Sabato mattina facevo campagna per Ken Livingstone, candidato sindaco a Londra per il Labour Party, ed era l’incertezza il sentimento dominante nelle discussioni con gli elettori. Mi trovavo a Dalston, quartiere cosmopolita di Hackney, dove sacche di povertà estrema convivono con una nuova generazione di artisti, professionisti e intellettuali liberal. Al di là delle provenienze, ho trovato in tutti sgomento trasversale di fronte alla decisione del primo ministro Cameron, le cui conseguenze sono inimmaginabili, e tutte da vedersi nei prossimi mesi.
Non è certo una sorpresa che la Gran Bretagna sia anti-Europa, o quanto meno restia a subire le influenze di Bruxelles. Ma quanto è avvenuto venerdi scorso non c’entra con le tendenze “isolane”: a mio parere si è trattato di un puro fiasco politico, dalle conseguenze disastrose. Per spiegarmi, provo prima a fare un riassunto della situazione.
Il summit di Bruxelles ha segnato qualche progresso nella direzione di quella maggiore compattezza fiscale auspicata dal presidente della Bce Mario Draghi. Certo, non si sa quanto, e se questo basterà a salvare l’Euro; ma i leader europei sono convinti che possa aiutare per lo meno a rassicurare i mercati, dando un segnale di serietà in materia di politica fiscale comune.
Inoltre, il budget allocato per il salvataggio dei paesi in crisi è certamente più credibile e significativo, particolarmente se in futuro decideranno di contribuire paesi ricchi come Cina e Brasile: il summit ha stabilito che il nuovo bailout fund avrà 500 miliardi di euro. I leader europei hanno anche iniziato a discutere misure per la crescita, il mercato del lavoro e la competitività.
Il quadro rimane comunque drammatico. Ad esempio, ancora non c’è una risposta convincente su come farà l’Italia a prendere in prestito i 400 miliardi di euro di cui ha bisogno per ripagare i titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi. Non solo, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha già avvertito che ci potrebbe essere un declassamento dei paesi dell’eurozona.
Insomma: ancora non si vede una via di uscita, ma è stato compiuto un primo passo.
Il primo ministro Cameron si era presentato al summit pensando che avrebbe assunto la leadership dei dieci paesi fuori dall’Euro contrari ai nuovi accordi fiscali.
Così non è accaduto: persino i paesi più restii (come l’Ungheria) hanno deciso di rimandare la decisione al Parlamento, mentre invece Cameron ha rifiutato subito, rimanendo da solo tra i leader europei a rifiutare l’accordo intergovernativo per il salvataggio dell’Euro. Il primo ministro britannico aveva infatti insistito perché ci fosse un protocollo per proteggere la City di Londra dai nuovi accordi fiscali; gli è stato risposto di no, e quindi ha bloccato l’accordo imponendo il veto del suo Paese.
Io credo si sia trattato in primo luogo di un fiasco politico: come mai Cameron non ha cominciato il negoziato prima del summit? E perché è andato via un giorno prima, senza trattare fino all’ultimo minuto per cercare di ottenere qualcosa di più? Il risultato finale è infatti deludente da ambedue i lati: la Gran Bretagna, oltre a essere l’unico paese a non far parte della coalizione per salvare l’Euro, non ha strappato alcuna concessione per la City.
Ciò che è realmente accaduto è che il primo ministro ha subito la pressione della destra Tory anti-europea, quella che lo tiene sotto scacco e che, recentemente, si è ribellata in parlamento chiedendo maggiore autonomia da Bruxelles.
Cameron sostiene di aver agito così per tutelare gli interessi dello Square Mile, la City di Londra; tuttavia gli economisti hanno trascorso il weekend domandandosi quali fossero i successi di Cameron per la City. Un esempio: la Robin Hood Tax, invisa ai trader della finanza, rimane un progetto valido per gli altri paesi europei, i quali difatti lo perseguiranno. La tassa si applicherà alle banche registrate nei loro paesi, incluse, ad esempio, le banche tedesche che operano a Londra.
È quindi discutibile quanto davvero gli interessi della City siano stati protetti, e al contempo il primo ministro è riuscito a farsi dipingere come difensore degli stessi avidi capitalisti anglosassoni che hanno provocato la crisi economica! Un capolavoro di astuzia politica.
