Dopo aver detto addio all'assessorato di Castellammare di Stabia, la trentaduenne fondatrice del comitato "Silvio mi manchi" ora vede sfilarsi anche la poltrona del il Comitato Regionale per le Comunicazioni a causa di una sentenza del Consiglio di Stato
Da quando è caduto il governo Berlusconi, continua a non andarne una dritta alle giovani pupille napoletane del Cavaliere di Arcore. E nella graduatoria delle vittime della maledizione, il primo posto se lo aggiudica la trentaduenne Emanuela Romano. Che dopo aver detto addio all’assessorato di Castellammare di Stabia, ora a causa di una sentenza del Consiglio di Stato vede sfilarsi anche la poltrona del Corecom Campania. E rimane senza incarichi, senza prebende, e alle prese con un inutile rinvio a giudizio che si è procurata da sola per aver attestato il falso nella domanda di selezione al Corecom.
Una beffa. Una vicenda complicata, che va spiegata passo dopo passo. La cofondatrice insieme a Francesca Pascale del comitato ‘Silvio mi manchi’ era assessore al Welfare di Castellammare di Stabia quando si è candidata al Corecom Campania, senza prima dimettersi, anzi attestando di non essere in condizioni di incompatibilità. E per questo è finita sotto inchiesta e mandata a processo con decreto di citazione diretta del pm di Napoli Giancarlo Novelli. Ha lasciato la giunta guidata dal sindaco Pdl Luigi Bobbio soltanto dopo essere stata eletta nell’organismo di controllo delle emittenti radiotelevisive campane.
Per un breve periodo ha mantenuto due poltrone, poi ne ha occupata una sola, e ora ha perso anche questa. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso dei componenti del vecchio Corecom. Si reinsediano così i nove membri eletti durante l’amministrazione Bassolino, lasciando la Romano a spasso. Il contenzioso amministrativo è nato dopo le elezioni del 2010 vinte dal Pdl Stefano Caldoro, quando una legge regionale della nuova maggioranza di centrodestra ha stabilito la decadenza delle nomine deliberate con la precedente legislatura, dichiarando la scadenza anticipata del vecchio organismo presieduto dall’irpino Gianni Festa.
Di qui il ricorso firmato da otto ex commissari su nove (il nono non si è accodato, perché è stato eletto anche nel nuovo Corecom). E i ricorrenti hanno avuto ragione davanti al Tar “in quanto si intravedevano nel provvedimento regionale profili di incostituzionalità”. Una sospensiva ha però mantenuto in sella per qualche mese il nuovo Corecom. Ma ieri il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado. “I ricorrenti di primo grado – si legge nel dispositivo – dovranno essere reintegrati alla loro naturale scadenza quinquennale”.