Kim Jong Il, leader supremo della Corea del Nord, è morto. La notizia è stata diffusa oggi dalla tv di stato nordcoreana, ma la morte è avvenuta due giorni fa. Secondo la versione ufficiale, il “Caro leader” – questo il suo titolo ufficiale – al potere da 17 anni, è morto d’infarto – aveva 69 anni – “a causa del troppo lavoro”, mentre viaggiava su un treno nei dintorni della capitale Pyongyang. Da quello che si sa dell’elusivo leader, un altro infarto lo aveva colpito nel 2008 e la sua salute era stata precaria fin da allora, tanto che, per la prima volta, il regime nordocoreano si preparava a una transizione con il leader supremo ancora in vita. Il passaggio di consegne sarebbe dovuto avvenire l’anno prossimo, nel 2012, una data simbolicamente importante per il regime, perché coincidente con il centesimo anniversario della nascita di Kim Il Sung, padre di Kim Jong Il, “Presidente eterno” del paese e fondatore dello stato nordocoreano, al termine della guerra con il Sud (1950-53), conclusa con un armistizio ma mai con un trattato di pace.
Il video dell’annuncio
La transizione pilotata doveva servire a evitare il periodo di confusione seguito alla morte del Presidente eterno, nel 1994, che per tre anni ha quasi paralizzato la macchina burocratica della Corea del Nord, uno degli stati più chiusi del mondo. Nei due giorni trascorsi tra la morte del presidente e l’annuncio, è stato deciso che la guida del paese passa a Kim Jong Un, terzogenito di Kim Jong Il, già nominato al vertice di una serie di istituzioni pubbliche fin dall’anno scorso. Lo speaker della tv di stato nordcoreana che, in lacrime, ha dato la notizia ha aggiunto subito dopo l’esortazione ai cittadini e alle forze armate di «riverire fedelmente il rispettabile compagno Kim Jung Un», segnalando così che la cessione del potere era avvenuta. Il periodo di lutto nazionale durerà fino al 27 dicembre e i funerali del Caro leader si terranno il giorno successivo.
Accanto alle condoglianze ufficiali, arrivate dalla Cina, dal Giappone e dell’Australia, l’attenzione internazionale si concentra sui possibili sviluppi per il paese e per le relazioni con la Corea del Sud. Seul ha messo le forze armate in stato di allerta, anche se il presidente Lee Myung-Bak ha incoraggiato i cittadini a «proseguire con le loro attività di ogni giorno senza tensione o preoccupazione». Il nuovo presidente nordocoreano, infatti, è relativamente sconosciuto e c’è grande attesa tra gli osservatori internazionali per capire quale possa essere la sua politica. Kim Jong Il, dopo alcuni segnali di distensione verso il Sud, aveva sostanzialmente proseguito nel solco della politica paterna, ovvero privilegiare su ogni altra considerazione il continuo potenziamento dell’apparato militare, principale struttura su cui poggia il regime. Le relazioni con il Sud sono state segnate da periodici scatti di tensione, soprattutto legati a incidenti nelle contese acque territoriali tra i due paesi, alternati a timide aperture reciproche, come il programma per le visite delle famiglie divise dal confine sul 38esimo parallelo, il più militarizzato del mondo.
Con gli Usa, che mantengono in Corea del Sud circa 30 mila soldati, invece, dopo che George W. Bush inserì il regime nordcoreano nel suo famoso elenco dell’Asse del male (2002), le relazioni sono state molto tese a partire dall’ottobre del 2006, quando la Corea del Nord condusse il suo primo test nucleare, un’esplosione sotterranea, seguito da un secondo esperimento tre anni più tardi. Il programma nucleare – sulla cui credibilità molti esperti dubitano – ha fatto scattare le sanzioni internazionali, molto dure per un paese già povero e colpito a più riprese negli ultimi quindici anni da una serie di carestie. Canale di comunicazione tra la Corea del Nord e il resto del mondo rimane la Cina, il cui ruolo nella transizione che si apre adesso e nella possibile apertura del paese alle relazioni con il resto del mondo diventa a questo punto ancora più essenziale.
La prima conseguenza concreta della morte di Kim Jung Il, però, riguarda i mercati: la Borsa di Seul ha perso quasi il 3,5 per cento, a causa della preoccupazione per una possibile escalation politica e militare, di cui, però, al momento non si vedono segnali.
di Joseph Zarlingo