Avantieri Repubblica citava un sondaggio secondo il quale i britannici sarebbero tutti d’accordo con il Premier. I dati sono tratti dal Daily Mail, quotidiano vicino al partito Tory. Bisogna essere cauti nel citare informazioni di questo tipo, perché il Daily Mail non è di certo neutrale, a differenza dei vari centri di ricerca sociale e rilevazione statistica, attivissimi in Uk.
La realtà è che tutti gli altri partiti credono adesso di poter guadagnare dal comportamento di Cameron.
La vera incognita é il vice-premier Nick Clegg, dei Lib Dem, partito che é sempre stato pro-Europa. Clegg ha sferzato un attacco molto pesante contro Cameron, suscitando l’ira dei conservatori e di alcuni Lib Dem stessi. Il partito di Clegg ha in questi mesi abdicato alla sua natura liberal, così come a quella democratica, soccombendo di fronte alle politiche conservatrici in materia di sanità o di istruzione (accettando un aumento delle tasse universitarie contrariamente alle promesse elettorali). Forse troppo e troppo per Clegg anche se non c’é da farsi illusioni: é già stato chiarito che la coalizione non soffrirà di quel che è accaduto in Europa.
Difficile sapere cosa succederà nei prossimi mesi. Certo, c’è la consapevolezza che sia avvenuto qualcosa di irreversibile. Al di là del tifo da stadio e dei sondaggi del Daily Mail, su questo ci si interroga; poiché, volenti o nolenti, il futuro dell’eurozona è la variabile più grande nel destino della stessa Gran Bretagna.
Ivana Bartoletti
Manager, esperta di diritti umani e direttrice di Fabiana
Mondo - 13 Dicembre 2011
Gran Bretagna lontana dall’Europa. E viceversa
Sabato mattina facevo campagna per Ken Livingstone, candidato sindaco a Londra per il Labour Party, ed era l’incertezza il sentimento dominante nelle discussioni con gli elettori. Mi trovavo a Dalston, quartiere cosmopolita di Hackney, dove sacche di povertà estrema convivono con una nuova generazione di artisti, professionisti e intellettuali liberal. Al di là delle provenienze, ho trovato in tutti sgomento trasversale di fronte alla decisione del primo ministro Cameron, le cui conseguenze sono inimmaginabili, e tutte da vedersi nei prossimi mesi.
Non è certo una sorpresa che la Gran Bretagna sia anti-Europa, o quanto meno restia a subire le influenze di Bruxelles. Ma quanto è avvenuto venerdi scorso non c’entra con le tendenze “isolane”: a mio parere si è trattato di un puro fiasco politico, dalle conseguenze disastrose. Per spiegarmi, provo prima a fare un riassunto della situazione.
Il summit di Bruxelles ha segnato qualche progresso nella direzione di quella maggiore compattezza fiscale auspicata dal presidente della Bce Mario Draghi. Certo, non si sa quanto, e se questo basterà a salvare l’Euro; ma i leader europei sono convinti che possa aiutare per lo meno a rassicurare i mercati, dando un segnale di serietà in materia di politica fiscale comune.
Inoltre, il budget allocato per il salvataggio dei paesi in crisi è certamente più credibile e significativo, particolarmente se in futuro decideranno di contribuire paesi ricchi come Cina e Brasile: il summit ha stabilito che il nuovo bailout fund avrà 500 miliardi di euro. I leader europei hanno anche iniziato a discutere misure per la crescita, il mercato del lavoro e la competitività.
Il quadro rimane comunque drammatico. Ad esempio, ancora non c’è una risposta convincente su come farà l’Italia a prendere in prestito i 400 miliardi di euro di cui ha bisogno per ripagare i titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi. Non solo, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha già avvertito che ci potrebbe essere un declassamento dei paesi dell’eurozona.
Insomma: ancora non si vede una via di uscita, ma è stato compiuto un primo passo.
Il primo ministro Cameron si era presentato al summit pensando che avrebbe assunto la leadership dei dieci paesi fuori dall’Euro contrari ai nuovi accordi fiscali.
Così non è accaduto: persino i paesi più restii (come l’Ungheria) hanno deciso di rimandare la decisione al Parlamento, mentre invece Cameron ha rifiutato subito, rimanendo da solo tra i leader europei a rifiutare l’accordo intergovernativo per il salvataggio dell’Euro. Il primo ministro britannico aveva infatti insistito perché ci fosse un protocollo per proteggere la City di Londra dai nuovi accordi fiscali; gli è stato risposto di no, e quindi ha bloccato l’accordo imponendo il veto del suo Paese.
