Restano solo rabbia e amarezza: "L'azienda si è comportata in maniera becera e arrogante fino all'ultimo giorno". Poi l'appello su Facebook: "Boicottiamo tutti i prodotti Golden Lady"
Il 14 marzo 2012, quando terminerà la cassintegrazione straordinaria, saranno tutte licenziate le operaie ancora in forza nello stabilimento faentino. Il provvedimento di mobilità interesserà 239 dipendenti, di cui solo 30 attualmente lavorano, per 4 ore al giorno.
Il fax è stato inviato il 27 dicembre dall’Omsa di Faenza alle sedi delle organizzazioni sindacali di categoria territoriali. Con il documento la Golden Lady del patron Nerino Grassi ha inteso anticipare una raccomandata, nella quale verrà formalmente comunicata la risoluzione dei rapporti di lavoro.
La notizia è arrivata come una doccia fredda, appena tre giorni dopo l’incontro al Ministero dello sviluppo economico. A discutere del futuro delle operaie c’erano Federico Destro per la Golden Lady, l’Ing. Marco Sogaro per l’advisor Wollo, il rappresentante ministeriale Gianpiero Castano, il sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi e le parti sociali.
Il tavolo era stato convocato per discutere della riconversione del sito produttivo di Faenza. Attesissima era la relazione di Sogaro, il cui compito è quello di trovare investitori interessati all’acquisto dei due grandi capannoni di proprietà della Golden Lady. Per diversi mesi la situazione ritenuta più praticabile è parsa quella di tentare la ripartizione del sito tra una pluralità di imprese, ma a sorpresa l’ingegnere della Wollo ha messo al corrente i presenti di una trattativa con un possibile acquirente unico dell’intero stabilimento, che avrebbe trasferito in loco una preesistente realtà produttiva.
Pare essersi trattato solo di un fuoco di paglia. Infatti la trattativa è in una fase di stallo per due ragioni essenzialmente economiche: da una parte i 3 milioni di euro richiesti a titolo di onere per la parziale riconversione dello stabilimento, in aggiunta al prezzo d’acquisto, dall’altra la difficoltà che ha in questo momento il settore immobiliare, nell’accedere al credito bancario.
“Si è trattato di un incontro che non ha portato nessuna notizia concreta sul fronte della riconversione”, hanno commentato Samuela Meci e Renzo Fabbri della Filctem Cgil di Ravenna. “Il sindacato aveva ribadito all’azienda che doveva impegnarsi a mantenere il sito produttivo aperto fino a che la riconversione non fosse certa e concreta e pertanto si erano già calendarizzati incontri per verificare la veridicità e la concretezza del progetto tanto decantato dalla Wollo e dalla Golden Lady”.
Era stata fissata anche una data, il 12 gennaio, per riunire nuovamente il tavolo ministeriale e valutare gli eventuali progressi della trattativa.
Ora, con il licenziamento collettivo all’orizzonte, tutto diventa più difficile per le operaie Omsa. Clara Zacchini, una di quelle che ha lottato sempre in prima fila, commenta su facebook la notizia: “Abbiamo dei diritti firmati e siamo rimaste per la promessa di riconversione e intanto abbiamo bisogno di ammortizzatori. Come campiamo altrimenti?”.
Per Samuela Meci la decisione presa dai vertici aziendali rappresenta “un atto gravissimo, un ulteriore comportamento becero e arrogante di una proprietà che non si è mai vergognata di prendere in giro tutti e che, in un momento così delicato, sceglie di percorrere la strada di licenziare i dipendenti alla fine della cassa straordinaria, mettendo così in ballo i ragionamenti che si erano fatti per continuare a dare una copertura con gli ammortizzatori sociali”.
Se tutto il personale dell’Omsa venisse licenziato senza incentivi, né alcuna garanzia di rioccupazione, la tanto auspicata riconversione non avrebbe più molto senso per loro e verrebbe anche a mancare un’eventuale cassa in deroga da parte della Regione. Lo sa bene viale Aldo Moro e Gian Carlo Muzzarelli, assessore alla attività produttive, esprime tutta la sua perplessità: “Messa così, è una posizione irricevibile. È una scelta che crea tensione proprio nella fase più delicata della vicenda”.
Dal canto loro le lavoratrici Omsa accusano una “legislazione che protegge sempre più gli interessi unicamente lucrativi degli imprenditori” e fanno appello alla solidarietà di tutte le donne: le invitano a boicottare i prodotti a marchio Philippe Matignon, SiSi, Omsa, Golden Lady, Hue donna e uomo, Saltallegro e Serenella.
Intanto continua anche negli altri stabilimenti la macelleria sociale della Golden Lady.
Il 25 novembre ha chiuso definitivamente i battenti la fabbrica di Gissi in Abruzzo, lasciando altre 380 dipendenti senza lavoro. A Gissi l’azienda si era insediata 23 anni fa, usufruendo di fondi regionali e della Cassa del Mezzogiorno. Ora, sfruttate le risorse del territorio e scoperti i vantaggi della delocalizzazione, la Golden Lady ha abbandonato anche questo sito produttivo.
Intanto la multinazionale delle calze veleggia sui mercati mondiali con il vento in poppa di un fatturato milionario e con buona pace dell’articolo 1 della Costituzione.