Per il colosso industrial-militare Lokheed-Martin, produttore dell’F35 è un successo commerciale insperato, che da una nuova spinta al programma F35, il più costoso progetto militare della storia e anche uno dei più controversi.
Il nuovo caccia, infatti, è stato messo in cantiere per la fase di progettazione e sviluppo, a metà degli anni novanta, con l’idea di abbattere i costi di produzione grazie all’ambiziosa idea di costruire una piattaforma comune per l’Us Air Force, l’aviazione della marina e quella dei marines. L’idea è quella di rimpiazzare una lunga serie di modelli: dagli F15 da superiorità aerea agli Harrier a decollo verticale fino agli F18 imbarcati sulle portaerei. Il progetto è stato proposto anche ad altri paesi, tra cui l’Italia che ha un’opzione per 131 F35 per l’Aereonautica militare e da imbarcare sulla portaerei Cavour. L’Italia, peraltro, non partecipa solo all’acquisto dei mezzi, ma anche all’assemblaggio di alcune parti nello stabilimento della base aerea di Cameri, in provincia di Novara, anche se non è un “partner di prima fascia” come la Gran Bretagna, cha contribuito alla fase di sviluppo con 2,5 miliardi di dollari. Oltre all’Italia (che finora ha contribuito con 1 miliardo di dollari) e alla Gran Bretagna, nel progetto sono coinvolti l’Olanda (800 milioni), il Canada (400 milioni), la Turchia (175 milioni), l’Australia (144 milioni), la Norvegia (122 milioni) e la Danimarca (112 milioni) mentre si sono detti interessati all’acquisto anche Israele (100 esemplari) e Singapore.
Nonostante le “buone” intenzioni industriali del Pentagono – e a causa dell’ambiziosa idea di una sola piattaforma utilizzabile per diversi compiti – i problemi dell’F35 sono stati chiari fin dall’inizio: difficoltà di progettazione per le diverse varianti, riluttanza statunitense a condividere una parte della tecnologia, soprattutto quella relativa all’elettronica imbarcata e ai sistemi di puntamento, oltre che alle caratteristiche stealth del caccia. A tutto ciò si sono sommate le difficoltà economiche degli ultimi anni, tanto che diversi paesi hanno ridotto le previsioni di acquisto. Lo stesso Pentagono che in origine doveva comprare 2443 aerei su un totale di 3100 che dovrebbero essere prodotti entro il 2035 sta rivedendo al ribasso le previsioni di spesa. Per l’aviazione navale italiana, per esempio, è sorto il problema che la versione da portaerei potrebbe richiedere un ponte di volo più lungo di quello della Cavour, rendendone impossibile l’impiego a bordo della nuova ammiraglia della Marina militare. La Norvegia, invece, che prevede di comprare 48 pezzi, ha minacciato di tagliare l’ordine se non ci saranno più cospicue commesse per l’industria nazionale.
I problemi di progettazione (soprattutto per le versioni navali e a decollo corto) hanno fatto lievitare enormemente i costi industriali. Dagli originali 62 milioni di dollari a esemplare – già una cifra ragguardevole – si è arrivati, alle ultime stime – a 112,4 milioni tenendo conto anche della fase di produzione. L’entrata in servizio del nuovo caccia era prevista per il 2014, ma per le versioni più “difficili” potrebbero esserci ulteriori ritardi. Tanto che il Pentagono ha messo “sotto osservazione” per due anni una fase del progetto con il rischio che, in base a una legge sui costi dei progetti militari, se i costi, già al limite, dovessero aumentare ancora, l’intero progetto rischia di essere cancellato.
L’Italia, sulla base del documento di programmazione pluriennale A/R SMD 2/2009, approvato dalle competenti commissioni parlamentari, prevede di spendere per i suoi F35 poco più di 17 miliardi di euro, fino al 2026, compresi i costi di approntamento dell’impianto di Cameri e quelli per adeguare i quattro aeroporti militari dove sono di stanza i reparti dell’Ami che riceveranno il nuovo caccia.
E se molti analisti hanno dubitato e continuano a dubitare delle capacità complessive dell’F35 rispetto ai prevedibili concorrenti e avversari, come il russo Su-35, la decisione giapponese è di sicuro una buona notizia per l’industria e per i governi decisi a difendere a tutti i costi il progetto.
di Joseph Zarlingo