Io credo si sia trattato in primo luogo di un fiasco politico: come mai Cameron non ha cominciato il negoziato prima del summit? E perché è andato via un giorno prima, senza trattare fino all’ultimo minuto per cercare di ottenere qualcosa di più? Il risultato finale è infatti deludente da ambedue i lati: la Gran Bretagna, oltre a essere l’unico paese a non far parte della coalizione per salvare l’Euro, non ha strappato alcuna concessione per la City.
Ciò che è realmente accaduto è che il primo ministro ha subito la pressione della destra Tory anti-europea, quella che lo tiene sotto scacco e che, recentemente, si è ribellata in parlamento chiedendo maggiore autonomia da Bruxelles.
Cameron sostiene di aver agito così per tutelare gli interessi dello Square Mile, la City di Londra; tuttavia gli economisti hanno trascorso il weekend domandandosi quali fossero i successi di Cameron per la City. Un esempio: la Robin Hood Tax, invisa ai trader della finanza, rimane un progetto valido per gli altri paesi europei, i quali difatti lo perseguiranno. La tassa si applicherà alle banche registrate nei loro paesi, incluse, ad esempio, le banche tedesche che operano a Londra.
È quindi discutibile quanto davvero gli interessi della City siano stati protetti, e al contempo il primo ministro è riuscito a farsi dipingere come difensore degli stessi avidi capitalisti anglosassoni che hanno provocato la crisi economica! Un capolavoro di astuzia politica.
Avantieri Repubblica citava un sondaggio secondo il quale i britannici sarebbero tutti d’accordo con il Premier. I dati sono tratti dal Daily Mail, quotidiano vicino al partito Tory. Bisogna essere cauti nel citare informazioni di questo tipo, perché il Daily Mail non è di certo neutrale, a differenza dei vari centri di ricerca sociale e rilevazione statistica, attivissimi in Uk.
La realtà è che tutti gli altri partiti credono adesso di poter guadagnare dal comportamento di Cameron.
La vera incognita é il vice-premier Nick Clegg, dei Lib Dem, partito che é sempre stato pro-Europa. Clegg ha sferzato un attacco molto pesante contro Cameron, suscitando l’ira dei conservatori e di alcuni Lib Dem stessi. Il partito di Clegg ha in questi mesi abdicato alla sua natura liberal, così come a quella democratica, soccombendo di fronte alle politiche conservatrici in materia di sanità o di istruzione (accettando un aumento delle tasse universitarie contrariamente alle promesse elettorali). Forse troppo e troppo per Clegg anche se non c’é da farsi illusioni: é già stato chiarito che la coalizione non soffrirà di quel che è accaduto in Europa.
Difficile sapere cosa succederà nei prossimi mesi. Certo, c’è la consapevolezza che sia avvenuto qualcosa di irreversibile. Al di là del tifo da stadio e dei sondaggi del Daily Mail, su questo ci si interroga; poiché, volenti o nolenti, il futuro dell’eurozona è la variabile più grande nel destino della stessa Gran Bretagna.
Articolo Precedente
In Siria sangue sulle elezioni
L’esercito spara a Homs: diciotto civili morti
Articolo Successivo
Grecia, la Troika chiede sacrifici senza fine
150mila statali verso il licenziamento
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Milano, treni bloccati per un guasto elettrico: interrotte linee per Genova, Venezia e Bologna. Raffica di cancellazioni e maxi-ritardi a catena
Mondo
Tutti i super ricchi alla corte di Trump, anche gli ex nemici Bezos e Zuckerberg: già donati 200 milioni per la cerimonia d’inaugurazione, 4 volte più di Obama
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
La Lega scarica Matteo Salvini: lui toglie il suo nome dal logo. È la fine dell’era del partito nazionale
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - Che il governo abbia impugnato la legge campana per il terzo mandato, "non cambia nulla" per Vincenzo De Luca. In una affollata conferenza stampa a Napoli, il governatore mette in chiaro che non si dimetterà, andrà avanti e promette battaglia. Una battaglia "di civiltà" contro una norma ad personam e che, annuncia, porterà "in tutta Italia". Sta pensando a un nuovo partito? Dalle parti del Pd in molti l'hanno intesa così. "Oggi non ha parlato alla Campania, ma al Paese. Vuole farsi un partito personale". E a chi dal centrodestra sollecita a espellere De Luca, la risposta è netta: "Espellerlo? Non gli faremo questo favore, si è messo fuori da solo".
