Non è finita. Ci sarebbero ancora altre partite truccate. Lo avrebbe raccontato ieri Carlo Gervasoni, il giocatore del Piacenza arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulle partite truccate, nel corso del suo interrogatorio davanti al gip Guido Salvini e al procuratore Roberto Di Martino, a Cremona. Sarebbero gare di categorie minori oltre a quelle contenute nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale è stato disposto il carcere per il giocatore e altre 17 persone. “Il mio assistito sarà sentito di nuovo” ha spiegato l’avvocato del calciatore, Giulio Alleva. “Presentare istanza di scarcerazione? Faremo le riflessioni che dobbiamo fare con gli altri difensori – taglia corto Alleva – Il ragazzo è sereno? Come può esserlo uno che sta in carcere per quattro giorni per la prima volta nella sua vita?”.
Ieri è stato sentito anche Luigi Sartor. L’ex difensore però si è avvalso della facoltà di non rispondere. “Sfatto, con le lacrime agli occhi, con la barba lunga e gli stessi vestiti da tre giorni” è invece apparso Cristiano Doni, in carcere, a Daniele Belotti, l’assessore regionale e tifoso atalantino, che lo ha visitato assieme al deputato Giacomo Stucchi. “Siamo andati per vedere dal punto di vista umano in che condizioni fosse” ha spiegato Belotti, per cui gli sviluppi dell’inchiesta sono stati uno choc: “A giugno con tanti tifosi ci siamo spesi per difendere l’onore dell’Atalanta per un attacco mediatico che allora era basato sul nulla. Tornerei a farlo, ma – ha aggiunto – con le prove di ora il quadro cambia”.
Promesse e bestemmie, sfoghi e calcoli, comicità involontarie e terrore puro. Nel vocabolario e nelle storie dei (presunti) protagonisti del calcioscomesse grottesco e illecito vanno di pari passo, sullo sfondo di un unico denominatore comune: la sete di denaro, che accomuna campioni da copertina a carneadi del pallone, sino a mediatori oscuri. Degni di un film tragico, ma pure comico.
Filippo Carobbio – Il rigore sbagliato dal “negro”
Centrocampista dello Spezia (Prima Divisione), 32 anni, per gli inquirenti è uno dei cinque, principali referenti italiani dell’organizzazione di Singapore, che muoveva tutto. Carobbio avrebbe contribuito a truccare almeno cinque partite di Serie B tra il 2009 e il 2011. Quattro gare del Grosseto, con cui ha giocato il campionato 2009-2010, e una del Siena (Siena-Piacenza), con cui ha disputato la scorsa stagione. Davanti al gip di Cremona, Guido Salvini, il mediano avrebbe ammesso di “essere stato a disposizione” degli scommettitori. Secondo Carobbio, sarebbero state manipolate anche alcune partite dell’Albinoleffe, dove ha giocato tra il 2007 e il 2009. A inchiodare il centrocampista sono (anche) 25 sms che il 23 maggio 2010 scambia con Almir Gegic: il capo degli “zingari”, ovvero i rappresentanti per l’Est Europa del clan di Singapore. Quel giorno si giocava Grosseto-Reggina, una delle gare sotto inchiesta. Secondo gli accordi, dovevano vincere i calabresi. E Carobbio, allora nel Grosseto, doveva “garantire” il risultato. Ma all’ 88 esimo, sul 2 a 1 per la Reggina, arriva un rigore. Sul dischetto va il capitano dei toscani, Consonni che segna. “Sono andato io a tirare per togliere qualche mio compagno dall’imbarazzo” dirà poi il giocatore. Dopo la gara, Carobbio si sfoga con gli zingari: “Stava andando tutto bene e già avevamo fatto un miracolo, perché la Reggina non superava metà campo. Purtroppo quel negro (il suo compagno Joelson, ndr) non ha tirato il rigore, che avrebbe dovuto sbagliare”.
Roberto Di Martino – Il pm della “sensazione”
Lunedì scorso, quando ancora le agenzie battevano le notizie dei 17 arresti, ha subito chiarito: “Questo è solo un punto di partenza”. Perché Roberto Di Martino, pm di Cremona che gestisce “Last Bet”, è convinto che quello delle scommesse nel calcio sia un pozzo senza fondo. E vuole scendere in profondità, per più metri possibile. La scorsa estate, quando deflagrò il primo troncone dell’inchiesta, Di Martino fece discutere per la sua loquacità con la stampa. E per una frase: “Ho la sensazione che ci siano stati accordi tra le società di Serie A per determinare certi risultati: sensazione, non una prova”. Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, lo rampognò: “Auspichiamo che tutto questo possa portare all’accertamento di fatti e responsabilità e non sensazioni”. Il procuratore di Cremona controreplicò subito: “È difficile criticare senza conoscere le situazioni. In molti mi hanno parlato di combine in A”. L’obiettivo principale di Di Martino che va a caccia grossa, e non ha paura di dirlo.
Cristiano Doni – “Fantozzi, è lei?”
È l’uomo-copertina dello scandalo, l’asso passato pure per la Nazionale e inciampato nella giustizia per l’ennesima volta. Cristiano Doni, 38 anni fantasista ed ex-idolo intoccabile dell’Atalanta, viene iscritto sul registro degli indagati di Cremona lo scorso 31 maggio. Per gli inquirenti era il principale referente dell’organizzazione per le partite truccate in Serie B. In particolare, avrebbe combinato tre partite della sua Atalanta. Un paio di mesi dopo, Doni viene squalificato dalla giustizia sportiva per tre anni e mezzo. Il giocatore continua a proclamarsi innocente. Quattro giorni fa, all’alba, Doni viene arrestato nella sua casa di Bergamo. Alla vista degli agenti tenta di fuggire verso il garage. Secondo i magistrati, Doni avrebbe pagato la parcella dell’avvocato a Nicola Santoni, altro indagato, per spingerlo a non parlare. La certezza è che i suoi colloqui con Santoni, intercettati, regalano scampi da film di genere. “Fantozzi, è lei?” risponde Doni al suo amico. Un improbabile trucco per difendersi dalle intercettazioni, seguito da una raccomandazione a Santoni: “Fai il falsetto, fai il falsetto”. In un’altra telefonata, con il suo avvocato, Doni semina bestemmie. E si lamenta così di Santoni: “Mi ha messo nella merda”.
