Premetto che la legittimità del confronto è limitata, per tanti motivi. Come minimo perché i due paesi sono molto diversi per storia e attualità politica, perché anche il ruolo istituzionale dei due presidenti è diverso e la retorica presidenziale pure. Insomma, un presidente italiano non potrebbe mai fare un discorso come un presidente statunitense. Né viceversa.
Però sentire uno dopo l’altro i discorsi di Napolitano e Obama il 31 dicembre mi ha fatto pensare a una somiglianza e una differenza, su cui mi pare comunque utile ragionare.
Somiglianza. Napolitano ha voluto, nel momento di crisi, essere positivo, facendo appello alla fiducia sia all’inizio che alla fine del discorso. All’inizio: «Il mio è, in sostanza, un grazie per avermi trasmesso nuovi e più forti motivi di fiducia nel futuro dell’Italia. Che fa tutt’uno con fiducia in noi stessi, per quel che possiamo sprigionare e far valere dinanzi alle avversità». Alla fine: «Lasciatemi dunque ripetere: la fiducia in noi stessi è il solido fondamento su cui possiamo costruire, con spirito di coesione, con senso dello stare insieme di fronte alle difficoltà, dello stare insieme nella comunità nazionale come nella famiglia».
Una fiducia che si basa sulla consapevolezza che anche in passato siamo riusciti a superare difficoltà e crisi uguali o anche maggiori. Un passato lontano: «…non dimentico come nel passato, in più occasioni, sia stata decisiva per la salvezza e il progresso dell’Italia la capacità dei lavoratori e delle loro organizzazioni di esprimere slancio costruttivo. […] Non è stato forse così negli anni della ricostruzione industriale, dopo la liberazione del paese? Non è stato forse così in quel terribile 1977, quando c’era da debellare un’inflazione che galoppava oltre il 20 per cento e da sconfiggere l’attacco criminale quotidiano e l’insidia politica del terrorismo brigatista?».
Analogamente Obama ha improntato il discorso sulla speranza all’inizio e la fiducia alla fine. All’inizio: «I’m hopeful that we have what it takes to face that change and come out even stronger – to grow our economy, create more jobs, and strengthen the middle class». Alla fine: «I’m confident that if we work together, and if you keep reminding folks in Washington what’s at stake, then we will move this country forward and guarantee every American the opportunities they deserve». Ma Obama ha basato l’ottimismo su un passato recente, selezionando alcuni fatti positivi del 2011: il colpo inferto ad al-Qaeda con l’uccisione di Bin Laden, l’intervento salvifico statunitense a fianco di popolazioni colpite da «disastri naturali e rivoluzioni» e i primi «segni di ripresa economica nel paese».
Differenza. La fiducia cui fa appello Napolitano non comporta la partecipazione dei cittadini. La politica è fatta dai partiti e i cittadini devono starla a guardare, con fiducia, naturalmente: «un vasto campo è aperto per l’iniziativa dei partiti e per la ricerca di intese tra loro sul terreno di riforme istituzionali da tempo mature […]. Mi auguro che i cittadini guardino con attenzione, senza pregiudizi, alla prova che le forze politiche daranno in questo periodo della loro capacità di rinnovarsi e di assolvere alla funzione insostituibile che gli è propria».
Per Obama invece è fondamentale il ruolo attivo dei cittadini: il Congresso è uscito dall’impasse grazie al fatto che gli americani hanno fatto sentire la loro voce: «It was good to see Members of Congress do the right thing for millions of working Americans. But it was only possible because you added your voices to the debate.» Il vero fondamento della speranza di Obama per il 2012 sta proprio nei cittadini: «You are the ones who make me hopeful about 2012».
E come hanno partecipato e parteciperanno gli americani? Usando tutti i mezzi possibili: mail, social network, telefono, contatto diretto con i loro rappresentanti: «Through email and Twitter and over the phone, you let your representatives know what was at stake. Your lives. Your families. Your well-being. You had the courage to believe that your voices could make a difference. And at the end of the day, they made all the difference».
Mentre noi italiani stiamo a guardare.
Il discorso di Napolitano
Il discorso di Obama