Il processo sulla finta microspia trovata in comune incrocia i licenziamenti di alcuni lavoratori dell'ex Alfa di Arese. Alla sbarra, infatti, i titolari di una società di portineria che avrebbero finto il ritrovamento della cimice per ottenere nuovi appalti
A pochi metri dal giudice della quarta sezione penale del tribunale di Milano il testimone è d’eccezione: Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo 2015. In fondo all’aula, un gruppo di ex operai dell’Alfa di Arese. Che udienza dopo udienza seguono il processo sulla cimice ritrovata nel settembre del 2009 a Palazzo Marino, proprio sotto il tavolo di Sala, allora direttore generale del Comune. Perché la storia dei 70 lavoratori licenziati nei mesi scorsi da Innova Service, società che gestiva le portinerie dopo la chiusura dello storico stabilimento del Biscione, si incrocia con quella degli imputati. Titolare dell’azienda che li ha lasciati a casa è Angela Di Marzo, accusata insieme al fratello Giuseppe Angelo Di Marzo e a Lorenzo Fabbrizzi (capo del personale di Innova Service) di aver messo la microspia. Per poi dire di averla trovata, in seguito alla bonifica ambientale che il Comune di Milano aveva affidato alla loro società la Adm srl.
Secondo il pm Stefano Civardi, la manovra fu messa in atto dai tre per accreditarsi a Palazzo Marino e così ottenere in futuro altri lavori. Ieri la quarta udienza del dibattimento. Assenti i fratelli Di Marzo. E assente Fabbrizzi, nel frattempo finito sotto processo a Firenze con l’accusa di aver pagato un maresciallo dei carabinieri al fine di ottenere appalti nel campo delle intercettazioni. Ad ascoltare la testimonianza di Sala ci sono però 14 dei lavoratori licenziati. Che per un giorno lasciano il presidio davanti a una delle portinerie dell’ex Alfa Romeo. Qualcuno prende appunti. Per non perdere nessun dettaglio del processo in cui è coinvolta la donna che è colpevole, dicono, di averli trasformati in disoccupati.
La penna scorre più rapida sul block notes, quando l’ex direttore generale di Palazzo Marino spiega perché l’appalto di bonifica sia andato proprio alla Di Marzo: Giuseppe Mele, allora segretario generale del Comune, la presentò come un’imprenditrice che aveva già lavorato per i carabinieri di Como e per la Nato. E disse, racconta Sala, che era conosciuta anche dal prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi. Un altro particolare lo ha aggiunto lo stesso Mele il 13 ottobre scorso quando, durante la sua testimonianza, ha raccontato di aver conosciuto la Di Marzo alla fine degli anni Novanta, attraverso Giuseppe Donnarumma, ex vice comandante dei Ros di Milano e oggi comandante provinciale dei carabinieri di Pesaro Urbino.
“Grazie ai suoi contatti – accusa Corrado Delle Donne, coordinatore nazionale del sindacato Slai Cobas – Angela di Marzo ha ottenuto non solo gli appalti per la finta bonifica delle stanze di Palazzo Marino, ma anche quelli nell’area dell’ex Alfa per la gestione delle portinerie, la manutenzione dei giardini e le pulizie”. Però, dopo aver firmato un accordo per la riassunzione di una parte dei lavoratori ex Alfa Romeo, lo scorso febbraio Innova Service ne ha licenziati 62. E altri nei mesi successivi. “Una decisione presa per buttare fuori da Arese lo Slai Cobas”, dice il coordinatore nazionale. E il ricordo va al novembre del 2009, quando la Digos sequestrò negli uffici della Di Marzo, insieme alla cimice usata per la truffa a Palazzo Marino, una relazione dei carabinieri proprio su Delle Donne.
Mentre resta ancora da chiarire come quel dossier sia finito nelle mani della titolare di Adm e Innova Service, Delle Donne attacca: “La Di Marzo ha mandato via 70 operai, ma continua a lavorare ad Arese attraverso altre società, che al loro posto impiegano personale precario e sottopagato”. Sulla vicenda dei 70 licenziamenti, un commento arriva anche dal Comune di Milano, parte civile nel processo sulla cimice: è il presidente del Consiglio Basilio Rizzo a parlare, ricordando di avere avuto più volte “l’impressione che la Di Marzo godesse in prefettura di certe protezioni”.
Prossima udienza del processo il 26 gennaio 2012. I lavoratori dell’ex Alfa non mancheranno. Simbolo delle promesse non mantenute sul rilancio di un’area dove un tempo lavoravano 20mila persone. E che, a sentire quanto diceva il governatore Roberto Formigoni nel 2003, sarebbe dovuta diventare un polo per la mobilità sostenibile e la produzione di auto ecologiche. Ma ora gli interessi sono altri. Come quelli del gruppo Iper, per la costruzione di un mega centro commerciale. E quelli immobiliari. In vista dell’Expo.
Aggiornamento del 24 giugno 2024
Il tribunale di Milano ha assolto Lorenzo Fabbrizi dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste