Non ho mai amato i coccodrilli sempre belli, i ricordi puntualmente agiografici del caro estinto. La penso, anche qui, come Giorgio Gaber: una persona resta “la faccia che era“, da morta come da viva. Non cambio opinione, anche “se gli ha sparato un brigatista“.
Raramente ho però provato fastidio e disgusto, oltre che imbarazzo e rabbia, per la quantità di insulti e battutacce seguite alla morte di Giorgio Bocca. E’ gente che non ha minimamente la mia stima e con cui non voglio avere nulla a che fare.
Mi si dirà che è “solo una minoranza“, e già qui non so quanto sia d’accordo. Rischiate di sopravvalutare, ancora, l’Italia. Mi si dirà che Bocca ha scritto anche fesserie (per fortuna, altrimenti sai che palle). Certo che ne ha scritte, e in questo senso gli scritti di Giuliano Ferrara e del pansiano osservante Luca Telese sono esempi di giornalismo se volete un po’ autocelebrativo e civettuolo, ma onesto e pertinente. E mi si dirà pure che, con la Rete, ciò che prima era chiacchiericcio ora diviene cosa pubblica. Facebook, Twitter, blog, forum. Vero anche questo. L’italiota non perdona, come ha scritto Rita Pani.
Eppure, dopo pochi minuti, la morte di Bocca è servita per dare sfogo alle bassezze più invereconde. Molti napoletani hanno tirato fuori la chiacchierata di Bocca a Fazio nel 2008, per scrivere cose tipo “Noi napoletani vogliamo ricordarti così. Per millenni ci siamo decomposti noi, ora decomponiti tu!”, “Fascista e razzista”, “Ho piacere che sei morto”.
Chi ha esultato, chi ha sghignazzato, chi ha recitato la vetusta parte dell’alternativo che si smarca dagli altri e fa il figo (risultando, come sempre, ridicolo).
Nessuno desidera santificare Giorgio Bocca. Lui sarebbe stato il primo a detestare un approccio simile. Nessuno – almeno qui – insegue la lacrima acritica. Qui però non parliamo di un Cossiga. Qui parliamo di uno dei più grandi giornalisti italiani. Di un intellettuale vero, anche negli spigoli. Di un Maestro. Di una perla rara e preziosa.
Ha qua e là sbagliato, tra una contraddizione e un abbaglio (“Le Brigate Rosse non esistono“), ma esultare per la sua morte – o anche solo soffermarsi unicamente sulle eventuali sbavature – è delirante, fuoriluogo e offensivo. Tutto lo zozzume che siamo stati costretti a leggere, è stato deplorevole.
Giorgio Bocca non era perfetto. Era molto di più: era vero. Anche nelle stronzate. Largamente minoritarie rispetto al tanto (tantissimo) di bello che ci ha regalato. Lascia un paese incarognito, volgare e pavido. Probabilmente senza speranza. Con qualche avamposto di Resistenza. Ultimi passeri, ma senza rami sopra cui stare.