Come preannunciato nei mesi scorsi, nel giugno 2012 Bologna ospiterà il Gay Pride nazionale. La conferma arriva in forma ufficiale da Facebook sia dal presidente de Il Cassero, Emiliano Zaino, sia dall’assessore alla Comunicazione del Comune di Bologna, Matteo Lepore, sempre tramite le pagine del social network.
Da tempo le associazioni Lgbt avevano annunciato di essere al lavoro per organizzare nel capoluogo emiliano l’evento che solitamente si celebra attorno al 28 giugno, data simbolica per il movimento di liberazione omosessuale in ricordo della rivolta di Stonewall avvenuta a New York nel 1969, oltre che data di riferimento soprattutto a Bologna, perché il 28 giugno del 1980 ci fu il primo incontro tra il sindaco Zangheri e le associazioni omosessuali e due anni dopo nacque Il Cassero a porta Saragozza.
Il Gay Pride l’anno scorso si è svolto a Milano con il convinto patrocinio del Comune governato dal neoletto Giuliano Pisapia; mentre l’anno prima era stato organizzato a Roma ricevendo comunque il plauso e il riconoscimento di un sindaco Pdl come Gianni Alemanno.
L’assessore Lepore si è così incaricato di dare l’ok per tutta la giunta Merola sostenendo che è “un risultato importante che porterà molte persone nella nostra bella città. Sapremo accoglierle nel modo migliore. Insieme al Cassero abbiamo già avviato un tavolo di lavoro per studiare il percorso e una serie di eventi culturali correlati nel periodo”.
Lepore ha poi risposto a chi gli chiedeva se l’evento fosse un test per la giunta Merola: “Sì, ma solo logistico, non credo ci saranno polemiche”. Probabilmente un augurio, quello del giovane assessore alla comunicazione, uno che non si separa mai dal suo iPad nemmeno alle prime teatrali. Perché se c’è stata un’area tematica per la quale la giunta Merola ha più mostrato crepe di cedimento in questo anno e mezzo di governo della città è stata proprio quella riguardante il mondo gay e lesbico.
Mai situazioni irreversibili, ma sempre al limite del riequilibrio con rimpasto e telefonata dell’ultimo minuto al frondista di turno. Basti ricordare la recente polemica attorno alla costituzione di una Consulta della famiglia per il Comune di Bologna che ha visto entrare due associazioni gay, Famiglie arcobaleno e Agedo, e l’iraconda fuga di ben 13 realtà associative del mondo cattolico, con referente nell’area che gravita attorno al mondo Acli.
Non più di quindici giorni fa erano stati proprio Arcigay e Arcilesbica a fare la voce grossa nei confronti di Merola, all’epoca titubante di fronte alle proteste dei cattolici, minacciando una protesta in piazza, alla quale subito si era accodata, sempre dalle pagine di Facebook, la consigliera comunale di Sel, Cathy Latorre.
A pericolo rientrato, con la mediazione dell’Idv e la rabbia dei cattolici, basta ricordare un altro paio di episodi recenti che fanno comprendere come il tema dei diritti gaylesbo sia un crinale scivoloso per la giunta Merola, con un riverbero che dal locale (un alleanza da allargare al centro più vicino ai moderati di Casini) si staglia sulle alleanze politiche nazionali (l’asse Pd-Udc oramai sempre più lontana con Sel da tenere sempre pronta come ruota di scorta).
Basta prendere la convalida delle nozze gay con apposito registro di cui il Comune di Bologna è sprovvisto e di cui, soprattutto, non sente l’esigenza di possedere. Due i casi di coppie gay sposate simbolicamente la scorsa estate a Bologna: Ottavio Marzocchi e Joaquin Nogueroles Garcia, Sergio Logiudice e Michele Giarratano. La prima coppia già sposata civilmente e con tutti i crismi della legge spagnola, la seconda con quelli della legge norvegese.
Con la differenza che mentre alle simboliche nozze di Logiudice, storico consigliere comunale del Pd, membro ad honorem del Cassero, rappresentante ufficiale del mondo Arci, vera e propria cassaforte di preferenze elettorali, il sindaco Merola ha partecipato con gioviali abbracci e strette di mano; al matrimonio in Comune di Marzocchi e Garcia, promosso dall’associazione radicale Certi Diritti, non s’è visto nessuno se non la presenza della consigliera di Sel Latorre e dell’Idv Franco Grillini, oltre a quattro agenti della Digos pronti a pedinare per tutto il tempo il variopinto caravanserraglio di parenti dello sposo venuti dalla Spagna.
L’impressione è che anche in questo ambito Merola risponda a pure logiche di partito, più che a reali esigenze ideali o di programma elettorale. Un atteggiamento che consente così di allargare la coperta della maggioranza fin dove la maggioranza stessa rischia di collassare; per poi riaccorciarla subito quando l’approvazione di un provvedimento radicale rischia di farla andare in pezzi.
Difficile paragonare questo comportamento al coraggioso atto di lungimirante civiltà, preistoria della politica, con cui i comunistissimi Zangheri, Imbeni e soci aprirono il Cassero 30 anni orsono.