Anche la produzione della fiction Mediaset “Squadra antimafia” era finita nel mirino del racket del clan di Porta Nuova che aveva il controllo del catering e dei trasporti della serie televisiva. E’ uno dei particolari dell’operazione antimafia denominata “Pedro” che oggi, ha portato all’arresto di 28 persone. Dall’inchiesta, così chiamata perchè il boss del quartiere, Calogero Lo Presti, era noto come lo zio Pietro, vengono fuori i nomi dei vertici del mandamento: tra questi il numero due del boss Tommaso di Giovanni. Era lui, secondo la collaboratrice di giustizia Monica Vitale, a tenere le casse della cosca.
Tra le persone arrestate a Palermo dai carabinieri, che hanno smantellato i mandamenti mafiosi di Porta Nuova e Bagheria, c’è anche un poliziotto, Matteo Rovetto, 58 anni,che ha prestato servizio alla Squadra Mobile del capolouogo siciliano fino a circa un anno fa, quando è andato in pensione.
Per 22 indagati, la Direzione distrettuale antimafia ha emesso provvedimenti di fermo per associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, al traffico di droga e alle rapine; per altre sei persone, già detenute per mafia, è stata disposta la custodia cautelare in carcere. L’indagine “Pedro”, durata 15 mesi, ha ricostruito l’organigramma dei due mandamenti. Gli inquirenti sono intervenuti mentre erano pienamente in corso le estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori, anche per prevenire attentati incendiari o ritorsioni fisiche contro le vittime. Alcune delle quali hanno collaborato con gli investigatori. Dall’inchiesta sono emersi gli stretti rapporti tra i mafiosi di Porta Nuova e le famiglie palermitane di Pagliarelli, Santa Maria di Gesù, Brancaccio, Noce, Boccadifalco e Tommaso Natale, ma anche di Misilmeri e Bagheria.
L’ex agente è accusato di aver fatto da informatore a Calogero “Pietro” Lo Presti, nuovo capo del mandamento mafioso di Porta Nuova, destinatario anche lui di un provvedimento restrittivo. Secondo l’accusa, Rovetto gli avrebbe fornito a Lo Presti e ai suoi uomini notizie sui procedimenti penali e sulle indagini in corso nei loro confronti. Il poliziotto “talpa” avrebbe inoltre protetto la rete di spacciatori di droga controllata dai boss, avvisando della presenza delle forze dell’ordine nelle zone dove vendevano la droga, e aiutandoli a eludere le indagini. A Rovetto è stata contestata l’aggravante del favoreggiamento di Cosa Nostra.