I dem, al contrario di De Luca, scommettono che la Consulta darà ragione al governo, che il governatore non potrà ricandidarsi e che saranno in pochi a seguirlo nella sua avventura. Almeno questo è l'auspicio. Intanto oggi alla conferenza stampa a Napoli erano presenti quasi al completo tutti i suoi consiglieri in regione. Ma da Roma si ribadisce che la linea non cambia: "La posizione del Pd - dice in tv Igor Taruffi della segreteria Schlein - è molto chiara sul terzo mandato ed è che non ci possono essere terzi mandati per chi ricopre incarichi monocratici come presidente di Regione o sindaci di città italiane. Noi riteniamo che anche in Campania sia normale e fisiologico trovare un ricambio".
Che questo 'ricambio' possa essere fatto con De Luca al tavolo ad oggi è storia superata. Osserva Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli: "Si poteva evitare di arrivare a questo. La soluzione si poteva trovare per via politica, come avvenuto in altre Regioni, trovando una composizione in cui tutti i protagonisti in campo, a partire dal presidente De Luca, avessero un ruolo nella scelta di rinnovamento".
Le cose non sono andate così. E ora il Pd guarda oltre e prepara le prossime regionali. Anche i 5 Stelle si stanno muovendo: siamo "pronti a lavorare con tutte le forze politiche del fronte progressista", dicono oggi in una nota. E' attesa la convocazione di un tavolo regionale. Perimetro della coalizione, programma e candidato presidente, i prossimi passaggi. Roberto Fico, lo stesso Manfredi sono già nel toto nomi, mentre c'è chi ipotizza un civico che metta d'accordo tutti. Sarà tema delle prossime settimane.
Da parte sua De Luca ne ha per tutti. Per la destra della premier Giorgia Meloni che lo teme: la decisione del governo di impugnare la legge campana è "dettata dalla paura, la paura degli elettori e forse anche di De Luca". Il governatore ne ha anche per il Pd. Non dice nulla su Schlein, benché sollecitato in conferenza stampa, ma lancia un affondo contro Stefano Bonaccini che, tra l'altro, è il punto di riferimento di Energia Popolare, l'area di cui il figlio del governatore, il deputato Piero De Luca, è uno dei coordinatori. "Mi stanno facendo notare che l'ex presidente dell'Emilia-Romagna sta parlando molto in questo periodo, trasmettendo l'idea che ha rinunciato con un atto di grande generosità. Lui, diversamente da chi parla. In Emilia-Romagna il presidente uscente non si poteva ricandidare perché la legge elettorale è diversa".
Una "insopportabile ipocrisia", attacca De Luca. Se la prende anche con il collega di partito Andrea Orlando: "Qualche mese fa si è candidato alla presidenza della Liguria un esponente politico del Pd che ha 5 mandati parlamentari e per tre volte è stato ministro: nessuno ha detto niente". E cita pure il presidente Sergio Mattarella: "In Italia non hanno limite al mandato i deputati, i senatori, i ministri, i sottosegretari, i viceministri, il presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica, che alla fine del nuovo mandato sarà stato presidente della Repubblica per 14 anni. Dunque, non c'è nessun vincolo temporale per nessuno, tranne che per uno".
De Luca scommette che la Consulta gli darà ragione: "Abbiamo la sensazione che finirà come con la legge sull’autonomia che è stata smantellata”. E quindi annuncia "una grande campagna di iniziativa politica. Sfideremo a un dibattito pubblico quelli che hanno assunto la decisione di contestare la nostra legge. Faremo qui e in tutta Italia una battaglia di civiltà e di libertà. Utilizzeremo i mesi che abbiamo davanti per promuovere una grande esperienza democratica nel nostro Paese. Saranno mesi di impegno civile, di battaglia democratica". Dice che può essere considerato uno di quelli che "Ignazio Silone chiamava cristiani assurdi, quelli per i quali il Vangelo non è una scrittura ma una testimonianza di vita". E garantisce: "Ci muoveremo, dunque, da cristiani assurdi e faremo appello, con grande umiltà, ai nostri concittadini di andare avanti e chiederemo loro di essere protagonisti del loro futuro".
