Il 26 dicembre Khaled Mashaal, dirigente di Hamas, ha dichiarato in un’intervista ad al Jazeera che il suo partito continuerà ad appoggiare il presidente siriano Bashar al Assad. I manifestanti siriani, sempre più soli, soprattutto vista l’incapacità della comunità internazionale di trovare una soluzione, sono stati abbandonati anche dal partito islamico palestinese.

Prima di Mashaal, anche Hassan Nasrallah, leader del partito libanese Hezbollah, aveva ribadito l’appoggio ad Assad. Questi due partiti islamici, che per lungo tempo hanno goduto di immensa popolarità in Medioriente, tramite il sostegno al regime siriano hanno dimostrato il loro vero volto.

Per molto tempo sia Hamas che Hezbollah hanno dichiarato di essere organizzazioni politiche islamiche miranti alla democrazia, alla libertà e alla pace, ma oggi, nel caso siriano, hanno compiutamente dimostrato come la religione islamica venga piegata a interessi politici e di arricchimento personale. Questi due partiti hanno usato l’Islam per attrarre consenso e si sono spacciati per difensori dei popoli; ma oggi che i siriani invocano la libertà, Nasrallah e Mashaal, condottieri di un Islam – a loro dire – difensore degli oppressi, non ascoltano.

Sapevamo tutti che Hamas non avrebbe rinnegato il suo benefattore Assad, visto i soldi che annualmente riceve dal regime siriano. È bene però evidenziare come l’Islam politico non sia riuscito ad avere, sino a oggi, una coerenza ideologica e politica tra ciò che dice e ciò che fa.

In questi giorni in cui viene commemorato il massacro compiuto nella Striscia di Gaza ad opera dell’esercito israeliano, dobbiamo certamente solidarizzare con il popolo palestinese, ma non con i suoi governanti, che insieme ai governi israeliani – salvo quello di Yitzhak Rabin – sono la causa stessa dell’impossibilità di trovare una soluzione al problema israelo-palestinese. Tutti ci siamo chiesti quanti palestinesi sono rinchiusi nelle carceri israeliane, ma molto più raramente ci siamo posti la domanda di quanti invece siano detenuti attualmente, per reati politici o di opinione, nelle prigioni di al Fatah e di Hamas, che ancora oggi si fanno la guerra a vicenda.

Sono sicuro che la Primavera debba arrivare, prima o poi, sia in Palestina che in Israele. E ritengo che, viste le dichiarazioni di Hamas, i palestinesi si debbano salvare da una classe politica che ha speculato sulla loro disgrazia; una classe politica che non si comporta come un governo, ma come un’azienda attenta solo al profitto. Oggi più che mai, ricordiamoci che sono i governi a creare l’odio, non i popoli.

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