Era il grande assente oggi alle esequie del padre, Kim Jong-il, dal 1994 fino a pochi giorni fa alla guida della Corea del Nord. Sotto una tempesta di neve, mentre a Pyongyang si consumava la sceneggiata dei riti del regime, Kim Jong-un, terzogenito di Kim Jong-il e già ribattezzato il Grande successore, offriva al padre l’estremo saluto. Mancava, invece, un altro Kim.
L’assenza non è passata inosservata, sebbene ufficialmente non sia stato fatto nessun commento. Ma da giorni i media asiatici si chiedono dove sia finito Kim Jong-nan, 40 anni, primogenito del Caro leader (era il nomignolo di Kim Jong-il) e a rigor di logica colui che avrebbe dovuto prendere il suo posto. A quella domanda Yonhap, l’agenzia di stampa sudcoreana, sembra aver trovato una risposta. Kim Jong-nan si troverebbe a Pechino da qualche giorno, guardato a vista dai servizi segreti cinesi. Protetto, anche, da eventuali tentativi di assassinio di sicari nordcoreani.
Fino a dieci anni fa nessuno (o quasi) sapeva chi fosse Kim Jong-nan. Poi, un giorno qualunque del 2001, quel ragazzotto con la pancetta, accompagnato da due donne, venne fermato al posto di frontiera dell’aeroporto di Tokyo. Mi ricordo bene quel giorno, vivevo a Tokyo, ero corrispondente del Sole 24 Ore. In Giappone allora (come oggi) la Corea del Nord era assai temuta, per la sua agressività nucleare. I giapponesi si ritrovarono fra le mani il figlio di Kim Jong-il, alias il mostro. Aveva un passaporto con falso nome. Alle domande della polizia rispose, disarmante: “Volevo andare a Disneyland”. Per quello aveva tentato di accedere clandestinamente al suolo nipponico…
Venne rimandato a casa. E sembra che quell’episodio lo scredito’ definitivamente agli occhi del padre. Che pure, durante gli anni Novanta, lo aveva messo a capo del controspionaggio della polizia segreta. Da allora, non se ne seppe più un granché. Ricomparve poi a Macao. Oggi vive lì, in una villa, un’esistenza blindata. Adora i casino’. Viaggia spesso a Bangkok, Mosca, Parigi. Come gran parte dei suoi fratelli, è stato educato in Svizzera e parla francese come il coreano. Dal 2009, quando il fratello minore venne designato come il Grande successore, è passato all’attacco. Le televisioni giapponesi fanno a gara a intervistarlo. “Non è lecita una successione per eredità – ha dichiarato pochi mesi fa a una troupe in arrivo da Tokyo -. Non lo hanno fatto neanche per Mao: non è socialismo. Mio padre era contrario”. La storia, da questo punto di vista, non è chiara. Qualcuno dice che Kim Jong-nam, in quanto figlio di Song Hye, amante segreta del Caro leader (e non consorte legittima), non avrebbe mai potuto sostituirlo.
Oggi, comunque, a Pyongyang, fra la gente che si disperava e le grosse berline della nomenclatura in processione dietro al feretro, non si è fatto vedere. Secondo Yonhap i sicari nordcoreani hanno già cercato di ucciderlo. Tanto più proveranno a farlo ora, per difendere la legittimità del fratello. Pechino lo protegge. Non ha interesse a scandali sul proprio territorio. Kim Jong-nan, il Kim che amava Disneyland, forse nel suo Paese non ci rimetterà più piede.
Link: L’autre Kim, Le Point (Fr)
(Foto: Lapresse)