«La pagherai, miserabile!». «Mi avrai nemica, lo giuro». «Io sarò implacabile». Poi, sensuale come solo una parigina dopo il coito può essere, ecco il coro delle donne tradite, eleganti, tutte insieme alla finestra: «Egoiste! Egoiste! Egoiste!». Era il 1990 e Chanel, con la pubblicità di un suo profumo, stuzzicava i maschietti nelle doti più indiscrete e meno accettate dalla Santa Romana Chiesa: la capacità di fedifraga conquista e un certo esclusivo interesse per se stessi. La grande fame di consumo degli anni Ottanta prendeva così le forme dell’appetito sessuale, della promiscuità, del dramma fascinoso e dannunziano del piacere personale.
Oggi, lo stesso appellativo, egoiste, non avrebbe alcun potere seduttivo. Tu, caro consumatore e conquistatore seriale, non sei più nessuno, a meno che non riesca con grande abilità e naturalezza a rispondere alle regole della contemporanea “figaggine”: be green, be social, be empowered, be hedonist. Tradotto in lingua neolatina: cura per l’ambiente, rispetto per gli altri, autonomia dai grandi marchi e amore per se stessi sono i mantra dell’odierno fico digitale. Lo spiega Alex Giordano, docente presso l’Università di Urbino e Direttore del Centro Studi Etnografia Digitale, il quale, con i propri collaboratori, applica le tecniche della ricerca sociale al web per capire trend, sentimenti, valori dell’umanità in Rete.
È questo, in estrema sintesi, il potere immaginifico della netnografia, l’analisi qualitativa delle comunità di consumo online così chiamata con un neologismo dall’antropologo Robert Kozinets. Gli esperti navigano per scoprire il mondo nuovo delle web tribe, i gruppi sociali rintracciabili come piccole galassie nell’universo virtuale. «Si può mutuare la definizione dal teorico del tribalismo Berbard Cova – spiega Giordano – il quale concepisce le neotribù come aggregati eterogenei i cui membri producono sentimenti di solidarietà e condividono interessi comuni. I protagonisti di una tribù vivono in un mondo fluido e dinamico, fanno parte di un flusso comunicativo incessante e condividono con gli altri un valore di legame: costruiscono cioè le relazioni interpersonali attraverso prodotti, servizi e temi di cui parlare».
Nascono così, per esempio, le neotribù delle mamme 2.0, oppure degli amanti del caffè. «Le mamme 2.0, attraverso il loro incessante scambio di informazioni sui prodotti per l’infanzia, costruiscono un sapere esperto sulla maternità – continua Giordano – Non è un risultato di poco conto se si pensa come di solito la madre sia più un oggetto di cui parlare che un soggetto cui dare la parola. Tutti sembrano saperla più lunga di lei: gli esperti, maschi, più o meno titolati, gli amici, le suocere. Mai la madre». Che invece, con le proprie manine sulla tastiera, ha riacciuffato la maternità, l’ha raccontata di nuovo, con parole persino inedite. «Le mamme 2.0 narrano il proprio corpo come ferito, distrutto dalla meccanica del parto. Si tratta di una rappresentazione attraverso la quale sfuggono anche dal sapere esperto. Distruggere il corpo fisico significa anche rubarlo alla medicina, alla famiglia, alla sociologia, alla psicologia».
I ricercatori del Centro di Etnografia Digitale sono arrivati a una conclusione così ardita dopo aver studiato le conversazioni nei forum, nei siti, nei blog e nei social network in cui le donne, connesse, chiedono e ricevono informazioni e consigli pratici, di vita quotidiana. Eleggono se stesse a grandi esperte emotive. Le tecniche per carpire i loro più intimi desideri e le paure più nascoste sono l’osservazione diretta delle conversazioni, la creazione di tag cloud, gruppi di parole chiave utili a scoprire il cuore delle discussioni, i focus group online, dialoghi a più voci condotti dal ricercatore per capire quali sentimenti animano le donne connesse.
Si tratta della stessa prassi usata per scoprire le passioni e le più recondite aspettative dei viziosi cultori dei caffè. La sorpresa? Altro che ristretto o decaffeinato, caratteristiche del Nespresso tanto amato dal caro George Clooney. Gli appassionati condividono ricette per il caffè corretto con la grappa e pratiche di successo per modificare le macchinette automatiche con l’obiettivo di renderle più versatili e caricabili con qualunque tipo di capsula e cialda. Non c’è azienda che tenga: i consumatori, veri co-creatori dei prodotti, li modificano, intervengono meccanicamente, creano l’oggetto dei desideri prima e meglio di ogni affiatato team di ingegneri e di esperti di marketing.
A dettare legge nella web tribe dei caffeinomani semi-teppisti, così come in ogni altro gruppo abbastanza coeso da potersi definire tale, sono loro: gli intrepidi sperimentatori. Amanti del rischio sono pronti ad inventare modifiche e a lanciare tendenze e nuove abitudini di consumo, a differenza della tipologia degli esperti, conoscitori raffinati e colti, meno inclini a determinare le mode. Entrambi si raccontano come sapienti e competenti a differenza, invece, delle vittime, gli individui più restii a mostrare capacità personali e pronti, al contrario, a denigrarsi, a scherzare sull’oggetto di valore che li lega agli altri. I gaudenti, infine, sono il quarto gruppo narrativo spesso rintracciabile all’interno di una neotribù, quello più orientato all’emozione: «Parlano, per esempio, del caffè – spiega Giordano – riferendosi al rapporto con gli amici, con i famigliari, a momenti piacevoli e densi da un punto di vista relazionale».
Per essere davvero al passo con i tempi, piuttosto che domandare la squadra del cuore o chiedere il film di Natale preferito, la domanda da rivolgere al nuovo collega per farselo amico potrebbe essere: «E tu, di che web tribe sei?». Dopotutto è un fenomeno globale, che ci riguarda tutti, come una cerchia d’amici, un gruppo di interesse, uno stile di vita. Gli italiani digitali sono infatti parecchi: il 61% della popolazione e i giovani tra i 25 e i 34 anni connessi sono, secondo i dati Audiweb 2011, il 26% del totale. Quanto basta per poter dire: il futuro è lì. Nelle mani della netnografia.
di Federica Colonna – @fedecolonna