L’amministrazione provinciale di Napoli l’aveva creata nel dicembre 2005 e pompata nel tempo di fiumi di milioni di euro pubblici con lo scopo di assorbire i circa 150 lavoratori socialmente utili rimasti disoccupati dopo la liquidazione della Smartway, una partecipata della Provincia: mission la manutenzione ordinaria delle strade provinciali, un autentico disastro di conti e di gestione. E in sei anni la Social Innovation Services (Sis), interamente in mano alla Provincia, che ha provato ad agire nel campo dei servizi sociali e alla persona, pare anch’essa avviata verso il fallimento.
Lo denunciano i sindacati e i dipendenti che nella mattinata del 13 dicembre sono saliti sui tetti dello stabile dove ha sede la società, in via Nuova Poggioreale, mentre una loro delegazione è in assemblea permanente nei locali della direzione aziendale. Sono a rischio circa 165 posti di lavoro. Al termine di una odissea economica e politica che fornisce ottimi argomenti in favore di quella parte della manovra del governo Monti che prevede l’abrogazione delle province. Una vicenda che accomuna centrosinistra e centrodestra in un unico calderone relativamente alle responsabilità del dissesto. Perché la Sis subentrò alla chiusura di Smartway prodotta col centrosinistra, e nacque fragile col centrosinistra (giunta del verde bassoliniano Dino Di Palma, oggi dirigente di Sel). Ed è andata avanti verso il baratro con il centrodestra (giunta del berlusconiano Luigi Cesaro, recentemente indagato nell’ambito dell’inchiesta su collusioni tra politica e camorra culminata in una richiesta di arresto alla Camera per Nicola Cosentino).
Capitale sociale ridotto da 2 milioni di euro a 120.000 euro, perdite per 1.283.000 euro al 30 settembre 2010, che sarebbero lievitate a oltre 2 milioni nell’anno che sta per concludersi, la Sis appare come un esempio di cattiva gestione e di sprechi, con poche mansioni da svolgere e diversi superstipendi da erogare. Il 29 novembre il consiglio provinciale ha approvato l’ennesima ricapitalizzazione salva-azienda. Subordinandola, però, all’approvazione di un piano industriale che riducesse il monte retribuzioni e rimettesse in carreggiata finanze e produttività della società pubblica. La delibera non è piaciuta alle rappresentanze dei lavoratori. “Le soluzioni proposte dalla proprietà per evitare il fallimento dell’azienda – si legge in un comunicato congiunto di Cgil – Filcams Fisascat – Cisl Uiltucs Cobas Lavoro Privato Sll Uap Ugl Usb – implicano un pesante taglio agli stipendi dei lavoratori, senza peraltro offrire alcuna prospettiva certa di rilancio aziendale, non esistendo all’oggi alcune ipotesi credibili in ordine a quali commesse affidarle e, soprattutto, con quali risorse finanziarie”.
Secondo i sindacati, la crisi di Sis è “l’epilogo di una vicenda che ha vista questa, come altre società, amministrata all’insegna del malaffare (assunzioni clientelari, spreco di denaro pubblico e incapacità gestionale) e del progressivo svuotamento di funzioni da parte della proprietà”. Captando le voci dei lavoratori, le proteste puntano il dito su un’infornata di assunzioni avvenuta nel 2009 – mentre agonizzava il centrosinistra di Di Palma – senza adeguate coperture finanziarie. Il resto lo avrebbe compiuto il centrodestra di Cesaro, sottraendo a Sis il servizio di trasporto dei disabili e facendo svolgere solo i servizi di vigilanza scolastica. Producendo nei bilanci – affermano i lavoratori in assemblea permanente – un danno di oltre un milione di euro.