(Adnkronos) - Cambiano di nuovo le pagelle alla scuola primaria. Novità anche alle medie. Alle elementari tornano i giudizi sintetici, mentre per quanto riguarda le medie il voto in condotta si esprimerà in decimi con un peso sulla promozione di fine anno. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato l'ordinanza che definisce le modalità di valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli studenti della Scuola primaria e del comportamento degli studenti della Scuola secondaria di primo grado.
A decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, nella scuola primaria dunque la valutazione sarà espressa attraverso giudizi sintetici, da 'Ottimo' a 'Non sufficiente', correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti per ciascuna disciplina, compreso l’insegnamento dell’educazione civica. Per la scuola secondaria di primo grado, la valutazione della condotta degli studenti sarà espressa in decimi: coloro che otterranno un punteggio inferiore a 6/10 non saranno ammessi alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo.
“Questa riforma segna un passo importante verso un sistema educativo più chiaro e trasparente, volto alla crescita formativa degli studenti - ha dichiarato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara - L’introduzione dei giudizi sintetici nelle Scuole primarie, molto più comprensibili dei precedenti livelli, permette infatti di tracciare con maggiore chiarezza il percorso formativo degli alunni, migliorando la comunicazione con le famiglie e al tempo stesso l’efficacia della valutazione. Il voto di condotta nella Scuola secondaria di primo grado mira a rafforzare la responsabilità individuale e il rispetto delle regole. Un'attenzione particolare sarà riservata alla valutazione degli studenti con disabilità e con disturbi specifici dell'apprendimento, assicurando così un approccio inclusivo e personalizzato alle necessità di ogni singolo alunno”. Le scuole avranno tempo fino all'ultimo periodo dell'anno scolastico in corso per adattarsi alle nuove disposizioni e assicurarsi che le famiglie siano pienamente informate.
"L'annuncio del ministro Valditara della pubblicazione dell'ordinanza ministeriale sul nuovo sistema di valutazione non coglie di sorpresa ma indigna profondamente la scuola italiana. Nonostante l'allarme espresso negli ultimi mesi da autorevoli esponenti del mondo della pedagogia democratica, le critiche delle organizzazioni sindacali e delle associazioni professionali, il ministro dell’Istruzione e del Merito ha finalizzato un provvedimento di stampo sanzionatorio e punitivo, dimostrando di non credere nel potenziale dell'educazione e dell'istruzione come strumenti di prevenzione del disagio e dell'insuccesso scolastico". Lo si legge in una nota della Flc Cgil.
"Secondo la logica ministeriale, ispirata coerentemente alla nota pedagogia del merito e dell'umiliazione, i giudizi sintetici nella scuola primaria sanciscono difficoltà e carenze, privando la valutazione della funzione di miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento. - continua la nota - Si decreta, inoltre, che la scuola, nella fase delicata della pre-adolescenza, non ha strumenti per educare al rispetto delle regole e del bene comune se non ricorrendo a votacci e bocciature".
"Come Flc Cgil, siamo certi che la scuola, nel suo complesso, abbia molte più risorse educative di quanto Valditara creda e che saprà reagire a questo suo ennesimo svilimento, mettendo in campo e potenziando le buone pratiche che consentono di agire in un'ottica formativa e non punitiva. II Ministro se ne faccia una ragione e pensi piuttosto a trovare le risorse per il rinnovo del contratto 2022/2024 e per riconoscere e valorizzare le professionalità, oltre che per investimenti nella scuola statale che mettano nelle condizioni di lavorare al meglio nell'interesse delle nuove generazioni e del Paese", conclude la nota di Flc Cgil.
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - Pareggio tra Lazio e Como allo Stadio Olimpico 1-1. Nell'anticipo valido per la 20esima giornata del campionato di Serie A a segnare per i biancocelesti è stato Boulaye Dia al 34esimo minuto del primo tempo. Nel secondo tempo, con una Lazio ridotta in dieci, è arrivato il gol del pareggio di Patrick Cutrone al 72esimo minuto. Per la Lazio al 58esimo minuto è stato espulso Loum Tchaouna.
