Dal bungabunga allo spread, dal Puttaniere al Professore, dalle olgettine travestite da infermiere e Ruby da nipote di Mubarak ai banchieri travestiti da tecnici. Il 2011 è tutto qui, un ribaltone che più totale non si può, consumato in appena 12 mesi che han cambiato l’Italia più che in 17 anni. Napolitano dice che abbiamo ritrovato l’orgoglio nazionale giusto in tempo per i 150 anni dell’unità nazionale. Ma sarà vero? E di che mai dovremmo essere orgogliosi? In queste pagine c’è quasi tutto l’ultimo anno, commentato dalle firme del Fatto.
Anzitutto il meglio: i referendum che quasi nessuno voleva; le vittorie di de Magistris e Pisapia più il boom di 5Stelle che nessuno prevedeva; la nuova tv di Santoro & C. su cui nessuno puntava (a parte 100mila cittadini sottoscrittori); la cultura dal basso al Valle e al Palazzo che nessuno si aspettava; la resistenza di studenti, lavoratori e no-Tav che nessuno si filava; la caduta di B. che nessuno più sperava. E che si porta via anche Geronzi, Ligresti, Guarguaglini e gentil consorte, Fazio (Antonio), Masi, Mora, Moggi, l’Auditel, il Bagaglino e i cinepanettoni. Ma purtroppo non Schifani.
Poi c’è tutto il peggio del 2011: i deputati all’asta e à la carte; il centrosinistra che, conoscendosi, ha paura di vincere e soprattutto di governare; il pragmatismo che diventa tangentismo dei Penati; la Lega del Trota e del dito medio; la Gelmini che cerca ancora il tunnel dei neutrini; le prove sulle trattative Stato-mafia anche sotto i governi Amato e Ciampi; la Rai che premia i flop di Vespa, Ferrara, Sgarbi e Minzo (torna, vedrete che torna), mentre tiene alla larga le Dandini e i Guzzanti; i giornali pagati da chi non li compra; le eterne logge con la P numerata (2, 3, 4); le lacrime di coccodrillo della Fornero, le risate di Marchionne e Moretti, il ghigno di caste, cricche e sacrestie; la gerontocrazia che regna dappertutto, anche nel governo dei tecnici e dei sobrii (età media 64 anni), ma non tra i faccendieri (dopo Carboni e Bisignani, largo ai giovani con Lavitola e Papa).
Poi ci sono le cose che sembrano belle e invece sono brutte, o partono belle e finiscono brutte. Tipo il pallone che esce da Calciopoli e subito entra a Scommessopoli; la lezione senz’allievi di Fukushima; la primavera araba, nata e morta nello spazio di un mattino; i tecnici in scena e i politici dietro le quinte, anzi nelle catacombe; gli annunci di lotta all’evasione e alla corruzione e agli sprechi e ai privilegi, che sarebbero bellissimi se non fossero solo annunci. Il 2011 ci ha resi ancor più esterofili: ah gli spagnoli che diventano indignados e mandano a casa con le elezioni il governo che ha fallito; ah gli americani che trattano Strauss Kahn come un portoricano di Harlem; ah i tedeschi governati da Angela, la culona che farebbe tanto comodo anche di seconda mano. Il 2011 ci ha liberati di Bin Laden, Gheddafi e Kim Jong-il. Ma ci ha anche privati di migliaia di africani morti di fame, e poi di Jobs, Lumet, Liz Taylor, Annie Girardot, Amy Winehouse, Havel, Zanzotto, Bonatti, Bonelli, Simoncelli, D’Avanzo, Lietta Tornabuoni e Giorgio Bocca. Invece le tare italiote del gattopardismo, del servilismo e del conformismo non muoiono mai. Chi leccava B. & Tremonti ha subito preso a leccare Monti & Passera senz’alzare la testa né accorgersi che son cambiati gli utilizzatori finali. Dopo l’igienista dentale del 2011, per il 2012 urge igienista mentale.
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