Dei 1.300 ricercatori ‘fuggiti’, il 41,2% risiedeva nel nord Italia, il 23,3% al Centro e il 24,2% al Sud. Le regioni settentrionali presentano le quote di spostamenti più elevate verso l’estero. Ma la migrazione è anche interna al Paese e segue la direttrice Sud-Nord
Dei 1.300 ricercatori ‘fuggiti’, il 41,2% risiedeva nel nord Italia, il 23,3% al Centro e il 24,2% al Sud. Le regioni settentrionali presentano le quote più elevate di spostamenti verso l’estero: si va dal minimo dell’Emilia-Romagna, pari al 6,9% (dei dottori di ricerca residenti prima dell’iscrizione all’universita’) al massimo del 10,5% della Liguria. Inoltre, i dottori di ricerca che hanno trascorso dei periodi in un altro Paese, durante e grazie al corso di dottorato, risultano vivere all’estero al momento dell’intervista in una quota doppia rispetto alla media generale (12,9% contro 6,4%); un risultato, almeno in parte, attribuibile al sostegno della cultura della mobilità da parte delle istituzioni nazionali ed europee. L’incidenza della mobilità verso altri Paesi cresce all’aumentare del livello d’istruzione dei genitori. In particolare, il 10% dei dottori di ricerca settentrionali con almeno uno dei due genitori laureati vive all’estero al momento dell’intervista. Gli originari del Centro e del Mezzogiorno provenienti da famiglie con un elevato livello d’istruzione hanno scelto di vivere in un altro Paese nel 7,8% e nel 5% dei casi.
Ma la fuga di cervelli non riguarda solo i paesi esteri: frequente è anche lo spostamento dalle regioni meridionali a quelle del nord Italia. “Le emigrazioni dei dottori di ricerca dalla ripartizione geografica di origine seguono la direttrice Sud-Nord, riflettendo, a volte, scelte di trasferimento assunte già prima del dottorato. Più dell’80% dei dottori originari di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Sardegna continua a vivere nella stessa regione. Una minore capacità di trattenimento (inferiore al 70%) è esercitata dalla maggior parte delle regioni meridionali”, sottolinea l’Istat. “La capacità attrattiva maggiore si riscontra per Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio e Piemonte: oltre il 24% dei dottori di ricerca che vivono in queste regioni al momento dell’intervista risulta provenire da altri contesti regionali. Guardando al Centro e al Mezzogiorno, il saldo (rispetto alla residenza prima dell’iscrizione all’Università) risulta decisamente negativo per le regioni dell’Adriatico centro-meridionale, per la Basilicata, la Calabria e la Sicilia (bilancio negativo di oltre il 20%).
L’attitudine alla mobilità è più frequente per i dottori di ricerca dell’area delle Scienze fisiche, matematiche e informatiche e dell’Ingegneria industriale e dell’informazione”. Oltre il 56% del collettivo presente nel Centro-Nord proveniente dal Meridione ha fatto scelte di mobilità precedentemente al dottorato (trasferendo la residenza nel Centro-Nord e/o conseguendo la laurea in una sede universitaria ubicata nell’area centro-settentrionale del Paese)”, aggiunge l’Istat. “In definitiva, la mobilità interna rimanda spesso alle dinamiche proprie del primo periodo universitario (iscrizione al corso di laurea), caratterizzato da consistenti spostamenti dal Meridione verso il Centro-Nord non necessariamente formalizzati con cambi di residenza”.