L’ultima trovata della giunta regionale della Sardegna per combattere la disoccupazione giovanile? Usare quasi 10 milioni di euro per finanziare 3.200 stage. Fin qui tutto bene. Tutti stage di 6 mesi. E qui un pò meno bene, perché la durata dovrebbe essere commisurata al progetto formativo, e suona un pò strano che 3.200 stage abbiano tutti bisogno della stessa quantità di tempo.
Ma lo scandalo è che la stragrande maggioranza di questi stage, come abbiamo denunciato e documentato sulla Repubblica degli Stagisti, riguarda posizioni di basso o bassissimo profilo. Mestieri dignitosissimi – l’operaio, il cameriere, l’aiuto cuoco, l’inserviente, l’addetta alle pulizie, la cassiera, il commesso, la banconista, il panettiere, il barman – ma che non hanno affatto bisogno di un periodo di addestramento tanto lungo. Mestieri per cui a nessuno, fino a pochi anni fa, sarebbe venuto in mente di richiedere 6 mesi di formazione.
Eppure scorrendo le centinaia e centinaia di annunci pubblicati sul sito ufficiale Sardegna Tirocini, direttamente collegato all’agenzia regionale per il lavoro, si trovano pochissimi tirocini ad alto contenuto formativo – dove i 6 mesi siano giustificati da una mansione complessa da apprendere. Al contrario ci si imbatte in una miriade di offerte per cui è prevedibile che, dopo i primi giorni di addestramento, gli stagisti saranno perfettamente in grado di svolgere le mansioni in autonomia: e saranno quindi, di fatto, dei dipendenti aggiuntivi per le aziende, dipendenti però a costo zero (al rimborso spese, 500 euro al mese per 32 ore settimanali, ci pensa la Regione senza chiedere alcun co-finanziamento da parte dei soggetti ospitanti), senza diritti e senza alcuna certezza che allo stage seguirà un vero contratto.
Un vero e proprio regalo a centinaia di imprese – e anche qualche ente pubblico: c’è una Asl che ha pubblicato addirittura una decina di annunci, compresi uno per autista e uno per idraulico. Tra gli annunci più controversi quelli di una lavanderia che cerca una stiratrice; una stazione di servizio che metterà il tirocinante alla pompa di benzina a vendere carburante; una pizzeria che offre formazione (val bene ricordarlo: per ben 6 mesi) per il mestiere di inserviente di cucina.
L’indignazione corre sulla Rete e sono centinaia i giovani, in primis naturalmente i sardi, che si stanno ribellando a questo progetto, evidenziandone le falle macroscopiche. Tra l’altro un ulteriore aspetto imbarazzante è che i 3.200 tirocini sono riservati ai maggiori di 26 anni, addirittura ai maggiori di 30 se laureati: una scelta ben poco comprensibile, che finisce per tagliare fuori i più giovani (proprio quelli a cui invece i tirocini dovrebbero essere rivolti) e incentivare gli stage in età avanzata – quando invece quello che si cerca e che si vorrebbe ottenere è un lavoro vero, con un contratto vero e una retribuzione vera. Dieci milioni di euro spesi così. Cosa risponderà la giunta Cappellacci per giustificarsi?