“Sono convinto che il web sia sempre di più la nuova agorà. È uno strumento di libertà senza precedenti, che offre opportunità infinite. La comunicazione politica passerà sempre più attraverso il web, e dovrà adattarsi a trovare i linguaggi, gli strumenti, le tecnologie per utilizzare al meglio questo strumento. Essendomi occupato di comunicazione per tutta la vita, sono ovviamente molto interessato e molto curioso di questi fenomeni. E sto pensando ad una serie di iniziative per essere presenti in questo grande spazio di libertà. Non parlo di iniziative di propaganda politica in senso tradizionale, che sul web non funzionerebbero, ma di confronto, di ascolto, di scambio di idee nel quale il vero protagonista sia il pubblico, non la classe politica.” (Silvio Berlusconi, intervista al settimanale ‘Chi’)
Qualcuno mi contesta un eccesso di attenzione nei confronti dell’ex-presidente del Consiglio. Preferisco correre questo rischio e proseguire nell’analisi piuttosto che cadere nell’ennesima sottovalutazione all’interno di una lunga storia di errori di percezione e arroganza da parte ceto politico e sociale di sinistra verso chi lo ha ripetutamente battuto alle elezioni, anche grazie a regole che proprio quell’arroganza ha impedito di normare in profondità.
Molti analisti politici, soprattutto quelli maggiormente attenti ai fenomeni della Rete, hanno notato un’improvvisa e rinnovata attenzione di Berlusconi verso il web. Annunciare una nuova stagione della comunicazione politica online proprio nelle ore in cui si stava per lasciare Palazzo Chigi è un atto politico fortissimo.
In questo mese abbiamo assistito a un’iscrizione massiccia di molte star della tv Mediaset. Guidati e costantemente stimolati dal caposquadra Claudio Cecchetto, sono arrivati quasi tutti: da Gerry Scotti a Signorini, da Paolo Bonolis a Barbara D’Urso, fino a Uan e Fabrizio Bracconeri (Bruno Sacchi de ‘I Ragazzi della Terza C’, oggi partecipazione fissa di ‘Forum’). Sono arrivate le stelle della tv contemporanea e anche personaggi che ruotano attorno alla storia del Biscione, del cinema e dello spettacolo.
A questo punto bisogna correre un azzardo interpretativo, in assenza di oggettivi riferimenti che possano dimostrare la tesi: le due notizie sono correlate? Fanno parte di una stessa strategia? È possibile sostenere che l’arrivo in massa dei protagonisti della Tv sia uno degli strumenti utilizzati dal gruppo di lavoro di Berlusconi per raggiungere i propri obiettivi?
A mio avviso la correlazione esiste. Per provare a dimostrarlo bisogna prima di tutto indicare quali sono gli obiettivi del gruppo Pdl-Mediaset. E bisogna partire da un dato concreto: Berlusconi ha mollato il Governo solo dopo l’attacco dei mercati ai titoli azionari del suo gruppo industriale. Questa scelta mette in evidenza due aspetti:
a. le proprietà individuali e familiari, per Berlusconi, sono più importanti del potere e della gestione della cosa pubblica;
b. la gestione del potere politico è dunque subordinata, secondo sequenza logica, alla gestione delle proprietà economiche.
Tv e politica fanno parte dello stesso circolo virtuoso: una televisione più efficace (quella di Mediaset è rivolta al target commerciale, che in parte coincide con l’elettorato del Pdl) genera più utili per Mediaset. Ma una televisione più efficace porta anche più pubblico davanti allo schermo: i programmi di infotainment, la politica pop e il costante lavoro di creazione di simboli, immaginari, stereotipi all’interno di trasmissioni non apparentemente politiche fanno il resto. Più pubblico uguale più soldi e più voti. Sarà una coincidenza, ma il crollo di alcune roccaforti di Mediaset (il Grande Fratello, quest’anno, per dirne una) ha coinciso anche con il recente declino politico di Berlusconi.
Berlusconi parla a un ‘pubblico’ (all’inglese: audience), sempre, anche quando parla di politica. Andate a rileggervi l’ultima frase del virgolettato con cui ho iniziato il post e scoprirete che se non si tratta di lapsus (ed è difficile immaginare che sia così, essendo ‘Chi’ l’house organ di riferimento del berlusconismo), si tratta di verità, nuda e cruda.
Parlando a un pubblico, per il gruppo Pdl-Mediaset è del tutto naturale innervare la strategia di conquista del web non con i politici del Pdl, che non avrebbero alcuna speranza di conquistare consenso se non dopo un lavoro lunghissimo, fatto di mesi di relazione puntuale e quotidiana con i cittadini, ma piuttosto con le stelle della televisione, che godono già di un loro ‘pubblico’ (rieccoci) di riferimento e non hanno dunque bisogno di lavorare sulla propria credibilità.
Non è un caso che l’avamposto degli avamposti sia proprio Alfonso Signorini, ritenuto (a ragione) la più brillante intelligenza accanto a Berlusconi, quasi un suo spin doctor. Signorini, direttore di Chi, non perde occasione per parlare di Twitter durante le sue apparizioni televisive, simulando una finta interattività col pubblico durante Kalispera. Un programma che, come l’anno scorso, è una specie di gigantesco focus group del pubblico-tipo di Mediaset, una ricerca condotta gratuitamente su un pubblico di almeno due milioni di persone (lo share del programma è del 12%). Kalispera è un programma-spoiler, farcito di richiami ad altri nomi e volti del gruppo editoriale Mediaset, dai protagonisti alle scenografie. E anche Twitter, la presunta finestra sul mondo senza regole, è in realtà fortemente regolato: il pubblico non c’è, c’è Massimo Boldi che interagisce col programma su Twitter (ma ovviamente era tutto deciso a monte).
La prossima campagna elettorale sarà divertentissima e la ‘classe creativa’ di sinistra ha il compito, anzi il dovere, di evitare di essere presa in giro ancora una volta da questi espedienti. Il rischio, altrimenti, è che i politici (oggi percepiti come brutti, sporchi e cattivi) debbano competere con i volti della tv (percepiti come famosi, belli e rassicuranti). Con i soliti, ovvi risultati.
Sempre che l’Italia sopravviva a tutto questo reality show in cui il Paese è finito (e da cui pare voglia uscire), naturalmente.