L'uomo si è impiccato in una struttura sanitaria dove era ricoverato per ustioni. A Barcellona Pozzo di Gotto è morto un uomo di 56 anni ed è l'ottava vittima, negli ultimi 12 mesi, in uno dei sei Ospedali psichiatrici giudiziari italiani
E questa mattina un’altro decesso nelle carceri italiane. Nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, questa notte è morto un internato di 56 anni. “L’uomo, originario della Calabria – denuncia l’associazione Antigone – era da tempo gravemente malato e in condizioni di salute precarie, costretto a far ricorso alle bombole ad ossigeno”. “A quanto ci risulta – spiega Dario Stefano Dell’Aquila, componente del direttivo nazionale dell’associazione – l’uomo si era visto prorogare la misura di sicurezza per ben quattordici volte. Un dato che dimostra come il sistema delle proroghe possa trasformarsi nella pratica in una pena senza fine, in un ergastolo bianco come si dice in gergo”. “Questa ennesima morte dimostra – aggiunge – che è sempre più urgente giungere alla chiusura di questi veri e propri manicomi giudiziari”. “Secondo i dati a nostra disposizione – conclude Dell’Aquila – con questa sono undici le morti avvenute nei sei Ospedali psichiatrici giudiziari negli ultimi 12 mesi dove in totale sono rinchiuse circa 1.400 persone. In particolare l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto conta la presenza di poco meno di trecento internati (271) e questa è la terza morte nel giro degli ultimi sei mesi, dopo i suicidi registrati a luglio e a settembre”.
E Martinelli conclude: “Ieri a Trani e Torino, oggi a Barcellona Pozzo di Gotto e Genova. E altri tentativi di togliersi la vita sono stati sventati in queste ultime ore dagli uomini della Polizia penitenziaria a Messina e Vigevano. Se la già critica situazione penitenziaria del Paese non si aggrava ulteriormente è proprio grazie alle donne e agli uomini del Corpo di Polizia che tra il 2010 e il 2011 sono intervenuti tempestivamente in carcere salvando la vita a più di 2.000 detenuti che hanno tentato di suicidarsi e impedendo che gli oltre diecimila atti di autolesionismo compiuti da altrettanti detenuti potessero degenerare. L’unico appello che ormai ci sentiamo di fare è al Capo dello Stato, sempre sensibile alle criticità delle carceri penso che solamente la sua autorevolezza e la sua costante attenzione ai problemi del carcere, e quindi anche a quelli dei poliziotti penitenziari, possano contrastare l’indifferenza della politica alle problematiche del sistema”.