Cronaca

A Firenze va in scena il futuro?

Ero a Firenze oggi. La notizia l’ho letta su internet come buona parte di voi. Sparatoria in piazza Dalmazia. Un mio amico chiama un suo contatto. “E’ un regolamento dei conti nel giro della prostituzione”. Queste le prime voci che circolano. “Si sono sparati tra di loro”. Si riprende la riunione con gli occhi puntati sulle agenzie. Poi scappa un altro morto, a piazza San Lorenzo, a pochi metri dal nostro ufficio. Ma ora il quadro è più chiaro. C’è di mezzo un italiano, ha sparato a freddo, poi si è ucciso o l’hanno ucciso. Chissà perché. Si azzardano delle ipotesi. “I senegalesi a Firenze controllano il giro della prostituzione. Molti fanno i buttafuori nelle discoteche. Forse si è voluto vendicare di qualche torto”. Ipotesi. Tentativi di dare una spiegazione a un fatto a prima vista irrazionale, che ci gela il sangue. La riunione finisce ed esco per andare in stazione. Ci sono macchine dei vigili dappertutto. In cielo vola un elicottero. A Santa Maria Novella il traffico è deviato, dalla Fortezza arriva un corteo di ragazzi africani che gridano alzando le braccia. La gente si ferma a guardare stupita. Tre morti, tre feriti, in una città dove, per fortuna, “non succede mai niente”. C’è tensione nell’aria. Dopo il rogo di Torino, le granate sulla folla a Liegi, c’è la paura di essere solo all’inizio di un nuovo, lungo, periodo di tensioni sociali in tutta Europa, dove la frustrazione, la follia, la fragilità delle persone si potrebbe sfogare sempre di più in modo incontrollato.

Speriamo di sbagliarci, anche se a leggere gli studi e le statistiche pubblicati dalla Banca Mondiale e da una serie di governi nazionali e istituzioni internazionali, non c’è da stare molto tranquilli. Studi che parlano di una significativa e solida correlazione tra le disuguaglianze di reddito e la frequenza di omicidi e violenze o la diffusione di sentimenti di ostilità e razzismo. La disuguaglianza – nei Paesi ricchi – è in aumento, e in Europa lo è in particolare in Italia. Se si guarda al coefficiente di Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito all’interno di un paese, i numeri parlano chiaro: in Italia, il divario tra una fetta sempre più piccola di ricchi e una porzione sempre più grande di poveri è cresciuto costantemente negli ultimi anni. Il coefficiente di Gini, che può variare tra 0 e 100 (dove 0 indica la “perfetta uguaglianza” e 100 la massima disuguaglianza) è pari a 36 punti per l’Italia (dato 2008): nel 1995 eravamo a 27,3.

In Germania il coefficiente è più basso (segno di una maggiore equità sociale) e, in poco più di dieci anni, è addirittura calato, da 30 a 27 punti. In Svezia, il paese più “equo” in Europa, l’indice di Gini era a 25 nel 1992 ed è sceso a 23 nel 2005. Francia (32,7), Gran Bretagna (34), Spagna (32) sono sopra i 30, ma l’indice sembra essersi stabilizzato negli ultimi dieci, quindici anni. Gli Stati Uniti sono a 45 (2007), contro i 40,8 del 1997. Il tasso di omicidi negli Usa è più di tre volte di quello italiano. Certo, la società statunitense è molto più complessa rispetto alla nostra e la diseguaglianza economica è uno dei tanti fattori che può alimentare e incrementare il livello di violenza.  Ma sono numeri che devono far pensare. Per provare a commentare i fatti assurdi di questi giorni – e quelli che forse vedremo nei prossimi mesi – con un’ottica diversa.