisce la specialità della casa, la fonduta. Gli avventori sono pronti a fare di tutto per guadagnarsi un posto a sedere. «Prenotazioni on-line? No grazie. I nostri clienti, se vogliono mangiare da noi, ci chiamano». David, il proprietario, ha capito come in realtà non siano né il marketing on-line, né altri espedienti commericiali a decretare il successo di un ristorante: per sopravvivere bisogna conquistarsi una mini-nicchia di clienti fissi e il pienone è assicurato.
Questa logica viene portata all’estremo dalla Petite Cuisine, dove Rachel Khoo, cuoca-scrittrice inglese che vive in Francia da anni, tutti i giorni trasforma la sua cucina casalinga in un mini-ristorante da due coperti. Missione compiuta: tutto esaurito e clienti disposti a rimanere in lista d’attesa per mesi pur di cenare nel più esclusivo dei mini-restò di Parigi.
di Giacomo Rosso
Foto di Davide-Riccardo Weber