Incastrato dalle telecamere a circuito chiuso, un poliziotto 39enne di origine campana avrebbe acconsentito più volte che avvenissero violenti pestaggi organizzati tra i corridoi del carcere di Novate di Piacenza
Li guardava pestarsi a sangue e agevolava le risse. E’ con l’accusa di tentato omicidio che una guardia carceraria dell’istituto correzionale delle Novate di Piacenza, un 39enne di origini campane, è finito ai domiciliari. Proprio ieri, infatti, la Procura di Piacenza ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare ai danni dell’agente e di altri due detenuti con la pesantissima accusa di tentato omicidio. Le indagini risalgono alla scorsa estate quando la convivente di un detenuto di 45 anni e originario del genovese, sporge denuncia per percosse: la donna racconta infatti di un violento pestaggio ai danni del compagno, ricoverato in ospedale con 40 giorni di prognosi per un grave trauma facciale con fratture multiple.
Ma alla richiesta di spiegazioni e sul perché della faccia tumefatta, il detenuto è restio a raccontare quanto accaduto. Tra giugno e luglio partono quindi le indagini coordinate dal sostituto procuratore Ornella Chicca e ricostruiscono i brutali pestaggi di cui il 45enne era protagonista: nel giro di un mese, il genovese subisce infatti tre aggressioni da parte di altri detenuti e l’apice è raggiunto il primo luglio quando, nel corridoio della struttura, un “pestaggio punitivo” aveva coinvolto sei o sette detenuti. Ma l’attenzione degli inquirenti si sposta quasi immediatamente sul comportamento dell’agente di polizia penitenziaria.
Visionando i filmati delle telecamere a circuito chiuso del carcere e dopo colloqui con alcuni testimoni, risulta che l’agente non è mai intervenuto per sedare le risse ma, anzi, le agevolava permettendo anche a detenuti di altre sezioni di accedere al corridoio dove andavano in scena i brutali pestaggi. L’ipotesi degli inquirenti è quindi quella di avere un agente di Polizia penitenziaria in combutta con i detenuti, favorendone attività illegali e pestaggi. Una posizione, quella dell’agente, resa ancora più grave dalle dichiarazioni contraddittorie messe per iscritto nelle relazioni di servizio: al maxi pestaggio del primo luglio, il 39enne scrive di non essere intervenuto prima per garantire la sua incolumità, poi per aver erroneamente pensato ad una banale zuffa tra il genovese ed il suo compagno di cella.
Alle dichiarazioni contraddittorie si aggiunge anche il non aver mai utilizzato il telefono cordless in dotazione alla Polizia per chiamare rinforzi e all’aver negato che alla rissa avesse partecipato un 23enne peruviano che, secondo l’agente, sarebbe stato in una saletta del carcere ma che le immagini della videosorveglianza interna inchiodano sul luogo del pestaggio.
“Questo è un fatto molto grave –commenta il sostituto procuratore di Piacenza, Antonio Colonna- connivenze come quelle emerse nel corso delle indagini tra detenuti e personale di polizia penitenziaria sono inammissibili. Comportamenti di questo tipo vanno a ledere l’immagine di tutti quegli agenti che fra mille difficoltà svolgono nelle strutture penitenziarie il loro compito con professionalità e correttezza garantendo la sicurezza di tutti i detenuti”.
L’agente, raggiunto da un’ordinanza di custodia, si trova ora ai domiciliari e dovrà rispondere dell’accusa di tentato omicidio e falso. Anche due detenuti, un sudamericano di 23 anni e un marocchino di 36, dovranno rispondere di tentato omicidio per il pestaggio ai danni del genovese.