Quante cose si possono fare con le autostrade, qui al Nord. Raccogliere tangenti, per esempio. O risanare il bilancio comunale. Anche andare al mare da Milano in un paio d’ore, d’accordo, ma questo lo sanno tutti. La Serravalle, l’autostrada Milano-Genova, è diventata un capitolo importante dello scandalo che ruota attorno a Filippo Penati. Secondo i magistrati della procura di Monza, ai vertici della società di gestione si era insediato un gruppo di potere che spremeva tangenti dai lavori, dagli appalti, dalle consulenze. Sono da spiegare, secondo l’accusa, 450mila euro incassati dal grande mediatore Renato Sarno; 70 mila indicati da Sarno come “Spese Di Marco black” e attribuibili, secondo i pm, a Massimo Di Marco, ex amministratore delegato della Serravalle e attuale presidente di Tem (tangenziali milanesi); 200mila sarebbero stati versati sempre a Sarno in relazione a lavori di progettazione della Pedemontana; altre mazzette potrebbero invece essere state pagate in relazione ai lavori per la terza corsia e per la costruzione delle barriere antirumore dell’autostrada, oltre che per l’acquisto dal gruppo Cabassi della nuova sede della società.
Tutto era partito dai dubbi sul prezzo pagato nel 2005 da Penati, allora presidente della Provincia di Milano, per le azioni delle Serravalle comprate a caro prezzo da un venditore “speciale”, il gruppo Gavio. Anche per effetto di quell’acquisto, le azioni Serravalle in portafoglio al Comune di Milano adesso non valgono praticamente nulla. L’amministrazione di Giuliano Pisapia e dell’assessore Bruno Tabacci le vuole vendere, per fare cassa e risanare il bilancio, ma nessuno le vuole. Le prime aste sono andate deserte. Allora, come facevano gli imbonitori dei mercati, la quota Serravalle del Comune (il 18, 6 per cento) è stata messa in un bel pacchetto col fiocco insieme al 20 per cento delle più appetibili azioni Sea (gestione aeroporti di Linate e Malpensa). Il tutto al prezzo di 395 milioni di euro. Il compratore era pronto da tempo: il fondo F 2 i di Vito Gamberale, che aveva già da ottobre, con una lettera ufficiale, manifestato il suo interesse a comprare il pacco dono. Ora la gara è conclusa e Gamberale ha fatto marameo a Pisapia e Tabacci: ha lasciato dov’erano le azioni Serravalle e si è preso solo le Sea, scegliendo la seconda opzione prevista dal bando (il 30 per cento di Sea, senza azioni Serravalle, sempre allo stesso prezzo di 395 milioni).
Pisapia e Tabacci tirano comunque un sospiro di sollievo: incassano la cifra prevista, fanno quadrare il bilancio 2011 ed evitano di violare il patto di stabilità. Restano da capire un paio di cose. La prima: perché Gamberale ha fatto il furbo, dicendo a ottobre una cosa e facendone, a dicembre, un’altra. La seconda: che cosa se ne farà ora il Comune di Milano del suo inutile pacchetto di Serravalle? Gamberale spiega il voltafaccia con i cambiamenti statutari, l’uscita dell’amministratore delegato, le inchieste giudiziarie in corso. Tutta colpa di Guido Podestà, attuale presidente della Provincia, traduce Tabacci. Semmai colpa di Penati, ribatte Podestà. Lo scontro politico, così, copre e rimpalla il flop Serravalle, che mette in difficoltà il Comune, ma anche la Provincia, che deve procedere a un aumento di capitale (con quali soldi?), se vuole finanziare le opere necessarie per completare le altre autostrade del sistema (Tem, Brebemi, Pedemontana). L’ombra lunga della scelta di Penati nel 2005 continua a fare i suoi effetti: pessimi. Quell’acquisto, conti alla mano, ha fatto bene fin qui soltanto a un sistema: quello delle tangenti.