“Non riesco a comprare le medicine, a volte mangio solo latte e pane”, Ludovica da Brescia, vittima da sangue infetto. E’ solo una delle testimonianze raccolte da Andrea Spinetti, presidente del Comitato “Vittime sangue infetto” (vai al sito). Anche lui un giorno è entrato in ospedale per una trasfusione e ne è uscito con una malattia grave. Colpa di una sacca di plasma non controllato. Ieri in Senato a Palazzo Madama, si è svolta la conferenza dal titolo: “Emodanneggiati: istantanea di un fenomeno”, organizzata dai Radicali Italiani. In Italia sono circa 80 mila gli emodanneggiati, 4 mila le vittime, solo 700 le persone risarcite. Gli altri aspettano da anni un indennizzo che forse non arriverà mai. Lo Stato infatti è deciso a far valere la prescrizione per via di una sentenza della Cassazione del gennaio 2008. Secondo i giudici, spiega l’avv. Mario Melillo, “per ottenere il risarcimento c’è un tempo di 5 anni a decorrere dalla data di presentazione della domanda”. Ma i legali delle vittime non ci stanno e spiegano le loro ragioni: “Se il reato è di epidemia, allora i tempi della prescrizione si allungano fino a 15 anni. In tal caso – dichiara l’avv. Stefano Bertone – tutti i nostri assistiti avrebbero diritto assoluto al risarcimento”.
di Paolo Dimalio
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Sangue infetto, sulle vittime pesa la prescrizione
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