Almir Gegic – Lo “zingaro” di Chiasso
Come calciatore ha una biografia minima, ma secondo gli inquirenti era un capo. Lo slovacco Almir Gegic, 32 anni, ex centrocampista degli svizzeri del Chiasso, quest’anno al Rancate, è rincorso da giugno dalla giustizia italiana. Sei mesi fa, la Procura di Cremona aveva emanato per lui un primo mandato di arresto. Ma le autorità svizzere, dopo aver verificato i suoi conti correnti, l’avevano dichiarato estraneo ai fatti. Ora per Gegic (latitante da 15 giorni) è arrivata la seconda richiesta di arresto. Per i magistrati, aveva un ruolo “di primissimo piano” negli “zingari”, gruppo in diretto contatto con Singapore. “Corrompevano i giocatori, tenevano i contatti con i vertici asiatici e scommettevano cifre importanti, sino al milione e mezzo di euro” ha spiegato il pm Di Martino. La base operativa di Gegic e sodali era a Cernobbio (Como). Con i suoi presunti compagni di scommesse, tra cui i macedoni Hristyan Ilievskì e Rade Trajkovski, faceva il giro degli stadi italiani. Gegic sugli spalti anche il 1 ° aprile 2010, per assistere a Brescia-Mantova. Secondo gli accordi, il difensore del Mantova, Carlo Gervasoni, doveva favorire il risultato combinato. Ma quel giorno Gervasoni salva un gol fatto. E in una telefonata, uno degli zingari esplode: “Non ci si può credere, che imbecille!”. Un bel problema per Gegic, che alla vigilia dell’incontro aveva parlato 36 volte al telefono con Gervasoni. I magistrati sono convinti che abbia manipolato anche diverse partite del Chiasso.
Nicola Santoni – Amico sino in fondo
Ex portiere, transitato anche per il Palermo in Serie A, il 32 enne Santoni allenava i numeri uno del Ravenna, dove aveva concluso la carriera per un’anomalia cardiaca. E truccava partite, stando ai magistrati. Nell’interrogatorio dopo l’arresto, avrebbe ammesso di aver combinato Atalanta-Piacenza del 19 marzo (3-0), corrompendo i giocatori ospiti perché perdessero. Su quella gara Santoni avrebbe scommesso 30 mila euro, vincendone il doppio. Davanti al gip, ha difeso stoicamente Doni, con cui parlava di continuo al telefono. “Non so” avrebbe replicato più volte alle domande sui suoi legami con l’ex capitano dell’Atalanta. E i soldi per la parcella dell’avvocato, che gli sarebbero arrivati proprio da Doni? Secondo Santoni, il suo amico si sarebbe offerto di pagarla, ma alla fine il denaro sarebbe arrivato da Alessandro Ettori di Cervia (Ravenna), per conto di non meglio precisati “amici”. Il magistrato non è rimasto convinto. Pesa un’intercettazione del 1 ° agosto, in cui Santoni, prima di essere convocato dalla giustizia sportiva, confidava: “Niente, per me possono morire tutti, lunedì… mercoledì faccio le mie memorie”. Proposito che, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe convinto Doni a pagare le spese legali a Santoni. Per farlo tacere.
Luigi Sartor – Il contabile
Gli appassionati lo ricordano con le maglie di Parma, Inter e Roma. Ma per gli inquirenti Luigi Sartor, ex difensore di 36 anni, è il “contabile”. L’uomo di raccordo tra Singapore e gli scommettitori di Bologna, con l’ex laziale Giuseppe Signori in prima fila. In un’intercettazione, Sartor trabocca di preoccupazione: “Io ero stato in Oriente, lo sai? E ora, questo discorso che parlano delle cose orientali…”. La procura ha decine di sue intercettazioni con i personaggi coinvolti nell’inchiesta. In un’occasione, Sartor incontra all’aeroporto di Malpensa un certo Pho Hock Kheng. Un altro possibile mediatore, che voleva parlare con il “collega” italiano.
Eng Tan Seet – Il burattinaio
Il grande tessitore del filo oscuro di scommesse da capogiro e corruzioni assortite, che dall’altro capo del mondo sgonfiava il pallone a suo piacimento: ovunque. Eng Tan Seet, detto Dan, sarebbe il gran capo dell’organizzazione di Singapore. Capace di arrivare ai campionati di tutto il mondo, con la sua lunga teoria di sodali, per truccare e guadagnare: tantissimo. Per gli inquirenti, solo in Asia la sua organizzazione muove 90 miliardi di dollari. Il suo braccio destro, Wilson Perumal, è stato arrestato lo scorso febbraio in Finlandia. Una delle tante nazioni dove il clan imperava. Agli inquirenti scandinavi, ha spiegato il funzionamento della cupola: “Ci sono sei persone chiave, ed Eng dirige il gruppo. Lui ha manipolato partite della Serie A. Ha scommesso su quelle gare in Cina, servendosi di un gruppo di scommesse creato dai cinesi”.
da Il Fatto Quotidiano del 23 dicembre 2011