Rispondo a un commento al mio post precedente lasciato da Marco Moiso il 16 dicembre 2011 alle 13.38:
Carissimo Segretario,
L’aver militato nel suo partito è stata una bellissima esperienza.
Venire a Londra, studiare economia, vivere in una città davvero cosmopolita e appartenente a uno stato che affronta sfide globali sono tutte cose che mi hanno allontanato dal suo partito. Devo dire che, però, l’umanità dei comunisti in Italia è qualcosa di speciale e unico. Leggere le sue parole, ascoltarla in tv, trovare il suo blog sul Fatto Quotidiano, mio giornale di riferimento, sono tutte cose che mi danno una grandissima soddisfazione, mi fanno ben sperare.
Quello che mi preoccupa però è che in Italia non sembra esserci nessuno capace di coniugare la sensibilità dei comunisti con un programma politico, economico e sociale all’altezza delle sfide che l’Italia si trova oggi a dover affrontare. Sembra che nessuno capisca (né politici né cittadini) che viviamo in una società globale e che abbiamo bisogno di tutelare i nostri interessi su scala globale facendo sacrifici che servano a rendere il nostro Stato “competitive” a livello globale.
Non mi stupisco dell’esistenza dei poteri forti, delle lobby o dell’esistenza di gruppi dirigenti che decidono nell’interesse del popolo, o che dovrebbero farlo. In tutte le filosofie politiche queste sono cose naturali e trovo inutile questa ondata populistica, questa caccia alle streghe nei confronti della politica, dei politici e dei gruppi dirigenti in generale. Quello che mi preoccupa, però, è che sembra che nessuno di questi poteri sia più capace di governare – e per me governare è una parola che sottintende molto altro – il nostro paese.
E allora oggi abbiamo bisogno di tanti Diliberto, di tanti Travaglio e di tante altre persone pronte a denunciare la cultura che si è instaurata in Italia… ma chi ci aiuterà davvero a ricostruire questo paese? … Parlo di immagine, industria, professionalità, modernità, ottimizzazione e molte altre cose che sembrano oggi molto lontane…
Un suo amico, che, come tanti, non pensa di tornare in Italia… per ora.
Caro Marco,
Sono rimasto particolarmente colpito dal tuo commento al mio post. Non tanto per le parole di sincero apprezzamento, delle quali comunque ti ringrazio, ma per le esigenze – vorrei dire le urgenze – che sollevi. Il berlusconismo ha segnato di sé il nostro paese e costretto il dibattito politico della sinistra ad assestarsi su temi di “difesa democratica”: processi, conflitto di interessi… sino alle ignobili vicende del bunga bunga. Ciò avveniva mentre l’Italia, sostanzialmente anestetizzata, sprofondava nella recessione e subiva l’aumento delle corruttele e, soprattutto, delle ingiustizie e delle disuguaglianze sociali.
Adesso ci siamo liberati da Berlusconi, almeno per ora, ma non ancora dal berlusconismo. Però questa fase di profondissima crisi economica globale e nazionale restituisce alla sinistra l’opportunità di tornare a parlare di cose concrete, della materialità della vita delle persone. La sinistra torna ad avere la possibilità di ritrovare gli spazi per avanzare il suo programma economico e sociale.
È proprio questo il tema che tu poni con efficacia.
Noi non siamo fuori dalla storia. Ne comprendiamo, anzi, tutte le contraddizioni. Ed avanziamo proposte per governare quei processi complessi che consentirebbero al nostro paese non solo di salvarsi, ma anche di crescere imboccando la via dell’equità e dei diritti. È il contrario di ciò che si sta facendo con la manovra economica del governo Monti. Una manovra non solo iniqua e ingiusta, ma che è anzitutto sbagliata. Perché costringe l’Italia ad una cupa recessione.
Il Centro Studi di Confindustria – non la Pravda! – scrive che “l’inverno della recessione si è affacciato sull’economia dell’Eurozona” e soggiunge che il 2013 si chiuderà con 957mila unità di lavoro e con 800mila persone occupate in meno rispetto all’inizio del 2008. E prevede un calo del Pil di 1,6 punti percentuali per il 2012. Una situazione drammatica. Che si poteva e si doveva evitare.
Monti ci ripete che non vi era alternativa, pena il fallimento totale del nostro sistema dei conti pubblici. Noi respingiamo questa tesi. Per salvare il nostro Paese e l’Euro potevamo reperire anche più risorse, molte di più, di quelle della manovra Monti, senza andare a colpire i soliti noti: lavoratori, pensionati e precari.
Potevamo, dovevamo recuperare ben maggiori risorse dall’evasione fiscale (che la Corte dei Conti stima al 18% del Pil: oltre 250 miliardi di euro).
Potevamo, dovevamo mettere una tassa patrimoniale da almeno 10 miliardi.
Potevamo, dovevamo disdettare il contratto d’acquisto dei 131 caccia militari Lockheed Martin F-35 Lightning II che ci costeranno 20 miliardi di euro.
Potevamo, dovevamo tagliare gli oltre 30 miliardi che vengono distribuiti a fondo perduto alle imprese private senza alcuna vigilanza sulla produttività di tali investimenti (altro che casta, un vero finanziamento di classe!).
Potevamo, dovevamo, come hanno già fatto Germania e Gran Bretagna, firmare l’accordo con la Svizzera per il rientro dei capitali italiani incassando subito 20-30 miliardi, mettendo così fine alla colossale impennata di viaggi verso Lugano cui assistiamo da questa estate.
Si potevano recuperare fino a 100 miliardi di euro senza colpire le pensioni e il lavoro, aumentare le tasse e tagliare i fondi alle regioni e agli enti locali.
Noi avremmo fatto così. Mettendone metà sul risanamento dei conti e metà sullo sviluppo, il lavoro e la crescita economica, investendo su tre settori fondamentali: cultura, giovani e meridione.
Per noi questo significa “governare”, per come la dici tu. Sono cose da estremisti? Sono proposte che non tengono conto della situazione economica internazionale? Noi vogliamo salvare l’Italia: salvarla dalla Bce e dalla speculazione internazionale, ma anzitutto da se stessa e dalla sua incapacità a realizzare proposte che non siano sempre e solo repliche di ricette che hanno già dimostrato quanto siano fallimentari.
Per fare questo c’è bisogno di una sinistra più forte e più unita in Italia. E, soprattutto, c’è bisogno che tanti giovani preparati come te – e come chi si è mobilitato in questi anni – si convincano che le alternative ci sono, se ciascuno di voi decide di impegnarsi in un progetto comune di trasformazione per cambiare lo stato di cose presente.