Electric blue. Un colore già difficile di per sè da indossare. O da riservare esclusivamente a dame racèe, dal fisico esile e dai lineamenti diafani, come la signora-banchiera-ministra Giovanna Salza in Passera, donna bella ed elegante che può permettersi questo ed altro.
Electric blue anche per la soubrette sarda, Valeria Marini, di ben altro tonnellaggio e lignaggio, solita vestirsi di due taille in meno, che ha inguainato la sue rotondità in un colore così ad alta tensione. E si è così pericolosamente esposta allo spietato Pizzi e ad un attonito parterre con una scollatura profondissima che infiocchettava il suo maestoso lato B.
Non è colpa sua, il cambiamento è stato così repentino che non da tutti è stato percepito. E se una mise del genere, fino a poco tempo fa, poteva essere consona a un ricevimento istituzionale, adesso non è più adatta neanche a una serata con Apicella.
Benvenuti questi tempi di austerity dove ce ne staremo tutti più abbottonati.
Due donne, lo stesso electric blue, due mondi e due modi a confronto. Un mondo sguaiato, quello del berlusconismo e del briatorismo in estinzione, e un mondo più sobrio, più misurato che si affaccia.
Cala il sipario. Non solo sul Don Giovanni.
Dopo l’orgia infinita alimentata dai facili guadagni sulle piazze finanziarie del globo intero, d’improvviso si spegne la musica. La festa è finita. Fine del bunga bunga. Basta veline, olgettine, nani e ballerine. Ci aspettano un inverno freddo, morigeratezza e low, ma molto low, profile. Saranno questi i nuovi dictat socio culturali.
Lusso e ostentazione sono diventati fastidiosamente demodè, come un vestito troppo appariscente, di due taille in meno. Proprio come quello della Marini indossato alla Prima. Che è anche l’Ultima di un certo mondo. E, così colta alle spalle, sembra proprio l’ icona di un’epoca che si accomiata.
(Foto di Umberto Pizzi)