Con questo pareggio la Lazio conferma il quarto posto in classifica con 36 punti allungando temporaneamente sulla Juventus che conta però due partite da giocare. Il Como, invece, aggancia con 19 punti al quattordicesimo posto il Parma e il Verona.
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - "Io voglio incontrare Oseghale ma a certe condizioni e con la garanzia che non abbia sconti di pena". Così Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che si allontanò da una comunità di Corridonia (Macerata) e i resti della quale furono ritrovati chiusi in due trolley il 30 gennaio 2018. "Avevamo iniziato un percorso per arrivare a un incontro" con lui, spiega la donna, ma "la notizia del ricorso straordinario presentato dai suoi avvocati è stata per me una pugnalata, un tradimento".
"Spero che i giudici si mettano una mano sulla coscienzae rigettino questo ricorso", ha quindi affermato all'Adnkronos Alessandra Verni in vista della nuova udienza in Cassazione, giovedì 16 gennaio, in seguito a un ricorso straordinario presentato dalla difesa di Innocent Oseghale, condannato in via definitiva, perché venga rimessa in discussione l'accusa di violenza sessuale e sia revocata quindi la pena dell'ergastolo.
La mamma di Pamela, intervenuta alla presentazione del libro di Francesca Totolo 'Le vite delle donne contano - Lola, Pamela e Desirée: quando l'immigrazione uccide', ha precisato: "Io non ho mai parlato di perdono. Ho chiesto un incontro con Oseghale perché ho bisogno di guardarlo e dirgli tutto ciò che ha causato e provocato a me, alla mia famiglia". "Ho chiesto un incontro sperando si potesse pentire e dire la verità rispetto a quello che è successo", ha aggiunto.
Giovedì all'udienza davanti alla Cassazione "ci saranno persone a sostenere la causa di Pamela e di tutte le vittime perché se per un caso così efferato si riesce ad arrivare a una terza Cassazione, figuriamoci per altri casi". Per questo ha invitato tutti, anche nelle altre città, a chiedere giustizia per la figlia: "Facciamo rumore anche per Pamela", chiede.
Milano, 10 gen. (Adnkronos) - Nessuna richiesta di rogatoria è arrivata dagli Stati Uniti alla procura di Milano per chiedere di poter acquisire il materiale sequestrato a Mohammad Abedini Najafabadi, arrestato lo scorso 16 dicembre all'aeroporto Malpensa. Le autorità giudiziarie Usa, che l'accusano d'aver fornito droni e materiali elettronici all'Iran, aggirando l'embargo statunitense, ne vorrebbero la sua estradizione.
Il cellulare, il pc portatile, pen drive e componentistica elettronica trovati in possesso di Abedini sono stati consegnati dalla Digos al procuratore capo di Milano, Marcello Viola, il quale tiene il materiale sotto custodia. Sul caso di Abedini è stato aperto un fascicolo a modello 45, che riguarda le notizie che non costituiscono reato.
Il 38enne esperto di droni, arrestato tre giorni prima della giornalista Cecelia Sala, è accusato di terrorismo dagli Usa per aver passato informazioni sensibili ai Pasdaran, servite per un agguato in cui sono rimasti uccisi tre soldati americani in Giordania a gennaio scorso. L'uomo, detenuto nel carcere di Opera, rifiuta ogni accusa e attende l'udienza del prossimo 15 gennaio davanti alla corte d'Appello di Milano dove si discuterà della sua richiesta di domiciliari avanzata dal difensore Alfredo De Francesco.
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - Che il governo abbia impugnato la legge campana per il terzo mandato, "non cambia nulla" per Vincenzo De Luca. In una affollata conferenza stampa a Napoli, il governatore mette chiaro che non si dimetterà, andrà avanti e promette battaglia. Una battaglia "di civiltà" contro una norma ad personam e che, annuncia, porterà "in tutta Italia". Sta pensando a un nuovo partito? Dalle parti del Pd in molti l'hanno intesa così. "Oggi non ha parlato alla Campania, ma al Paese. Vuole farsi un partito personale". E a chi dal centrodestra sollecita ad espellere De Luca, la risposta è netta: "Espellerlo? Non gli faremo questo favore, si è messo fuori da solo".
