I giudici danno ragione a un cittadino della provincia di Treviso che aveva presentato ricorso contro i criteri di "emergenza traffico" addotti dal governo Berlusconi per sbloccare l'iter del contestato progetto. Per il Tar la procedura era illegittima. Ora la Regione si appellerà al Consiglio di Stato, ma intanto i comitati gioiscono contro un'opera "che così com'è non serve"
Neanche due mesi fa dava il via ai cantieri con tanto di caschetto giallo in testa. Ora è costretto a battersi con le unghie e con i denti perché uno dei suoi cavalli di battaglia non naufraghi definitivamente. Per Luca Zaia, presidente leghista della Regione Veneto, quella di pochi giorni fa non è stata una buona notizia: il Tar del Lazio ha infatti accolto il ricorso presentato da un cittadino e ha bloccato i lavori della Pedemontana Veneta, il serpentone di cemento che dovrebbe collegare, a pagamento, Spresiano, in provincia di Treviso, a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, unendo due rami delle autostrade A4 e A 27.
Un’opera da oltre due miliardi che ora rischia di sfumare definitivamente. Per la gioia di alcuni, vedi i ricorrenti e le decine di comitati che si battono contro la cementificazione, e l’amarezza di altri, in testa proprio il governatore del Carroccio. “Questo è quel male che io chiamo eccesso di democrazia” è stato lo sfogo di Zaia, che ha presentato in tempi record un immediato controricorso al Consiglio di Stato. Appoggiato da una buona fetta del mondo imprenditoriale veneto, dalla Confindustria regionale e dagli artigiani che temono di perdere un investimento “strategico” per il territorio.
Di ricorsi contro questo progetto di cui si parla da anni ne sono partiti molti. C’è quello di una serie di cittadini interessati dagli espropri e quello di tre Comuni, capofila quello di Villaverla, nel vicentino, che andrà a giudizio a fine gennaio. Ad essere stato accolto ora è quello di un sessantenne di Loria, provincia di Treviso, che contestava lo stato di “emergenza traffico” recepito dal governo Berlusconi nel 2009 su input della Regione Veneto allora amministrata da Galan. Mossa pensata per velocizzare l’iter della Pedemontana, ma che non ha convinto i giudici amministrativi.
L’intera articolazione della sentenza emessa a fine dicembre dalla prima sezione del Tar Lazio ruota proprio attorno ai presupposti della “dichiarazione dello stato di emergenza” con la quale il Presidente del Consiglio Berlusconi, il 31 luglio 2009, decretava che l’iter di approvazione del progetto definitivo dell’arteria viaria non era più di competenza del Cipe (Il Comitato interministeriale di programmazione economica) ma del Commissario Delegato di governo, che sarebbe stato nominato di lì a poco.
«Le condizioni del traffico e della mobilità nel territorio interessato – scrive il Tar – non presentavano gli aspetti necessari e sufficienti per legittimare la dichiarazione dello “stato di emergenza”». Da qui l’auspicio che «la competente Pubblica Autorità promani un forte segnale di discontinuità quanto all’uso intensivo, e frequentemente inappropriato, della decretazione d’urgenza». Come dire, speriamo che con il nuovo Governo, la musica cominci a cambiare almeno in queste cose.
Il dispositivo della sentenza è lungo e articolato ma la bocciatura è inequivocabile. Immediata la soddisfazione dei comitati che da anni portano avanti la battaglia e che poche settimane fa, a metà dicembre hanno deciso di unirsi in un soggetto unitario, il “Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa”.
«La cosa che a noi dà enorme fastidio – spiega al fattoquotidiano.it Giordano Lain del Movimento 5 Stelle di Vicenza – è l’arroganza con cui questi amministratori assumono atti illegittimi nella speranza, poi, di spuntarla in qualche modo. La cosa che balzava all’occhio qui era che l’applicazione della legge quadro era palesemente illegittima. Se ce ne eravamo accorti noi cittadini avrebbero dovuto forse rendersene conto anche i politici che hanno più strumenti noi. Qui bisognerebbe istituire commissioni di consultazioni del territorio, perché sono in ballo più di due miliardi di euro, e hanno un bel dire che si tratta di project financing, perché alla fine è il pubblico che rischia di metterci una fetta più grossa».
Parliamo di finanza di progetto, quella procedura che prevede che i costi dell’opera siano in buona parte a carico dei privati, in cambio dello sfruttamento dei benefici a lavori ultimati. In questo caso i pedaggi. I 5 stelle, che hanno fatto loro la battaglia cominciata dai comitati territoriali contestano il fatto che al pubblico qui in verità toccherebbe sborsare la fetta più consistente. «Oltre al fatto che quest’opera così com’è non serve – dice Francesco Celotto del Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa – il nostro timore è che al pubblico, al contribuente, possa spettare un onere da pagare al costruttore qualora non venga raggiunto un certo volume di traffico, così come era scritto in una bozza di convenzione del 2004».
E per questo, assieme ad altri, i membri del comitato da un anno chiedono la consultazione della attuale convenzione economica stipulata dalla Regione con l’impresa che dovrebbe realizzare i lavori (la italo spagnola Sis). Il Commissario straordinario però, hanno denunciato, nega loro le carte.
Ora però le cose potrebbero cambiare anche su questo punto. Pochi giorni fa l’Eurodeputato dell’Idv Andrea Zanoni, dopo una interrogazione al Commissario UE per i Trasporti ha annunciato che «la Commissione europea contatterà le autorità italiane per ottenere maggiori informazioni sul presunto rifiuto». Nell’attesa che il Consiglio di Stato sbrogli la matassa.