Al San Raffaele venivano creati fondi neri, ma lui non sapeva dove finissero. E’ la versione fornita agli inquirenti da Pierangelo Daccò, interrogato davanti al gip Vincenzo Tutinelli nel carcere di Opera nell’ambito dell’inchiesta sul crac del gruppo ospedialiero milanese fondato da don Luigi Verzé. Daccò era stato fermato il 16 novembre, perché si temeva una sua fuga all’estero, e il giudice avevo poi disposto il suo arresto per concorso in bancarotta. Nei giorni successivi si era aggiunto un altro ordine di custodia per associazione per delinquere.

Daccò, uomo d’affari vicino a Comunione e liberazione con molteplici attività internazionali, è considerato un uomo “cerniera” tra il San Raffaele e i vertici della politica lombarda. ”Io non ho mai dato soldi a partiti, uomini politici o pubblici ufficiali”, avrebbe però detto ai pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, che cercano di capire la destinazione finale di quei fondi. Daccò,  difeso dall’avvocato Giampiero Biancolella, avrebbe escluso “tassativamente” di essere stato il collettore dei fondi verso la politica, spiegando di essere solo un fornitore come gli altri. Che, in quanto tale, sottostava alla “legge” delle sovrafatturazioni. I soldi pagati in più dal San Raffaele per l’acquisto di beni e servizi venivano retrocessi all’ente in contanti. Sulla loro sorte successiva, Daccò avrebbe risposto così: “Me lo chiede a me? Io non lo so. Io ero uguale agli altri fornitori a cui Cal chiedeva denaro”.

Ma, secondo i pm della Procura di Milano, Daccò sarebbe stato anche uno dei destinatari di queste somme, fornitegli dallo stesso Mario Cal, il braccio destro di don Verzé nella gestione del San Raffaele, morto suicida il 18 luglio. Daccò, accusato di aver creato “schermi societari” per la gestione dei fondi neri, ha sostenuto che il denaro ricevuto da Cal rappresentava la restituzione delle somme che lui aveva illecitamente versato ai vertici dell’ente ospedaliero. Anzi, Daccò avrebbe detto ai pm di essere ancora “creditore” di somme non restituitegli da Cal. La difesa si dice certa che le rogatorie inoltrate all’estero dalla Procura per verificare i movimenti dei fondi occulti dimostreranno che il denaro girato da Cal è stato utilizzato da Daccò solo per le iniziative imprenditoriali.

Si è invece svolto nel carcere di San Vittore l”interrogatorio dell’ex direttore amministrativo del San Raffaele Mario Valsecchi, arrestato il 13 dicembre per associazione per delinquere e bancarotta, che in un interrogatorio precedente aveva definito Daccò “il principale tramite tra Cal ed i politici e i funzionari pubblici”. Il manager, fa sapere il suo legale Piergiorgio Vittorini, “ha risposto alle domande” del gip Tutinelli e la difesa presenterà un’istanza di arresti domiciliari. Nel corso degli interrogatori davanti ai pm Laura Pedio e Luigi Orsi prima del suo arresto, Valsecchi aveva sempre negato di essere stato coinvolto nel sistema delle buste di contanti, scaricando le responsabilità su Cal.

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