È appena passato il Natale, che ho trascorso a Londra giocando al Lego con marito e figlio (certo quando ero piccola io non esistevano i capolavori di ingegneria con pistoni e motori!)

È stato di sicuro un Natale difficile per molti, sia in UK che in Europa. Il governo Tory continua a dire che siamo tutti sulla stessa barca, ma non è vero. Gli stipendi ai vertici aumentano, mentre 300mila persone hanno passato il loro secondo Natale senza lavoro. È in aumento la disoccupazione a lungo termine. Proprio la scorsa settimana, l’Ufficio nazionale di statistica ha confermato l’andamento assai piatto del Prodotto Interno Lordo, cresciuto su base annua dello 0.6%.

Non è quindi un caso che i flussi migratori comincino piano piano ad invertirsi, con una tendenza in aumento da Nord verso Sud. L’Ufficio statistico centrale irlandese ha stimato che 50mila connazionali lasceranno il paese entro la fine dell’anno, diretti in particolare verso Australia e Stati Uniti. Il Ministero degli esteri portoghese rende noto che 10mila persone sono andate in Angola, paese ricco di petrolio. Altre invece hanno scelto Mozambico e Brasile. Secondo il governo brasiliano, il numero di stranieri residenti in Brasile è salito in giugno a 1.47 milioni, con un aumento del 50% rispetto allo scorso dicembre.

In questo clima, è interessante notare come il Labour Party faccia fatica, almeno secondo i sondaggi, a imporsi come alternativa. Il solito dramma della sinistra, a quanto pare! La destra britannica riesce almeno per adesso a far accettare le scelte di austerità, contrapponendole alla sinistra spendacciona, colpevole di non saper controllare i soldi pubblici, attaccata all’idea di uno Stato protettivo e generoso, alle tutele nel lavoro a scapito della flessibilità e della produttività. In aggiunta, sono ancora in molti a pensare che la crisi nel Regno Unito sia solo colpa del governo precedente e delle vicende europee.

Ovviamente, tutto questo alla fine si traduce in critica al leader: prima Gordon Brown, adesso Ed Miliband.

Il tema vero mi sembra però un altro, e molto serio: a che punto si trova l’equilibrio tra ignorare il peso del debito (quindi opporsi senza transigere a tagli e sacrifici) e la disperazione (quindi rassegnarsi a che la strada dell’austerità sia l’unica possibile)? Ed è una domanda che faccio a voi.

Forse, almeno per il Regno Unito, una risposta può venire da questa ricerca: “Making the case for Universal childcare”, promossa dall’Istituto di ricerca IPPR. Se è vero, come dice l’Institute of fiscal studies che negli ultimi 40 anni il motore di crescita economica è stato il lavoro delle donne, il quale tra il 1968 e il 2009 ha accresciuto del 25% la ricchezza domestica (mentre il dato corrispondente per i maschi si ferma all’8%), c’è forse da ripensare tutto il dibattito sui servizi alla persona, anche in un ottica di pura convenienza economica.

Comunque, food for thought, come si dice in UK.

Nel frattempo, vi faccio i miei migliori auguri di buone feste e di buon anno nuovo. Il mio si riaprirà con il lancio del secondo numero di Fabiana e, il 14 Gennaio, la New Year Conference della Fabian Society. Nella sessione che ho organizzato parleremo proprio dei temi che ho anticipato in questo post. Per chi di voi è a Londra quel giorno, un invito a partecipare!

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