Il cardinale durante l'omelia per la festa della Sacra famiglia lancia un duro attacco e richiama ai valori del Concilio Vaticano II. Intanto, secondo un servizio del settimanale L'Espresso sarebbero il 90 per cento i medici che si rifiutano di praticare l'interruzione di gravidanza
Se a Natale Caffarra ha preferito concentrare l’omelia sulla “tragedia della disoccupazione e delle famiglie che vivono in situazioni di grave povertà”, per la festa dedicata alla famiglia l’arcivescovo di Bologna si è scagliato contro l’aborto. E non è la prima volta. Un anno fa, sempre durante la messa nella parrocchia bolognese della Sacra famiglia di fine dicembre, non aveva esitato a parlare di “una cultura della morte materializzata come ideologia, come ordinamento giuridico”. Nel 2009, nel corso di una conferenza, aveva condannato il via libera dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, all’immissione in commercio della pillola abortiva Ru486. Oggi ha voluto tornare sul tema, ribadendo il monito della Chiesa cattolica contro chi sceglie di non portare avanti la gravidanza: “ogni persona umana è in un rapporto diretto e immediato con Dio creatore. Essa non è proprietà di nessuno, e di essa nessuno può disporre”.
Secondo l’arcivescovo oggi si sta perdendo “la vera misura del valore incondizionato di ogni persona umana” e per questo la “nostra società è malata mortalmente”. I sintomi andrebbero rintracciati non solo nella “distinzione fra vita degna e vita indegna di essere vissuta e nella negazione del carattere di persona all’embrione”, ma anche nella “progressiva legittimazione del suicidio e quindi dell’assistenza ad esso”. Sarebbe in corso poi un “cambiamento sostanziale della definizione della professione medica, non più univocamente orientata alla vita”. Per questo Caffarra invita “a non rassegnarsi a questa deriva. Non si fa luce in una stanza piombata nel buio discutendo sulla natura fisica della luce, ma riaccendendola”.
L’omelia dell’arcivescovo di Bologna arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di una ricerca elaborata da Laiga, libera associazione ginecologi favorevoli all’applicazione della 194, e riportata dal settimanale l’Espresso, secondo cui la percentuale dei medici obiettori che si rifiutano di praticare un’interruzione di gravidanza si aggira intorno al 90% del totale. E i numeri veri potrebbero anche essere più alti, perché, come spiega la presidente Silvana Agatone al settimanale, i dati tengono conto anche delle cliniche convenzionate , che oggi però non sono più autorizzate.