I dem, al contrario di De Luca, scommettono che la Consulta darà ragione al governo, che il governatore non potrà ricandidarsi e che saranno in pochi a seguirlo nella sua avventura. Almeno questo è l'auspicio. Intanto oggi alla conferenza stampa a Napoli erano presenti quasi al completo tutti i suoi consiglieri in regione. Ma da Roma si ribadisce che la linea non cambia: "La posizione del Pd -dice in tv Igor Taruffi della segreteria Schlein- è molto chiara sul terzo mandato ed è che non ci possono essere terzi mandati per chi ricopre incarichi monocratici come presidente di Regione o sindaci di città italiane. Noi riteniamo che anche in Campania sia normale e fisiologico trovare un ricambio".
Che questo 'ricambio' possa essere fatto con De Luca al tavolo ad oggi è storia superata. Osserva Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli: "Si poteva evitare di arrivare a questo. La soluzione si poteva trovare per via politica, come avvenuto in altre Regioni, trovando una composizione in cui tutti i protagonisti in campo, a partire dal presidente De Luca, avessero un ruolo nella scelta di rinnovamento". Le cose non sono andate così. Ed ora il Pd guarda oltre e prepara le prossime regionali. Anche i 5 Stelle si stanno muovendo: siamo "pronti a lavorare con tutte le forze politiche del fronte progressista", dicono oggi in una nota. E' attesa la convocazione di un tavolo regionale. Perimetro della coalizione, programma e candidato presidente, i prossimi passaggi. Roberto Fico, lo stesso Manfredi sono già nel toto nomi, mentre c'è chi ipotizza un civico che metta d'accordo tutti. Sarà tema delle prossime settimane.
Da parte sua De Luca ne ha per tutti. Per la destra della premier Giorgia Meloni che lo teme: le decisione del governo di impugnare la legge campana è "dettata dalla paura, la paura degli elettori e forse anche di De Luca". Il governatore ne ha anche per il Pd. Non dice nulla su Schlein, benchè sollecitato in conferenza stampa, ma lancia un affondo contro Stefano Bonaccini che, tra l'altro, è il punto di riferimento di Energia Popolare, l'area di cui il figlio del governatore, il deputato Piero De Luca, è uno dei coordinatori. "Mi stanno facendo notare che l'ex presidente dell'Emilia-Romagna sta parlando molto in questo periodo, trasmettendo l'idea che ha rinunciato con un atto di grande generosità. Lui, diversamente da chi parla. In Emilia-Romagna il presidente uscente non si poteva ricandidare perché la legge elettorale è diversa".
Una "insopportabile ipocrisia", attacca De Luca. Se la prende anche con il collega di partito Andrea Orlando: "Qualche mese fa si è candidato alla presidenza della Liguria un esponente politico del Pd che ha 5 mandati parlamentari e per tre volte è stato ministro: nessuno ha detto niente". E cita pure il presidente Sergio Mattarella: "In Italia non hanno limite al mandato i deputati, i senatori, i ministri, i sottosegretari, i viceministri, il presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica, che alla fine del nuovo mandato sarà stato presidente della Repubblica per 14 anni. Dunque, non c'è nessun vincolo temporale per nessuno, tranne che per uno".
De Luca scommette che la Consulta gli darà ragione: "Abbiamo la sensazione che finirà come con la legge sull’autonomia che è stata smantellata”. E quindi annuncia "una grande campagna di iniziativa politica. Sfideremo a un dibattito pubblico quelli che hanno assunto la decisione di contestare la nostra legge. Faremo qui e in tutta Italia una battaglia di civiltà e di libertà. Utilizzeremo i mesi che abbiamo davanti per promuovere una grande esperienza democratica nel nostro Paese. Saranno mesi di impegno civile, di battaglia democratica". Dice che può essere considerato uno di quelli che "Ignazio Silone chiamava cristiani assurdi, quelli per i quali il Vangelo non è una scrittura ma una testimonianza di vita". E garantisce: "Ci muoveremo, dunque, da cristiani assurdi e faremo appello, con grande umiltà, ai nostri concittadini di andare avanti e chiederemo loro di essere protagonisti del loro futuro".
Roma, 10 gen (Adnkronos) - "Sono vicino al popolo venezuelano, che sta affrontando una gravissima crisi interna e un'allarmante deriva autoritaria. Auspico che la comunità internazionale possa agire in modo coeso a tutela dei valori democratici e della pace. Un pensiero particolare lo rivolgo agli italo-venezuelani, che rappresentano un ponte prezioso tra culture, e al nostro personale diplomatico". Lo dice il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.