L’ultimo anno Claudio Scajola, ex ministro dello Sviluppo economico, lo ha trascorso ripetendo innumerevoli volte la frase “a mia insaputa”, a giustificazione di quel regalo ricevuto da Diego Anemone. Un regalo che pochi riescono ad incassare: perché l’imprenditore, al centro dell’inchiesta sugli appalti del G 8, avrebbe deciso di aiutare l’esponente del Pdl per l’acquisto di un pezzo di paradiso: un appartamento di 200 metri quadri di superficie, 9,5 vani catastali, cantina e vista sul Colosseo.

Per i magistrati romani, Alberto Caperna, Roberto Felici e Ilaria Calò, non si trattava affatto di generosità, ma di finanziamento illecito, decidendo così di indagarli entrambi. Secondo la procura, infatti, Anemone, proprio in quanto amministratore di società come la Redim 2002 srl, Amp srl, Medea Progetti e Consulenze srl, Tecnolocos srl e Impresa Costruzioni srl, avrebbe dapprima erogato all’ex ministro un milione e 100 mila euro per l’acquisto dell’appartamento in via Fagutale, e poi altri 100 mila euro per i lavori di ristrutturazione, “senza che fosse intervenuta la deliberazione degli organi societari – scrive la procura – e senza che i contributi medesimi venissero regolarmente iscritti nei bilanci delle società”.

Accuse queste che Scajola ha sempre respinto, rifiutandosi perfino di presentarsi davanti ai magistrati. Durante tutto il periodo delle indagini, l’ex ministro si è sempre giustificato dicendo che la casa era stata pagata a sua insaputa. Ma ieri, all’ultimo giorno utile per la presentazione di atti e documenti dopo la chiusura del fascicolo, la difesa di Scajola ha tentato il sorpasso e ha presentato un memoriale. Improvvisamente la versione dei fatti fornita dall’ex ministro è cambiata. La frase tanto ripetuta “a mia insaputa” è scomparsa. Per il legale dell’esponente del Pdl, l’avvocato Giorgio Perroni, quei soldi contestati dalla procura Anemone li prelevò non dalle proprie società, ma da un suo conto personale. E poi si gioca tutto sulle date, puntando all’obiettivo prescrizione. Secondo la memoria presentata, il reato, qualora configurabile, fu commesso nell’anno 2004, quando fu fatto il rogito. Il che salverebbe l’ex ministro. Per i magistrati, invece, il reato sarebbe stato commesso fino all’aprile del 2007, termine previsto per l’approvazione dei bilanci delle società di Anemone relativi al 2006. E quindi il sipario calerebbe solo nel 2013 o nel 2014.

A questo punto, già domani ci potrebbe essere la decisione dei magistrati, se archiviare la posizione di Scajola, oppure procedere alla richiesta di citazione diretta a giudizio. Anche se, la presentazione del memoriale e l’improvvisa sterzata della difesa, pare non aver convinto i pubblici ministeri. Si aspetta così uno degli ultimi passaggi di questa inchiesta che è partita proprio da Perugia, mentre si indagava sui Grandi Eventi. Era il 2004 quando Scajola, allora ministro dell’Attuazione del programma, ha comprato la casa di via Fagutale, di proprietà delle sorelle Beatrice e Barbara Papa. L’ex ministro, secondo le sue dichiarazioni, avrebbe pagato questo ‘ paradiso ’ circa 610 mila euro. Ma una cifra del genere non ha convinto i magistrati, che hanno iniziato ad indagare. Il restante dei soldi, secondo gli inquirenti, sarebbero venuti dalle tasche dell’imprenditore Diego Anemone. E infatti già dai primi accertamenti fatti a Perugia, emerse un bonifico di circa 500 mila euro proveniente dal conto corrente dell’architetto Angelo Zampolini, che lavorava appunto per Anemone. Successivamente è stato lo stesso architetto a confermare ai pm di Perugia (nell’ambito di un patteggiamento di una condanna a undici mesi per favoreggiamento) di aver consegnato 900 mila euro, attraverso 80 assegni circolari della Deutsche Bank, alle sorelle Papa.

Nel settembre 2009 però il fascicolo è stato trasferito alla procura di Roma per competenza, dove si è scoperto che anche i lavori di ristrutturazione sono stati regalati all’ex ministro da Anenome. A confermarlo, l’ultima informativa della Guardia di Finanza consegnata ai magistrati qualche tempo fa. Gli investigatori hanno sentito i titolari delle ditte che hanno avuto l’incarico di finire i lavori di ponteggio, disinfestazione e colonne di scarico e ognuno di loro ha confermato di non aver mai ricevuto pagamenti da Scajola. Che da ieri, sembra aver cambiato idea sul proprio rapporto con Anemone.

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