È uno dei miei argomenti preferiti: il femminismo, o le questioni di genere. Cambiano i termini, ma – che lo si voglia o no – i contenuti sono quelli: la lotta contro le discriminazioni di genere ed i sessismi.

Mi interessa capire come il fenomeno dei sessismi sia distribuito nel mondo, e perché. Come si reagisce, e quanto. Se per un attimo tralasciamo la macroscopicità del fenomeno in molte culture e religioni non occidentali, scopriamo – e non da ora – le molte differenze statistiche all’interno della’area occidentale. I dati dell’Ocse ci dicono, per esempio, quanto l’Italia non sia nei fatti un Paese per donne. Al di là dell’antropologia e dei pregiudizi, le donne italiane vivono male per più alti tassi di disoccupazione, per minori guadagni a parità di compiti e impegno, per maggiori discriminazioni nel mercato del lavoro (le dimissioni in bianco per esempio), per il maggior carico famigliare, per le conseguenze economiche di divorzi e separazioni, nonché per un alto numero di vittime di delitti compiuti nell’ambito delle relazioni primarie (famiglia e affetti).

Ovviamente, un’altra differenza tra l’Italia e gli altri Paesi che qui considero (l’Occidente) è data dalle modalità di informazione sull’argomento, ovvero dalla percezione del fenomeno di protesta o di reazione, chiamato anche femminismo.

Ho letto, per esempio, un articolo sul sito di GiULiA, sulle questioni di genere a Wall Street e un altro sulla mancanza di attenzione sulle figure femminili e sugli eventi che hanno interessato le donne, nei vari report di fine anno.

La realtà è questa, non c’è molto da obiettare: dei problemi delle donne non si parla. Scompaiono dalle agende delle cose accadute e di quelle da fare. Eppure le donne ricompariranno nelle cronache italiane di sangue o nel gossip.

Negli Usa, ad esempio, le discriminazioni di genere sono un fenomeno meno diffuso che in Italia, eppure lì il movimento neo-femminista è molto più attivo e non viene tacciato di anacronismo o stigmatizzato come qui da noi (prendiamo, ad esempio, la storia di Andrea Grimes, femminista texana, al cui blog rimandiamo per mancanza di spazio.)

In qualunque altra parte dell’Europa non ci si deve vergognare di essere donna, femminile e femminista, come ci ha dimostrato l’inglese Caitlin Moran. In Italia, invece sì. Gli articoli scritti dalle donne sulle donne non sono tanti e sono per lo più relegati a margine, o su siti e blog dedicati, o in pubblicazioni specifiche: non è un argomento come gli altri. Non solo non è ritenuto importante, ma talvolta diventa scomodo per i troppi commenti negativi che un pezzo sulle donne suscita. Tra troll e detrattori o minimizzatori del fenomeno, l’argomento delle questioni di genere (o del femminismo) viene facilmente evitato, oppure portato in secondo o terzo piano. Dato il fenomeno, penso, invece, che sia più che utile parlarne sempre, altrimenti non riusciremo mai ad invertire il pensiero comune che sa purtroppo, ancora, di pregiudizio.

Chiudo con una notizia di ottima prassi. L’Ordine degli Avvocati di Avellino ha organizzato un corso per tutti i legali che intendano conseguire una specifica qualifica professionale nelle materie attinenti tutte le forme di violenza contro le donne.

di Marika Borrelli

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