Secondo il legale dell'esponente di spicco della malavita tarantina, il politico non avrebbe avuto alcun ruolo nell'aggiudicazione del bar dell'ospedale Santissima Annunziata a suo figlio. Il primo cittadino è accusato d'abuso d'ufficio con l'aggravante di aver agevolato un'associazione mafiosa
Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, “non ha potuto rivestire alcun ruolo” nell’affidamento del servizio di gestione del bar dell’ospedale Santissima Annunziata del capoluogo ionico. Lo afferma l’avvocato Gaetano Vitale, difensore del boss Cataldo Ricciardi, che secondo le dichiarazioni dell’imprenditore mafioso Mario Babuscio, sarebbe il beneficiario indiretto dell’intervento del primo cittadino, indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce per abuso d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato un’associazione mafiosa.
Babuscio, secondo quanto lo stesso raccontò il 12 e il 19 novembre 2010 al magistrato della Dda di Lecce, Lino Giorgio Bruno, si presentò nell’ufficio di Stefano accompagnato da Anna Guarella, moglie del boss, per ottenere un intervento del primo cittadino, affinché favorisse la cessione dell’esercizio commerciale al figlio del boss, Francesco Ricciardi. Il sindaco, che secondo il racconto dell’uomo non era a conoscenza dell’identità della donna né della presenza del boss Ricciardi nell’affare, indicò un dirigente dell’Asl a cui rivolgersi e avrebbe ordinato al suo segretario di accompagnare Babuscio e la donna aggiungendo “rivolgetevi a tizio e digli che ti ho mandato io”.
Dal carcere di Taranto, Ricciardi replica alle accuse e, attraverso un comunicato a firma del suo difensore, racconta la sua verità. “Alcuna ipotesi di reato – scrive l’avvocato Vitale – è stata sollevata nei confronti di coloro i quali hanno effettivamente partecipato, quali amministratori, nella aggiudicazione del servizio da parte dei miei difesi, sia perché istituzionalmente deputato a tutt’altro settore, non collegato a quello sanitario locale”. A Stefàno, insomma, non può essere contestato nessun reato poiché il suo ‘ufficio’ non ha alcun collegamento con l’azienda sanitaria locale.
Inoltre, secondo Vitale, le indagini ‘accurate’ compiute dalla Squadra Mobile di Taranto, “nulla di illecito hanno accertato sulla procedura amministrativa di aggiudicazione del ‘servizio’ né sulla celebrazione della gara d’appalto”. Secondo l’avvocato tarantino, alla scadenza naturale del contratto, la ASL ha provveduto a bandire una regolare gara d’appalto per l’aggiudicazione di un nuovo contratto del servizio all’interno del padiglione Vinci dell’ospedale SS. Annunziata. “Alla gara – spiega Vitale – hanno partecipato diverse ditte, tra cui la srl riconducibile al Ricciardi Francesco (incensurato – ndr), che è risultata soccombente rispetto ad altra ditta che aveva formulato un’offerta più vantaggiosa per l’ente pubblico. Solo e soltanto a seguito di contestazione è emerso come la ditta aggiudicataria non fosse in possesso di tutti i requisiti richiesti dal bando: dalla disamina dei documenti prodotti la Asl ha riconosciuto la fondatezza delle eccepite doglianze ed ha aggiudicato il servizio alla società del Ricciardi Francesco in possesso di tutti i requisiti di legge, non ultima la certificazione antimafia”.
Nel procedimento in corso, scaturito dal blitz denominato Scarface – che nell’ottobre 2010 portò in carcere 46 persone -, il boss Ricciardi, il figlio Francesco e la moglie Anna Guarella, sono accusati di intestazione fraudolenta di valori: secondo l’accusa il boss avrebbe intestato a ‘terzi’ quote di società per eludere l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. La difesa è sicura di poter “dimostrare agevolmente come, nella realtà, non si sia trattato del trasferimento della proprietà di un bene né dell’acquisizione di alcun ‘esercizio commerciale’, bensì di gestione di un servizio all’interno di una struttura pubblica nel pieno rispetto della legge e delle procedure amministrative”.