Sono Casaeffe, Progetto casa e Casa mia, presiedute dall'indagata Isabella Pini. Indagini ritardate (i reati di bancarotta fraudolenta risalgono al 2005-2006) per via dell'allora ministro dello sviluppo economico, Scajola, che in evidente conflitto d’interessi aveva nominato tre commissari per il fallimento delle coop: una parente, una socia dei presunti fautori del crac e un collega di partito (Alessandro Colliva) che si era occupato delle scritture contabili dei terreni edificabili dai prezzi gonfiati
Tre cooperative edili fallite, i dirigenti regionali del Pdl Isabella Pini e Alessandro Colliva indagati, compravendite gonfiate e lavori mai eseguiti che stanno gettando sul lastrico decine di piccoli risparmiatori. La Procura di Modena ipotizza il reato di bancarotta fraudolenta per un gruppo di imprenditori e consulenti artefici di operazioni che dal 2005 al 2007 avrebbero provocato default da circa 20 milioni di euro.
L’inchiesta della Guardia di Finanza sconta però un ritardo istituzionale sulla dichiarazione d’insolvenza, quello dell’allora Ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. La disattenzione ‘immobiliare’ stavolta non riguarda la casa con vista Colosseo pagata dal costruttore Diego Anemone all’insaputa del senatore ligure, vicenda per cui a Roma si trovano imputati di finanziamento illecito, ma la nomina di tre commissari delle coop modenesi in liquidazione coatta amministrativa. Scajola, tenendo conto della rosa di candidati dell’ Unci (Unione cooperative di area ‘bianca’ presente nel Cnel), nel maggio 2009 firmò la nomina di una parente, un collega di partito e una socia dei presunti fautori del crac. Un conflitto d’interessi tale da imporre sette mesi dopo l’annullamento del decreto con la scelta di un nuovo commissario e non difficile da cogliere: Casaeffe, Progetto casa e Casa mia erano amministrate dalla Pdl modenese Isabella Pini, già responsabile regionale per le pari opportunità e le emergenze umanitarie, ma soprattutto consigliere dell’Unci, dal 2010 con delega ai rapporti con Governo e Parlamento.
Tra gli indagati figurano anche Laura Ferrari, figlia del direttore finanziario di CoopEstense (big della distribuzione in Legacoop) Vincenzo e il costruttore Pierino Mazzola, nella veste di legali rappresentanti del consorzio “Il Mattone” e di Nyumba srl. Le società comprarono terreni edificabili per rivenderli alle coop a prezzi gonfiati iperbolicamente: ad esempio il 26 gennaio 2007, nel giro di poche ore, il medesimo notaio firmò l’acquisto di un’area di San Cesario a 2 milioni e 500mila euro e la vendita a 5 milioni e 800mila. Ad occuparsi delle scritture contabili delle coop era l’ingegnere bolognese Alessandro Colliva, ex responsabile regionale di Forza Italia per i settori no profit e lavoro, revisore dei conti su incarico dell’Unci e socio della Ge.Co.Consulting che svolse consulenze e ricerche per Casa mia.
‘Il Mattone’, costituito dalle ‘creature’ della Pini e da quattro società vicine, subappaltava i lavori edili e li fatturava raddoppiati alle coop, finanziate in particolare da Unicredit. Secondo gli inquirenti parte dei proventi è stata utilizzata per stipulare 360mila euro di polizze assicurative pagate dal consorzio: nel 2008 sono stati versati premi per 150mila euro intestati alla sola Pini. La dichiarazione d’insolvenza in tribunale arriva però solo nel settembre 2010, richiesta dal Pm Claudia Natalini non appena ricevuta la relazione del nuovo commissario liquidatore, l’avvocato Anna Caterina Miraglia. Un anno e mezzo prima, il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola aveva nominato i tre commissari in conflitto d’interessi: per Casaeffe Daniela Varrini (non indagata), nuora dell’amministratrice, per Progetto casa la presidente del consorzio Laura Ferrari, per Casa mia il superconsulente Alessandro Colliva.
Ad alzare il coperchio fu l’esposto dell’ottobre 2009 firmato dall’avvocato Davide Guidi, legale di numerosi soci di Casa mia che avevano anticipato anche fino a 130mila euro per acquistare gli appartamenti, cento unità abitative a Vignola di cui solo una trentina già andati a rogito. La maggioranza, operai e impiegati che avevano dato fondo ai risparmi di famiglia all’atto del preliminare, non sono terminati o comunque restano privi di agibilità. Le anomalie, secondo l’avvocato Guidi, non si sono fermate con la revoca dei commissari. Come recitano gli esposti del legale modenese al Ministero nella primavera 2011, per dare corso alle opere di urbanizzazione necessarie all’abitabilità (fognature, illuminazione) il nuovo commissario “ha scritto in un’istanza al Ministero la disponibilità di soci che non l’avevano concessa”.
Inoltre, “una nuova perizia della consulente della Miraglia stabiliva l‘aumento del valore da 1500 euro al mq a 1800 euro senza tener conto del crollo del mercato e degli evidenti vizi e difetti degli immobili emersi nella perizia del consulente del tribunale di Modena”. Le due risposte ufficiali, che minimizzano i fatti, sono state scritte su carta intestata del dipendente del Ministero Mara Pepe, forse un’omonima della Mara Pepe che figura nel comitato di vigilanza. “Una decina di rogiti – dichiara l’avvocato Guidi – sono stati sì stipulati, ma a prezzi ben diversi e molto superiori sia da quelli originariamente pattuiti sia da quelli di mercato e alla condizione ‘visto e piaciuto’. Le famiglie sono state costrette a comprare perchè l’alternativa sarebbe stata finire in coda alla lista dei creditori”.