Per sfuggire all’accusa delle tricoteuses nostrane di occuparsi solo dei “detenuti Vip”, Pierluigi Battista si occupa sul Corriere dell’unico Vip detenuto: Lele Mora. Non prima di aver accusato imprecisati “spiritosi” che osano scherzare sul cognome della neoministra della Giustizia (“Severino, sia più severa”). Cioè noi del Fatto, che peraltro con quel titolo la invitavamo a maggiore severità contro la corruzione, mentre di carceri sovraffollate ci occupiamo dalla nascita del nostro giornale, quando Battista intervistava Checco Zalone. Ma ora che anche lui scopre il dramma delle carceri, non possiamo che felicitarci per la sua prontezza di riflessi.
Se poi volesse pure informarsi da qualche giornalista vero (ce ne sono parecchi anche al Corriere), scoprirebbe per esempio che “il 40 % dei detenuti” che “patisce la galera prima che un processo ne accerti la colpevolezza” comprende i condannati in primo e secondo grado, visto che l’Italia, unica al mondo, considera innocenti anche i condannati in tribunale e in appello in attesa di Cassazione (nei paesi anglosassoni le custodie cautelari sono rarissime proprio perché, dopo la prima condanna, si va dentro a scontare la pena e di lì, eventualmente, si ricorre). Quanto a Mora, per il giureconsulto Pigi, “sei mesi di galera preventiva per bancarotta fraudolenta appaiono una punizione leggermente esagerata prima ancora di una sentenza”.
Ma si sa come sono questi pm: “usano la galera per indurre l’indagato a conformarsi alla loro versione” e “la cultura giustizialista ascolta solo le ragioni dell’accusa”. Mora poi patisce la “ferocia diffusa che chiede provvedimenti esemplari contro “l’antipatico”, il soggetto eticamente discutibile ed esteticamente impresentabile, il flaccido malfattore (presunto)” che ora però “ha perduto molti chili”. Eppure – per il giurista Battista – “non bisogna ammalarsi come Mora (colpevole o innocente che sia) per comprendere che il carcere preventivo prolungato può essere tortura”.
Malfattore presunto? Le ragioni dell’accusa? Colpevole o innocente che sia? Forse a Battista sfugge un dettaglio: il 7 novembre Mora ha chiesto e ottenuto di patteggiare quattro anni e tre mesi per la bancarotta fraudolenta della sua LM Management, fallita nel 2010 con 16 milioni di passivo per un crac da 8, 4. Patteggiare vuol dire concordare una pena col pm davanti al gup per ottenere una pena scontata di un terzo: al dibattimento Mora si sarebbe beccato almeno sei anni. Anche perché è un pregiudicato per spaccio di droga e altri reati; ha sottratto al fallimento LM i 2, 8 milioni che B. gli regalò, comprandosi una Mercedes e dirottando il resto su un conto svizzero; non paga le tasse da anni col trucco delle false fatture; ha debiti milionari col fisco; ed è imputato in altri tre processi (fallimenti della sua persona fisica e di Diana Immobiliare, sfruttamento della prostituzione). Per caso Battista conosce qualcuno che concorda quattro anni e tre mesi di galera (il massimo consentito è cinque anni) essendo innocente? Se Mora non è ancora pregiudicato per la bancarotta è solo perché l’Italia, unica al mondo, consente d’impugnare in Cassazione la condanna appena patteggiata. Cosa che Mora ha subito fatto, per guadagnar tempo e trovare un Battista che lo spacci per un torturato.
Così torturato che, diversamente da migliaia di detenuti non Vip, sconta la custodia cautelare – confermata da vari giudici per il pericolo che fugga e nasconda altri soldi in Svizzera, dove ha un conto e una villa – in una cella singola del carcere di Opera. Ai primi sintomi del dimagrimento, il pm ha chiesto e il gip disposto una perizia medica (ancora in corso) sulla sua compatibilità col carcere. Negli Usa tanto cari ai Battista, migliaia di evasori e bancarottieri affollano i penitenziari con le catene ai piedi e i portoricani nella branda a fianco. In Italia i giornali tuonano contro l’evasione nei giorni pari e in quelli dispari i Battista lacrimano appena un evasore-bancarottiere finisce dentro.
Il Fatto Quotidiano, 29 Dicembre 2011