Sono passati dieci giorni lavorativi dalla mega asta con cui la Banca Centrale europea ha prestato 489 miliardi di euro alle banche del Vecchio Continente a un tasso d’interesse dell’uno per cento. E in Italia, dove gli istituti di credito di sono approvvigionati dall’Eurotower per circa 116 miliardi, le piccole imprese e le famiglie che hanno ancora i requisiti per accedere al credito sono sempre in attesa di partecipare a tanta grazia. Ma stando ai numeri che circolano e alle indiscrezioni che trapelano dagli sportelli, sarà lunga. Anche perché la prima emergenza in ordine cronologico è quella delle 53.643 famiglie che, per incidenti di percorso certificati, nel 2011 sono state graziate dalla moratoria sui mutui.
La sospensione, però, è scaduta a dicembre e non c’è ancora un nuovo accordo: le associazioni dei consumatori incontreranno l’Abi, l’associazione delle banche, soltanto lunedì 9 e l’ipotesi più plausibile è di una proroga a luglio, ma sarebbe l’ultima possibile. L’alternativa sono le rinegoziazioni, ma bisognerà vedere in che termini visto che la situazione delle famiglie e delle imprese che le impiegano non è migliorata. Tanto meno sembrerebbe esserlo quelle delle condizioni alle quali le banche prestano il denaro.
Una spia indicativa dall’alto è che i parcheggi dei capitali bancari sui conti della Bce continuano a essere consistenti: venerdì gli istituti europei hanno allocato presso lo sportello ufficiale 413,882 miliardi, poco sotto il record di 452 miliardi del 28 dicembre, per ricevere in cambio un tasso dello 0,25 per cento. Intanto agli sportelli di casa si vede un po’ di tutto. C’è il privato il cui datore di lavoro è in ritardo sui pagamenti che chiede alla sua banca di fiducia un anticipo di 1000 euro sullo stipendio di 1300 che si vede applicare un tasso d’interesse sullo scoperto del 12,5 per cento oltre a una commissione di concessione fido dello 0,5 per cento.
Non stupisce quindi che l’ordine di servizio in una primaria banca milanese sia di ridurre al massimo i fidi che, quando concessi, chiedono interessi vicini al 10per cento. La situazione non migliora per i mutui ipotecari, dove i finanziamenti concessi non coprono oltre il 60 per cento del prezzo pagato per l’immobile con rate che non devono superare il 30 per cento del reddito del richiedente. Così oltre a tutelarsi la banca ottiene più rate e, quindi, più interessi.
Stop anche alle piccole imprese, tra le quali si annidano i creditori di circa 40 miliardi di euro verso le Asl in attesa, secondo la Cgia di Mestre, in media da 299 giorni e per le quali dopo l’estate si sono chiusi i rubinetti, tranne che per la clientela consolidata. Per i nuovi “deve valerne proprio la pena e a fronte di garanzie personali solide”, confida un consulente. Certo, quello della banca milanese potrebbe essere un caso isolato. Ma non aiuta il fatto che l’Abi non abbia ancora diffuso il bollettino mensile sull’andamento del credito con i dati aggiornati a novembre (a ottobre il tasso medio era del 4,18 per cento) e atteso da dicembre che potrebbe chiarire meglio i numeri dell’Osservatorio sul Credito al Dettaglio di Prometeia di dicembre, secondo i quali nei primi nove mesi del 2011 c’è stata una “decisa riduzione delle erogazioni sia dei mutui per acquisto di immobili (-5,7 per cento), sia degli ‘altri mutui’ (-11,7 per cento), a causa principalmente del crollo delle surroghe e delle sostituzioni, penalizzate dal crescente aumento degli spread applicati che le ha rese in molti casi non più vantaggiose per le famiglie”.
Del resto la stessa Banca d’Italia, in uno studio di lunedì sull’andamento del primo semestre 2011 sottolinea le maggiori difficoltà di accesso al credito sia per le piccole e medie imprese che per le famiglie, per il timore delle banche legato al rallentamento dell’economia, ma anche ai maggiori costi della provvista. E il trend è destinato a proseguire. Anche perché le banche non sono certo enti di beneficenza ma imprese che devono fare profitti. Certo, se avessero contenuto i crediti facili ai vari Ligresti, Zaleski, Zunino e Coppola, per citare solo alcuni degli incubi ricorrenti dei banchieri italiani, forse la situazione sarebbe diversa.
da Il Fatto Quotidiano del 4 gennaio 2012