Il religioso della Caritas bolognese, più volte in prima linea per gli emarginati, riconduce la violenza dei giorni scorsi contro senza fissa dimora e stranieri come conseguenza di una "cultura televisiva dai pochi valori". Un ricordo anche per la trans Marcella di Folco: "Una vita, la sua, tutta dedicata ad abbattere la separatezza in un mondo dove continuano ad esserci muri"
“Al di là dei casi specifici – ragiona don Nicolini – c’è forse un qualche collegamento tra quello che è successo negli scorsi giorni a Torino e a Firenze, e il pestaggio del senza fissa dimora in pieno centro città a Bologna”. “E’ la cultura televisiva e con pochi valori del berlusconismo e della destra, una cultura che purtroppo ha messo radici anche sotto le due torri”. Difficile uscirne, se non “con un’azione che parta prima di tutto dalla scuola e dalla formazione”. Anche con i tagli delle varie manovre finanziarie? “Sono convinto che la gente di Bologna sia in grado di dare prova di grandissima generosità nonostante la ferita ancora aperta da vent’anni di berlusconismo. Bisogna reagire assieme e continuare a cercare il bene comune. Ho molta speranza per il futuro”. Come poi si possa concretamente fare anche a Bologna è questione più complessa, ma don Nicolini pensa che le parole chiave siano “collaborazione, democrazia e corresponsabilità”. E sullo sfondo “le grandi potenzialità della sussidiarietà, ma non se è declinata in maniera privatistica. Quel tipo di sussidiarietà è sbagliata, io parlo di collaborazione e partecipazione, che è tutt’altra cosa”.
Conosciuto da molti in città, don Giovanni Nicolini ha guidato per anni la Caritas bolognese. Nato nel 1940 a Mantova, Nicolini si è formato negli anni del Concilio Vaticano II, ai tempi del vescovo operaio Alfred Ancel, di Giuseppe Dossetti dell’arcivescovo Lercaro. Parroco di Sant’Antonio da Padova alla Dozza, è stato lui a celebrare l’anno scorso il funerale di Marcella di Folco, storica presidentessa del Mit, il movimento italiano transessuali. “La vita di Marcella – disse in quell’occasione – è stata tutta dedicata ad abbattere la separatezza in un mondo dove continuano ad esserci muri”. Parole lontanissime dalla posizione dei gruppi cattolici che, piuttosto che restare nella Consulta per la famiglia di Bologna in cui stavano per entrare due associazioni gay, hanno preferito abbandonare l’organismo consultivo tra accuse e polemiche. Sulla questione il religioso non ha voluto esprimersi, se non ricordando che “il mondo cambia e noi tutti ci siamo dentro, la via per i cristiani è seguire le orme del vangelo”.
Al di là delle prese di posizioni pubbliche, che quando arrivano da una personalità tanto riservata quando rispettata come don Nicolini fanno sempre notizia, la vita del “prete di periferia”, come si definisce lui, è fatta di tanto lavoro dietro le quinte senza troppi annunci, e di molte iniziative solidali. Come la “Società di mutuo soccorso”, nata due anni fa per sostenere le persone che hanno perso il lavoro. O ancora le riunioni anti ronde del 2009, quando le proposte della Lega Nord sembravano essere in procinto di diffondersi in tutta Italia, o la nascita dell’associazione “Povertà: nuove ricchezze”, creata per studiare la povertà e lavorare “con e per i poveri”. Ed è stato proprio il tema della povertà un altro dei punti toccati da don Nicolini nella riflessione che ha preceduto la messa nella sede della Cisl. “Quest’anno sono aumentate le presenze di chi si reca nelle nostre mense per chiedere qualcosa da mangiare, dobbiamo pregare anche per loro e ricordarci che il messaggio del vangelo può essere portato nel mondo anche da laici. La Costitutzione italiana ne è il più grande esempio, basata com’è sul lavoro e la dignità dell’uomo”.