Il grande (grande nonostante egli, come tutti, abbia scritto o detto, o fatto, talvolta delle cappellate, ma capita a tutti, a me poi almeno una volta a settimana), Giorgio Bocca aveva riaffermato, dieci anni fa, l’importanza del giornalismo politico “come un attestato di stima per chi continua il discorso della ragione in una società di ‘clienti prigionieri'” (dal Manifesto di oggi).
Va detto che nel mondo di oggi c’è un grande bisogno di informazione e di stampa libera, perché siamo di fronte a un potere, di volta in volta finanziario, politico o criminale, pronto a tutto pur di nascondere la verità. I mezzi al riguardo sono i più vari: dalla decapitazione di giornalisti e blogger che sta diventando un fatto abituale in Messico, al più sobrio allontanamento manu militari di cronisti “indiscreti”, com’è successo ad alcuni del Fatto Quotidiano per aver “osato” interrogare direttamente autorevoli membri della casta. In altri casi, poi, basta il soffocamento economico. E’ il caso di testate prestigiose, come Il Manifesto e Liberazione. La seconda ha dovuto cessare le pubblicazioni ed è a mio avviso una grave perdita per la sinistra italiana ma anche per tutto il nostro Paese.
Come reagire a questa situazione? Come evitare che, come nel caso di Liberazione, cinquanta giornalisti siano messi sul marciapiede, disperdendo un importante patrimonio di esperienza e professionalità?
Ci sono varie vie. La prima, indicata dallo stesso direttore di Liberazione, Dino Greco, è la sottoscrizione popolare, specie attraverso la raccolta di abbonamenti. Greco cita, come precedente positivo, quello del Fatto Quotidiano la cui esperienza, per quel poco che la conosco, penso possa essere in effetti utile.
Ma non dobbiamo, secondo me, precluderci anche altre strade, come quella dell’intervento pubblico. Non vale l’obiezione che si tratterebbe di spese “improduttive” o che in qualche modo beneficiano la casta. Infatti la diffusione di una libera stampa resta un interesse e un bene pubblico fondamentale, proprio di fronte a un potere che, come accennato, si vuole sempre più opaco e irresponsabile. Per non parlare della necessità, che è più generale, di un intervento pubblico, anche attraverso mediante opportuni finanziamenti, per promuovere l’occupazione nel settore della cultura e dell’informazione in genere, che sono, contrariamente a ciò che possa pensarne il gretto Tremonti, veicoli di sviluppo anche economico.
E nell’era dei blogger, spesso non retribuiti (come il sottoscritto) non è venuta certo meno l’esigenza di giornalisti professionisti competenti e di giornali che appaiano sotto forma anche cartacea. Se i partiti sono oggi in crisi, o perché si trasformano in pure macchine di potere e clientelari, o perché hanno perso un rapporto con la società che pure tentano oggi di recuperare, occorre essere consapevoli che tale crisi non è, di per sé, un fatto positivo, ma costituisce l’inaridimento di preziosi canali di comunicazione tra popolo e potere. Sostenere la stampa significa contribuire a riattivare questi canali dalla parte giusta. C’è quindi un importante interesse pubblico a monte del sostegno a realtà come quella del Manifesto e di Liberazione, senza le quali rischiamo tutti di diventare intellettualmente più poveri e umanamente più abbrutiti.
Certo, in alcuni casi, si può o si deve dissentire. Ad esempio di Liberazione non mi piacque, tempo fa, il modo di approcciare la questione cubana, che ritenni sensazionalistico, superficiale e anche offensivo. Lo ho ricordato in un recente messaggio di solidarietà, non formale e non pelosa, che ha provocato qualche polemica anche in seno alla redazione. Però voglio affermare che anche quegli articoli, per quanto io li potessi all’epoca ritenere infelici, ebbero il merito di contribuire a un dibattito che in effetti ebbe luogo in modo aperto. Di ciò occorre dare atto a Liberazione.
In conclusione, si può e si deve in alcuni casi litigare, ma occorre riconoscere che senza dibattito (e senza litigi, come quello o quelli che mi piace intavolare con i lettori “dissenzienti” del mio blog, che colgo l’occasione per ringraziare per il loro contributo) staremmo tutti peggio. Peraltro oggi, nell’attuale contingenza difficile che stiamo vivendo in Italia e in Europa, la stampa libera viene ad assolvere importanti funzioni, ad esempio per dare notizia delle esperienze di lotta, cui ho alluso nel mio ultimo post, o anche per contribuire all’inchiesta necessaria ed urgente (audit) sul debito pubblico, per capire bene come siamo arrivati al punto attuale e poter varare contromisure adeguate per quella che rimane oggi una battaglia fondamentale: togliere la sovranità alla finanza per restituirla allo Stato.
Concludo quindi ribadendo la mia solidarietà senza se e senza ma ai giornalisti di Liberazione e a quelli del Manifesto, due testate che rappresentano pezzi importanti della nostra storia recente e che assolutamente non vanno messe a tacere.