Arriva stasera all’Europa Auditorium di Bologna, ore 21, il Senza Titolo Tour di Luca Carboni (25 o 30 euro i biglietti più prevendita).
Il 49enne cantautore bolognese ripercorrerà tutta la sua carriera proponendo i brani che l’hanno reso celebre (Silvia lo sai o Farfallina se la giocano per un pugno di voti) avventurandosi nell’ultimo album, Senza Titolo, in due ore di live insieme ad Antonello Giorgi (batteria e cajon), Ignazio Orlando (basso), Mauro Patelli (chitarra), Vincenzo Pastano (chitarra) e Fulvio Ferrari (tastiere).
Senza titolo è uscito lo scorso 13 settembre ed è il decimo album di inediti di Carboni a cinque anni dall’ultimo disco sempre di inediti, …Le Band Si Sciolgono, e a due anni di distanza dalla pubblicazione di Musiche Ribelli (2009), l’omaggio ai grandi cantautori italiani degli anni ’70. Lavoro registrato negli studi Fonoprint di Bologna, scritto interamente da Carboni con lo storico ritorno alla collaborazione con il produttore artistico Mauro Malavasi, che aveva lavorato a Carboni (1992), Mondo (1995) e Carovana (1998).
“E’ un album che vorrei far conoscere ancora di più”, spiega Carboni al fattoquotidiano.it, “non essendo partito fortissimo ha ancora un margine di miglioramento. Lo vedo anche da questi concerti di fronte alle nuove generazioni. Oltre allo zoccolo duro di chi mi segue da 20 anni, c’è chi mi ha scoperto solo cinque anni fa, o solo l’altro ieri, e lentamente va a riascoltarsi tutta la musica che ho prodotto. Senza titolo sarà un album così, che verrà lentamente riascoltato”.
Il confronto con le nuove generazioni sembra essere il nuovo orizzonte di Carboni che proprio in quest’ultimo lavoro sembra aver assorbito anche molte sonorità e basi ritmiche dell’ultimo decennio pop: “E’ una sensazione bellissima vedere un ventenne che ascolta la tua musica. Le canzoni sintetizzano e condensano dubbi, incertezze e certezze, e hanno un potenziale comunicativo ben più forte di una chiacchierata al bar”.
La maturità in Carboni non è più soltanto musicale, ma anche intima e spirituale con la scelta di trasferirsi ad abitare nella provincia bolognese lontano da quel milieu culturale e antropologico che lo ha visto tra i protagonisti per almeno quattro lustri: “Non è stata una fuga la mia, io Bologna la amo e la vivo ancora tanto. Semmai ho aperto una finestra nuova cercando un contatto con le mie radici familiari”.
Nostalgia o semplice ricordo del tempo che fu, la Bologna delle osteria fuori e dentro porta è un fantasma che aleggia sinuoso nella memoria: “Negli anni ottanta Bologna era al centro del mondo. Sarà stata una coincidenza, ma erano anni magici. Mauro Malavasi che sfondava negli Stati Uniti, Vasco e il suo innovativo linguaggio rock, Dalla, Guccini e ancora Claudio Lolli che ho amato molto o gli Skiantos, assolutamente geniali. Era l’epoca in cui Bologna comunicava all’Italia una cultura specifica, sembrava la Parigi bohemienne dei primi del novecento. Poi sono arrivate le regole restrittive, i regolamenti per ogni cosa. Oggi non si può più nemmeno mangiare un boccone in una trattoria alle tre di notte. Sono felice che il mondo vada avanti, ma ricorderò sempre quel bel momento libertario dove stare insieme era più sano”.
“E gli anni passano, gli amori finiscono, le band si sciolgono senza un perché”, cantava proprio Carboni nel penultimo disco: “Oggi ascolto poche cose. Mi piacciono I Ministri, ma molti brani che mi arrivano, per avere un mio parere in merito, sono copie del suono anni settanta”.
Ma ancor più che di fronte ad una crisi creativa sembriamo essere di fronte ad un cambiamento strutturale del mondo della musica: “Le case discografiche vecchia maniera stanno scomparendo. E prima di sparire hanno fatto un grande danno: non hanno investito sugli autori, ma solo sugli interpreti. Così in futuro il nuovo talento uscirà con più facilità dalle zone alternative e underground della musica piuttosto che dalle grandi major del disco”.
Anche se la crisi non è solo del mercato discografico ma del mercato tout court: “Sento molto questo conflitto sociale nato dalla crisi economica attuale. Ma subito penso ai miei genitori che hanno vissuto una situazione ben più drammatica uscendo dalla guerra. La mia generazione e quella successiva alla mia hanno trovato davanti a sé una vita molto comoda. Allora oggi bisogna mettere in campo una nuova mentalità e un nuovo spirito di sacrificio. Saranno momenti duri e difficili, ci vorrà umiltà ed elasticità nel fare certi tipi di lavori e si dovrà essere un po’ meno snob”.