Il New York Times del 20 dicembre ha riportato che un organismo politico statunitense, il National Science Advisory Board for Biosecurity, ha pregato i comitati editoriali delle due prestigiose riviste scientifiche Nature e Science di censurare parzialmente alcuni articoli scientifici sul virus dell’influenza, per ragioni di sicurezza.
L’antefatto di questo episodio è in un congresso tenuto a settembre scorso a Malta, la quarta ESWI Influenza Conference, nel corso del quale erano stati presentati i risultati di esperimenti di manipolazione genetica sul virus dell’influenza aviaria H5N1, che ne avevano enormemente aumentato la contagiosità e la letalità. Lo scopo di questi esperimenti era quello di determinare quante e quali mutazioni casuali fossero necessarie per aumentare la virulenza del virus, che al momento attuale causa una malattia relativamente lieve con una mortalità inferiore a 1 caso su 10.000. Conoscere in anticipo quali mutazioni possono trasformare un virus di modesta pericolosità in un killer capace di produrre epidemie e stragi è importante: può permettere infatti di produrre con grande anticipo vaccini efficaci. Queste notizie, riportate sul sito web della conferenza e sulla rivista Scientific Americanavevano suscitato grande interesse tra gli addetti ai lavori ma non avevano raggiunto il pubblico.
Oggi però, fatti i necessari controlli gli autori hanno preparato pubblicazioni scientifiche per le riviste più importanti e più diffuse e si è posto il problema di come possano essere rese pubbliche ricerche che potrebbero essere utilizzate dal terrorismo internazionale: il virus super-letale è un’arma, e la ricetta per produrlo fa gola. Per questo il National Science Advisory Board for Biosecurity ha pregato i direttori delle due riviste scientifiche più influenti, Nature e Science, di pubblicare questi risultati in una versione “purgata”, tale da non consentire che siano replicati. La preoccupazione è condivisibile ma se il consiglio venisse seguito la pubblicazione dei risultati sarebbe di scarsa utilità: se il virus semi-artificiale non può essere riprodotto nei laboratori interessati a preparare i vaccini adeguati l’intera ricerca perde molto del suo valore e significato. Questa è la prima volta che un organismo governativo cerca di intervenire sulle decisioni di politica editoriale delle riviste scientifiche e di opporsi alla diffusione di informazioni ritenute rilevanti, ed è chiaro che apre un dilemma etico importante, che non può essere risolto da nessuna posizione estremista o preconcetta.
Io credo che le censure, anche se motivate da legittime preoccupazioni, siano inutili: tenere i segreti è difficilissimo, specialmente se questi riguardano risultati della ricerca scientifica, che i ricercatori discutono pubblicamente in congressi e riunioni informali. Se una informazione è pericolosa, forse è meglio non produrla affatto. D’altra parte se una organizzazione terroristica è in grado di riprodurre un super-virus copiando procedure note, è probabilmente anche in grado, con un po’ più di lavoro, di prodursi il suo super-virus da sola; e questa volta davvero in segreto. In conclusione: è meglio pubblicare tutto e sperare che questo aiuti a trovare un vaccino efficace piuttosto che cercare di mantenere segreto il dato e trovarsi senza il vaccino quando se ne ha bisogno.