Caro presidente Monti, sappiamo che le lettere aperte ai potenti, in genere, finiscono nei cestini dei suddetti potenti troppo presi dai grandi affari di Stato per dare retta a giornalistici piagnistei.
Ma se ci permettiamo di importunarla è perché nella memorabile conferenza stampa sulla manovra (quella che passerà alla storia più per le lacrime della ministra Fornero che per il sangue spillato a contribuenti e pensionati), Lei annunciò immediati tagli ai costi della politica, poiché si rendeva conto che a un Paese costretto a subire l’arroganza della cosiddetta casta non si poteva chiedere di svenarsi senza prima avere tagliato un po’ le unghie ai rapaci in auto blu.
Non parleremo della strombazzata abolizione delle province, poi rinviata alle calende greche (è solo da mezzo secolo che se ne parla), che attribuiamo al suo candore tecnico.
Il fatto è che ciò che resta dell’Italia tramortita dallo spread viene spolpato allegramente da quei plotoni di cavallette fameliche che prosperano indisturbate nei bassifondi dei Palazzi. Ci domandiamo come Lei e il suo governo possiate rimanere insensibili di fronte a quanto, per esempio, sta accadendo alla Regione Lazio, dove gli onesti amministratori guidati dalla proba Polverini con una mano frugano nelle tasche dei cittadini che dovranno pagare ancora di più benzina, bollo auto e Irpef; mentre con l’altra regalano fior di pensioni e di vitalizi ad assessori “esterni” e consiglieri decaduti, senza dimenticare di arrotondarsi le indennità, cosicché lo stipendio di un consigliere arriva a 10 mila euro più diaria mensile più spese di segreteria.
Caro Presidente, è solo l’esempio più macroscopico e indecente di una casta che ingrassa sulla pelle dei più deboli. Fino a quando saremo costretti a sopportare una tale vergogna, approvata per giunta con tale protervia? Se Lei non ha il potere per intervenire (conosciamo l’obiezione), faccia almeno sentire la sua voce. È così difficile?
Il Fatto Quotidiano, 24 Dicembre 2011